Un aiuto per combattere la contraffazione di beni e prodotti italiani potrebbe arrivare da tecnologie come l’internet delle cose e la blockchain, mentre il Consiglio Nazionale Anticontraffazione (C.N.A.C.) sta elaborando un Piano Strategico Nazionale 2018-2020, quale definizione della politica nazionale anticontraffazione per il biennio 2018-2020[1].
Ecco lo scenario verso cui stiamo procedendo.
Il valore del mercato della contraffazione
Stimare questo mercato è sempre stato arduo. Si tratta, infatti, di un mercato che opera al di fuori delle logiche commerciali legali: non pubblica bilanci, non paga tasse e non fornisce dati sugli enormi profitti che genera.
Secondo stime OCSE[2], nel 2013 il valore delle importazioni di merci contraffatte e pirata in Italia ammontava a ben 10,4 miliardi di euro, pari al 3% delle importazioni italiane di merci autentiche. I dati disponibili mostrano che il commercio mondiale di prodotti contraffatti e pirata che violano i marchi registrati italiani ha raggiunto la cifra di ben 35,6 miliardi di euro nel 2013, pari al 4,9% delle vendite totali del settore manifatturiero italiano (nazionale + esportazioni).
La UE nel 2014 ha rilasciato i dati della contraffazione nei Paesi membri[3]: sono stati sequestrati 36.568.982 prodotti sospettati di essere contraffatti, per un valore complessivo pari a 760 milioni di euro. Le autorità hanno messo in luce la pericolosità di un fenomeno che colpisce diversi settori. I settori in cui i diritti di proprietà intellettuali italiani (DPI) sono particolarmente presi di mira, in termini di valore assoluto del commercio, sono:
- infotainment associato a CD, DVD e software;
- prodotti elettronici, apparecchiature elettriche e strumenti ottici;
- abbigliamento, calzature e prodotti in pelle;
- prodotti alimentari;
- medicinali.
I beni contraffatti e pirata che violano i DPI dei titolari italiani provengono principalmente da Turchia, Cina e Hong Kong (Cina).
La contraffazione del marchio Made in Italy, i danni
La contraffazione del marchio Made in Italy si sta diffondendo sempre più, creando danni gravissimi alla nostra economia. Secondo l’OCSE nel 2013, il volume totale delle mancate vendite per le aziende italiane, a causa della violazione dei loro diritti di proprietà intellettuale nell’ambito del commercio mondiale, ammontava a 25,1 miliardi di euro, pari al 3,1% delle vendite totali registrate dalle stesse aziende nello stesso anno (nazionale + esportazioni). Secondo le ultime indagini rilasciate dal Censis, solo riferito al mercato interno (senza dunque considerare la quota di merci contraffatte che partono dall’Italia verso l’estero), il fatturato annuo prodotto sarebbe ammontato a circa 7 miliardi e 109 milioni di euro. Si tratta di numeri impressionanti, soprattutto a fronte di una congiuntura economica che rende a molte aziende sempre più difficile garantire il futuro del proprio business. I prodotti contraffatti non mettono in gioco soltanto il valore del Made in Italy rispetto al patrimonio della produzione nazionale: a rischio c’è il lavoro di chi opera nelle filiere. La perdita di business impatta sui fatturati, obbligando le aziende a ridurre le risorse e gli investimenti. Sempre secondo il Censis, infatti, il mercato della contraffazione, solo in Italia, elimina 130 mila posti di lavoro dall’economia reale, pari a circa il 5% degli addetti del settore manifatturiero in Italia.
Il calo delle vendite provocato dai mercati della contraffazione in Italia si traduce in minori introiti per le casse dello Stato derivanti da Iva, imposte sul reddito delle società (IRES), imposte sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) e contributi previdenziali. Nel 2013, il mancato gettito fiscale proveniente dal settore del commercio all’ingrosso e al dettaglio aveva raggiunto i 3,7 miliardi di euro. Nello stesso anno il mancato gettito fiscale per il governo italiano da parte dei titolari di diritti italiani è stato pari a 5,9 miliardi di euro. In totale il commercio di merci contraffatte e pirata ha portato a una diminuzione degli introiti pari a quasi 10 miliardi di euro, cifra che equivale al’1% delle tasse riscosse su IVA, imposte sul reddito delle società e delle persone fisiche, oltre ai contributi previdenziali, e che è pari allo 0,6% del PIL italiano.
