Competenze professionali per l’implementazione delle innovazioni legislative e programmazione strategica e operativa, che deve trovare riscontro nei Piani della performance.
Sono questi i due fattori primari per completare (davvero) la transizione al digitale della Pubblica amministrazione. Un ruolo cruciale, per questa trasformazione – che investe la PA e quindi tutto il Paese – è demandato ai vertici apicali degli enti, in particolare alla nuova figura del Responsabile per la Transizione al Digitale (RTD), prevista dal novellato Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD). Di fatto, per comprendere il quadro che abbiamo di fronte, di RTD ne sono stati nominati ancora pochissimi e sono rari gli obiettivi di transizione al digitale inseriti nei Piani delle performance.
Fondamentale, per una svolta concreta verso la trasformazione digitale della PA, il ruolo della Funzione Pubblica.
Il nodo delle competenze
Torniamo però al tema, fondamentale, delle competenze che è necessario sviluppare nell’epoca del digitale e dell’intelligenza artificiale e vediamo in che modo esse investono tutti quanti noi. Lo si può fare da due punti di vista: quello dei cittadini e quello del personale della pubblica amministrazione. Per i primi, è necessario innanzitutto capire come funzionano gli algoritmi e le basi di dati su cui questi ultimi operano, per inserirsi come lavoratori nel settore informatico che produce questo genere di applicazioni. Ma anche per chi intende impegnarsi in altri settori, sarà necessario sapersi muovere in ambiti che devolveranno sempre più alle macchine compiti che prima venivano svolti dalle persone (tipicamente, quelli più semplici e ripetitivi). Infine, più semplicemente, in ogni momento della vita quotidiana sarà fondamentale capire come relazionarsi con le macchine stesse, per poter esercitare nella maniera migliore il proprio diritto di cittadinanza, in un mondo sempre più popolato da queste ultime.
A tutte queste esigenze, lo Stato deve fornire delle risposte, sia approntando un sistema scolastico al passo coi tempi, sia favorendo la formazione permanente. Ma per raggiungere questi obiettivi, è fondamentale che anche il personale dello Stato sia adeguatamente preparato. Non solo i docenti delle scuole di ogni ordine e grado, quindi, ma più in generale chi lavora negli uffici della pubblica amministrazione dovrà essere in grado di capire quali strumenti di Intelligenza Artificiale integrare nei propri processi lavorativi e quali proporre ai cittadini. In questo senso, una pubblica amministrazione adeguatamente formata può divenire una vera e propria palestra di innovazione.
Transizione al digitale e nuove figure professionali
Ma quante competenze di informatica giuridica esistono nelle nostre pubbliche amministrazioni? Di quali nuove figure professionali necessitano i nostri erogatori di servizi pubblici?
La risposta è intuitiva e per lo più è nota, non serve consultare le statistiche di settore per sapere che c’è carenza di queste skill nel vasto panorama del pubblico impiego. Già solo trovare una sola figura professionale può rivelarsi impresa ardua. Si pensi, per citare un caso eclatante, alla figura del Responsabile per la Transizione al Digitale. L’articolo 17, comma 1, CAD, stabilisce che ciascuna pubblica amministrazione sia tenuta ad affidare a un unico ufficio dirigenziale, fermo restando il numero complessivo degli uffici, la “transizione alla modalità operativa digitale e i conseguenti processi di riorganizzazione finalizzati alla realizzazione di un’amministrazione digitale e aperta, di servizi facilmente utilizzabili e di qualità, attraverso una maggiore efficienza ed economicità”, nominando un Responsabile per la Transizione al Digitale (RTD). Il responsabile di tale ufficio deve formalmente assumere le funzioni di Responsabile per la transizione al digitale, essere dotato di “adeguate competenze tecnologiche, di informatica giuridica e manageriali”.