La strategia di contrasto
Proteggere i prodotti dalla falsificazione significa tante cose. Prima di tutto tutelare i consumatori (non solo la loro fiducia ma anche la loro salute). E poi tutelare il business dalle luci e dalle ombre di filiere diventate sempre più complesse. Il discorso non è solo economico, ma anche etico perché impatta sulla quantità di posti di lavoro minacciati dalla concorrenza sleale. L’anticontraffazione è una strategia che utilizza tecniche di identificazione che, per essere funzionali ed efficaci, devono consentire la tracciabilità e la rintracciabilità (trace & tracking) delle informazioni. Queste informazioni, registrate in un archivio, possono essere recuperate, consultate e condivise in ogni momento. Ecco tre motivi per cui è importante scegliere una soluzione anticontraffazione:
Tutela della Brand Awareness e del business
Il valore di un marchio è un capitale che distingue l’azienda che punta all’eccellenza e alla fama, creando quello status symbol che aiuta a generare business. In molti casi, infatti, un cliente effettua l’acquisto più sulla spinta emotiva del brand che del valore del prodotto in sé e per sé. La concorrenza, specialmente nei paesi emergenti, sfrutta gli investimenti e l’inventiva dei Brand leader per sottrarre quote di mercato producendo prodotti palesemente contraffatti o realizzati in modo molto simile al Brand che intendono “attaccare”.
Tutela del consumatore
Il consumatore guarda al prezzo ma anche alla qualità, ed è disposto a investire se in cambio ottiene un buon prodotto o un buon servizio. Non solo: oggi è molto più informato e, prima che un prodotto, cerca informazioni. L’anticontraffazione è incentrata su tecnologie che dimostrano in modo chiaro e indiscutibile la verità delle informazioni relative all’origine, al tipo di lavorazione, alle componenti o agli ingredienti che costituiscono la differenza valoriale di un prodotto. Nelle soluzioni tecnologiche più evolute si arriva, non solo a dimostrare, ma a certificare la veridicità delle informazioni.
Tutela dei canali autorizzati
Nel caso del “mercato grigio” le soluzioni anticontraffazione tutelano anche quella parte della produzione che, sfuggendo ai canali distributivi autorizzati, genera un mercato parallelo che provoca gravi danni di immagine al Brand, intaccando la marginalità e generando conflittualità con la rete vendita ufficiale.
Gli organi di coordinamento nella lotta alla contraffazione
Nella lotta alla contraffazione, a livello nazionale operano:
- Il Ministero Sviluppo Economico (MISE) – Direzione Generale per la Lotta alla Contraffazione – Ufficio Italiano Brevetti e Marchi (UIBM). Ha competenze nella formulazione di indirizzi e promozione in materia di politiche anticontraffazione
- Il Consiglio Nazionale Anticontraffazione (C.N.A.C.). È l’organismo interministeriale che ha funzioni di impulso e coordinamento delle azioni strategiche intraprese da ogni amministrazione, al fine di migliorare l’insieme delle attività di prevenzione e contrasto della contraffazione a livello nazionale.
Il CNAC ha sede a Roma presso il MISE. Il Ministro dello Sviluppo Economico, Luigi Di Maio, ha recentemente delegato il Viceministro Dario Galli, Sottosegretario allo Sviluppo Economico, a presiedere le riunioni CNAC. In seno al CNAC, il 13 novembre 2018 sono state insediate due Commissioni Consultive Permanenti:
- Forze dell’Ordine (Guardia di Finanza, Carabinieri, Polizie Municipali, Polizia Postale, Corpo Forestale, Agenzie delle Dogane, ICQRF, AIFA).
- Forze Produttive (AICIG, CIA-Confederazione Italiana Agricoltori, Coldiretti, Confagricoltura, Confartigianato, Confapi, Confcommercio, Confesercenti, Confindustria, CNA, Unioncamere, Netcomm) e dei Consumatori (attraverso il CNCU, Consiglio Nazionale dei Consumatori e degli Utenti).
A livello europeo opera l’Ufficio Europeo per la Proprietà Intellettuale (EUIPO), agenzia decentrata dell’UE con sede ad Alicante in Spagna. L’EUIPO è fortemente intenzionato a esplorare il potenziale della tecnologie informatiche, in particolare quella Blockchain. A giugno 2018, infatti, ha lanciato il primo Blockhackton al mondo per contrastare contraffazione e pirateria.
Le sfide da affrontare
- Contraffazione Online
- Sistematizzazione della normativa
- Rafforzamento dei presidi territoriali
- Tutela dei marchi e delle indicazioni geografiche sui mercati esteri
- Sensibilizzazione
2.3 Il Piano Strategico Nazionale 2018-2020
Come risposta concreta alle 5 sfide da affrontare, il CNAC sta elaborando un Piano Strategico Nazionale 2018-2020, quale definizione della politica nazionale anticontraffazione per il biennio 2018-2020[3].
Un’azione meritoria che andrebbe sostenuta e incoraggiata e che dovrà avere riflessi normativi, alla quale potrebbero contribuire, in uno sforzo collettivo, istituzioni, forze sociali, autorità di settore (Agid), ricercatori, professionisti.
Le tecnologie anticontraffazione
Internet ha aperto nuove sfide nella lotta alla contraffazione e molti dei sistemi e delle strategie di contrasto elaborate presentano marcati profili di criticità quando i prodotti sono venduti, per esempio, attraverso i canali elettronici. Bisogna quindi continuare ad investire nella ricerca di soluzioni efficaci che riescano a rispondere ai problemi emergenti legati al commercio elettronico.
Da un’analisi delle soluzioni oggi presenti sul mercato e dalla letteratura scientifica in materia è possibile andare a raggruppare le tecnologie e le soluzioni anticontraffazione in diverse categorie (modelli di tecnologie anticontraffazione):
- Soluzioni basate su codici ottici
- Soluzioni basate su marchiature
- Soluzioni basate sulle radiofrequenze (RFID/NFC)
- Soluzioni basate su sostanze chimiche
- Banche dati specializzate
Tuttavia, tali sistemi sono frammentati e funzionano spesso a compartimenti stagni, circostanze queste che le organizzazioni criminali sfruttano a proprio vantaggio. Peraltro, nelle soluzioni anticontraffazione citate esiste un trade-off tra livello di sicurezza ed usabilità. Ciò significa che, in generale, all’aumentare del livello di sicurezza garantito dalla misura diminuisce la possibilità che il controllo possa essere delegato al consumatore finale. Molto spesso, infatti, i sistemi anticontraffazione sono scarsamente utilizzati dai compratori finali.
Nei trend delle innovazioni digitali, l’intelligenza artificiale e la blockchain appaiono indietro, sia nel grado di comprensione del trend sia come priorità di intervento. L’Internet delle cose viene percepito ancora troppo insicuro, con rischi sistemici crescenti.
Secondo una ricerca condotta un paio di anni fa dal Ministero dello Sviluppo Economico in collaborazione con il Censis, l’80% delle imprese italiane ritiene che sia necessaria una maggior informazione e sensibilizzazione relativa alle soluzioni anticontraffazione. È necessario dunque che le imprese, prima di introdurre sistemi o tecnologie anticontraffazione sui propri prodotti, procedano con analisi finalizzate a comprendere meglio il loro problema, scegliendo la soluzione più idonea al caso concreto per non vanificare gli investimenti.
Al variare del prodotto (settore merceologico, modalità in cui viene solitamente contraffatto o venduto al di fuori della filiera legittima, prezzo di vendita al pubblico, ecc.) e del soggetto deputato alla verifica (consumatore finale, forze dell’ordine, agenzia delle dogane, ecc.) varia anche la miglior soluzione da adottare.
La tecnologia blockchain per l’anticontraffazione
Per contrastare la contraffazione delle merci destinate alla vendita, sono impiegati diffusamente alcuni strumenti tecnologici finalizzati all’identificazione del prodotto.
Al di là della tecnologia impiegata, che siano Tag NFC o codici QR, questi permettono di leggere una dichiarazione di autenticità del prodotto, che però equivale ad un’autodichiarazione, oppure permettono di interagire con un sistema integrato, in cui ad esempio si può inserire il codice della confezione su un sito e verificarne la bontà. I sistemi che permettono la verifica con un servizio su Internet sono sicuramente più sicuri, ma presentano due punti deboli:
- il primo è che il server potrebbe subire un attacco cyber e quindi le informazioni in esso contenute potrebbero venire modificate in maniera malevola;
- il secondo è che questi servizi proliferano sempre più, costringendo il cittadino consapevole a dotarsi di numerose app e a collegarsi a numerosi servizi.