Nelle PA di queste figure, finora, ne sono state nominate pochissime. Dalla data di entrata in vigore di tale obbligo (14 settembre 2016) ad oggi, risulta che soltanto un numero limitato di amministrazioni ha provveduto ad individuare tale figura, essenziale per la digitalizzazione coordinata del Paese. Tant’è vero che la ministra Giulia Bongiorno, titolare del Dipartimento della Funzione Pubblica, ha dovuto diramare la circolare n.3/2018[2] richiamando le amministrazioni ‹‹a provvedere, con ogni opportuna urgenza, alla individuazione del RTD preposto all’ufficio per la transizione al digitale e alla relativa registrazione sull’Indice delle pubbliche amministrazioni (IPA)››.
Evidentemente per Direttori generali, Sindaci e Presidenti di Regione, trovare oggi competenze professionali necessarie per l’implementazione d’innovazioni legislative, all’interno della propria forza lavoro, è impresa ardua. In prospettiva futura, forse, lo sarà meno. Gli interventi sulla manovra prefigurano un pieno sblocco del turn over e forti iniezioni di spesa che serviranno a finanziare nuove tornate concorsuali per l’immissione di nuove e più qualificate professionalità. Ecco allora che tutte le amministrazioni pubbliche sono chiamate ora a programmare i propri fabbisogni di personale, orientando tali pianificazioni verso nuove professioni in grado di orientare la domanda di beni e servizi innovativi e di rispondere all’esigenza di implementazione delle policy governative:
- il CAD e il Piano Triennale per l’informatizzazione delle PA (gestore di progetto/project manager; gestore della sicurezza ICT/ICT security manager; progettista di esperienza utente/user experience designer; esperto di dati/data scientist);
- il codice degli appalti e la nuova politica delle infrastrutture (gestore di progetto complesso; gestore di rete; broker per il procurement pubblico innovativo);
- la politica di coesione e la gestione dei fondi SIE (gestore di programma/program manager; gestore di progetto/ project manager/gestore del rischio/risk manager; specialista di appalti, di aiuti di stato, di normativa comunitaria, di pre-commercial procurement).
Per quel personale del pubblico impiego che già opera nelle nostre amministrazioni, che necessita di aggiornamento professionale, la Funzione Pubblica, il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, l’AgID e gli altri organismi tecnici (Formez, SNA, SOGEI) hanno un ruolo fondamentale per la messa a punto di specifici percorsi formativi (corsi, workshop e master).
Avendo a cura l’aspetto formativo, la transizione al digitale deve pervadere l’operato di ciascuna pubblica amministrazione, con un mordente sugli obiettivi di performance digitale.
Il commitment verso la transizione digitale
In tutto questo, gioca un ruolo chiave il commitment, l’impegno dall’alto dei vertici apicali. Infatti, la novella al CAD, che istituisce la figura del RTD, ne definisce anche la collocazione organizzativa e dispone che lo stesso Responsabile, con riferimento ai compiti relativi alla transizione alla modalità digitale, risponde direttamente all’organo di vertice politico o, in sua assenza, a quello amministrativo dell’ente[3]. La rilevanza di una tale previsione nell’ordinamento giuridico italiano denota la volontà del legislatore di ricondurre immediatamente al vertice dell’amministrazione la governance – intesa come attività di indirizzo, coordinamento e correlata responsabilità – della transizione del Paese al digitale, attraverso la realizzazione di servizi pubblici rivisitati in un’ottica che ne preveda la piena integrazione con le nuove tecnologie e non più la giustapposizione di queste ultime alle esistenti forme di organizzazione. Da ciò si evince che, nel rispetto degli assetti organizzativi dell’amministrazione di riferimento e del principio di separazione tra funzioni del vertice politico e del vertice amministrativo, il legislatore attribuisce ai compiti demandati al RTD una valenza strategica tale da imprimere ai relativi obiettivi una derivazione diretta da parte del vertice politico, che trova immediata espressione nella direttiva generale per l’attività amministrativa, successivamente da declinarsi nella programmazione strategica e operativa, che deve trovare riscontro nei Piani della performance.