Inoltre, un servizio di questo tipo, per essere efficace, deve aver raggiunto ampia accettazione da parte della filiera di produzione/distribuzione, ma questo costituisce una barriera alla sua introduzione.
L’utilizzo della tecnologia Blockchain, se adottata sapientemente, potrebbe risolvere questi problemi, in quanto verrebbe introdotta come attore super partes, alzando così notevolmente il livello di sicurezza. Intanto, le informazioni che riguardano ogni passaggio della filiera potrebbero essere inserite come transazioni su una catena di blocchi opportuna. Questo obbligherebbe il riconoscimento certo dell’utente, tramite la firma digitale, e l’impossibilità per un hacker di modificare l’informazione depositata, dal momento che la tecnologia Blockchain garantisce l’immutabilità delle informazioni gestite. Inoltre, essendo la catena per sua natura distribuita e condivisa, ogni partecipante alla filiera sarebbe libero di inserire in essa il formato di informazioni da lui preferito, senza obbligare nessuno ad adottare un sistema piuttosto che un altro, purché ovviamente il partecipante stesso si prenda carico di rilasciare un’interfaccia software aperta per l’interpretazione dei dati. Infine, anche se un hacker si impadronisse del server che eroga uno dei servizi di tracciabilità, non potrebbe retroattivamente modificare i dati depositati dal servizio nella Blockchain senza far notare (e dunque respingere) il cambiamento da parte degli altri attori.
Naturalmente la contraffazione delle merci è effettuata da esperti, attratti dal ricco mercato sottostante. Si tratta perciò di un settore molto particolare, quindi, è essenziale che la tecnologia Blockchain sia impiegata in questo ambito non adottando lo stesso identico meccanismo usato nella protezione delle transazioni finanziarie, ma con modifiche ben pensate e ragionate.
La tecnologia BlockchainLa tecnologia Blockchain è utilizzata in moltissime applicazioni, dai pagamenti elettronici al digital notary, dai sistemi di cloud decentralizzati agli smart contract, in particolare come strumento per la garanzia di integrità delle informazioni condivise. Permettendo di raggruppare le informazioni condivise in insiemi, chiamati “blocchi” (blocks), che sono legati tra di loro da particolari proprietà matematiche e che, quindi, possono essere pensati come formanti una “catena” (chain) di blocchi, tale tecnologia gode di due vantaggiose caratteristiche: è pubblica e immutabile. Con pubblica si intende che chiunque, in maniera anonima, può visionarla e analizzarla da qualsiasi parte del mondo con connettività Internet, in qualunque momento. Ciò è possibile perché ci sono migliaia di nodi che la distribuiscono. Per spiegare la immutabilità, dobbiamo pensare alla relazione matematica che lega i blocchi tra loro. Essa è tale che se un nodo malevolo della rete modificasse ad arte anche un solo blocco della catena, tutti gli altri nodi se ne accorgerebbero perché quella relazione matematica non verrebbe più soddisfatta. Certamente un nodo malevolo potrebbe costruirsi una sua finta catena, ma dovrebbe farlo dall’inizio, compreso il blocco iniziale (genesis block), e la modifica del genesis block verrebbe immediatamente rilevata da milioni di utenti. Un altro elemento importante riguarda la procedura di riconoscimento degli utenti che scrivono sulla catena di blocchi. Un utente, per scrivere delle informazioni, necessita di una chiave crittografica privata, con cui firma digitalmente i dati inseriti. Per note proprietà della firma digitale, da un lato questo impedisce a finti utenti di inserire i propri dati, dall’altro permette a chiunque di verificare l’autenticità dei dati inseriti, in quanto la verifica della firma si ottiene con l’uso di una chiave pubblica, nota a tutti gli utenti. La tecnologia Blockchain per la protezione di transazioni finanziarie in crittovalutaIl primo ambito in cui la tecnologia Blockchain è stata usata è quello delle crittovalute, in particolare per la crittovaluta più famosa, il Bitcoin. Poiché nel Bitcoin mancano quasi completamente gli intermediari finanziari e mancano del tutto i regolatori, non può esserci fiducia tra le entità che usano la crittovaluta e non è possibile rivolgersi ad una qualche autorità, nel caso vi siano transazioni disoneste. In questa situazione le proprietà della tecnologia Blockchain diventano necessarie. Infatti, ogni utente è unicamente riconosciuto attraverso la sua firma digitale e la transazione di Bitcoin da lui originata viene accettata dal sistema solo se questa è firmata digitalmente con una firma verificata e se l’utente ha ricevuto abbastanza Bitcoin in transazioni precedenti. La Blockchain del Bitcoin funge quindi da registro pubblico di tutte le transazioni. Se la catena di blocchi del Bitcoin non fosse pubblica, non sarebbe possibile verificare la disponibilità finanziaria effettiva dell’utente e verificarne la firma digitale. Se la catena non fosse immutabile, un utente malevolo potrebbe cancellare dei pagamenti da lui effettuati, oppure modificare gli importi ricevuti. |
Conclusioni
Nella lotta alla contraffazione ci sono tecnologie di identificazione univoca di nuova generazione che, grazie all’automazione e a una sensoristica sempre più evoluta aiutano le aziende a sfruttare la migliore informazione per proteggere il business e i consumatori dalla criminalità e dall’abusivismo.
Il successo della strategia dipenderà dalla qualità dei sistemi di tracciabilità e rintracciabilità. In questo contesto il web, oltre a fungere da piattaforma di collegamento diventa una piattaforma di servizi integrati e fruibili in multi-canalità da dispositivi fissi e mobili. Anche l’anticontraffazione, infatti, oggi costituisce un capitolo importante dell’Internet of Things, mettendo in relazione colleghi, partner, clienti e cittadini attraverso una comunicazione di nuova generazione integrata e massimamente efficiente. È per questo che ci vogliono system integrator esperti in tante tecnologie diverse, capaci di effettuare dettagliati test e verifiche sul campo per verificare la fattibilità delle soluzioni e la tipologia delle configurazioni più adatte, scegliendo di volta in volta l’hardware più idoneo per poi sviluppare il software necessario a essere integrato al sistema gestionale dell’organizzazione. È così che la Internet of Things aiuterà i brand a combattere il mercato del falso, migliorando la qualità del business e del servizio ai consumatori finali, generando un ingaggio a valore aggiunto. Quello che sta davvero cambiando nella smartificazione del mondo, infatti, è che l’intelligenza computazionale è uscita dai computer e oggi può essere integrata a un qualsiasi oggetto, che diventa a tutti gli effetti un touch point interattivo che mette in comunicazione le persone tra loro, i brand con i consumatori, le PA con i cittadini, le aziende con le filiere il tutto in un’unica soluzione di continuità. La chiave di volta della IOT, infatti, è la massima circolarità di un’informazione sempre più precisa e di qualità, che aiuta a vedere e a capire meglio quello che succede ai colleghi, ai clienti, ai consumatori e ai cittadini.
Quello che aiuterebbe, infine, è far ripartire la battaglia legislativa contro imitazioni e contraffazioni. In questo senso, se da un lato vanno viste con favore le norme sulla tracciabilità alimentare, formalizzata con il Decreto Legislativo 15 settembre 2017 n. 145, entrato in vigore ad aprile di quest’anno, dall’altro lato andrebbero formulate nuove disposizioni per l’introduzione di un sistema di tracciabilità dei prodotti, sulla scia delle proposte di legge presentate nella scorsa legislatura.
Va ricordato, infatti, che una definizione giuridica di cos’è la blockchain ancora non esiste. Così come ancora da definire sono i requisiti minimi che i soggetti certificatori devono soddisfare per ottenere l’autorizzazione dal Ministero dello sviluppo economico a rilasciare codici, quali siano le modalità di funzionamento degli stessi e le eventuali sanzioni a fronte di loro comportamenti fraudolenti.
Da disciplinare anche il ruolo dell’Agenzia per l’Italia digitale, che dovrà definire le modalità tecniche relative all’emissione dei codici, ai chip RFID, ai codici a barre bidimensionali e che dovrà vigilare sull’operato dei soggetti certificatori provvedendo alla creazione di una database dei codici emessi dai soggetti abilitati.
È arrivato il momento di rendere operative queste tecnologie sfruttando appieno i vantaggi in favore dei consumatori, delle aziende, dei lavoratori, del benessere collettivo.
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- Maggiori informazioni sul CNAC sono disponibili su http://www.cnac.gov.it/ ↑
- OECD (2018), Il commercio di beni contraffatti e l’economia italiana: tutela la proprietà intellettuale dell’Italia, OECD Publishing, Paris. http://dx.doi.org/10.1787/9789264302655-it ↑
- Fonte: Customs Enforcement Counterfeiting Report 2013/2014. ↑