Ebbene, nei Piani della performance delle PA, di obiettivi di transizione al digitale se ne vedono pochissimi. Peraltro, la digitalizzazione delle valutazioni è sostanzialmente una incompiuta, immutata, sostanzialmente ferma alla data di introduzione del primo ciclo di gestione della performance (2010). Con le dovute eccezioni[4], le schede di valutazione vengono compilate ancora a mano, su carta, con tutti i rischi connessi alla autoreferenzialità, alla scarsa trasparenza e alla mancata tracciabilità di tali valutazioni. Valutare le performance, organizzativa e individuale, non significa semplice osservanza adempitiva di procedure, ma capacità di produrre cambiamento in avanti per tutti, superando anche la cooptazione, tutta italica, che ha da tempo dimostrato nei fatti come in generale siamo più “amici e parenti” che cittadini responsabili.
Ciclo di gestione della performance: il ruolo della Funzione Pubblica
La transizione al digitale e i Piani della performance rappresentano un connubio per aumentare la capacità amministrativa delle organizzazioni pubbliche. In tal senso il Dipartimento della Funzione Pubblica (DFP) potrebbe svolgere un ruolo importante. Innanzitutto farsi promotore di iniziative che puntano ad accelerare i processi di trasformazione digitale della PA e a migliorarne i servizi, consentendo a tutti i dipendenti pubblici di poter accedere a piani formativi personalizzati per accrescere le proprie competenze in ambito digitale. N’è un esempio concreto il progetto Syllabus[5], attualmente in consultazione, che definisce l’insieme di conoscenze e abilità digitali considerate chiave per la pubblica amministrazione, quali ad esempio: la gestione di dati e informazioni, la sicurezza, i servizi on line, la comunicazione, la conoscenza di tecnologie emergenti. Altra attività che potrebbe svolgere il DFP è quella di monitorare le nomine dei RTD, così da rendere pubblici gli elenchi delle amministrazioni inadempienti e prefigurare forme di responsabilità dirigenziale verso chi ancora non provvede. Potrebbe fornire specifici indirizzi che inducano le PA a inserire obiettivi organizzativi di performance digitale nei propri Piani Performance, in conformità con il Piano triennale per l’informatica nella PA 2017-2019[6], redatto da AgID nel 2017. Il Governo, infatti, anche attraverso l’AgID, dovrebbe verificare il rispetto dell’articolo 12 del CAD, in base al quale:
- le amministrazioni pubbliche, nella redazione del piano di performance, dettano disposizioni per l’attuazione del CAD (comma 1-bis);
- l’attuazione delle disposizioni del Codice è rilevante ai fini della misurazione e valutazione della performance organizzativa ed individuale dei dirigenti (comma 1-ter).
Prevedere, in definitiva, nella parte variabile del premio al dirigente, una quota significativa di premio legato ai suoi risultati in tema di innovazione, di progettualità sia tecnica che organizzativa. Sotto questo profilo, il DFP si sta facendo promotore di individuare, insieme ad AgID, un set di indicatori, comuni alle PA, per monitorare i processi di gestione delle risorse informatiche e per misurare i passi concreti nei processi di digitalizzazione delle amministrazioni pubbliche in relazione alla “Strategia per la crescita digitale 2014-2020”, al “Codice dell’amministrazione digitale” e al “Piano triennale per l’informatica nella pubblica amministrazione” in corso di aggiornamento.
Set indicatori per i processi di gestione delle risorse informatiche e digitalizzazione
Processo | Indicatore | Formula |
Processi di gestione delle risorse informatiche e digitalizzazione | Offerta servizi tramite identità digitale | N. servizi online accessibili esclusivamente con SPID / n. totale servizi erogati |
Uso identità digitale | Numero di accessi unici tramite SPID su servizi digitali collegati a SPID/Numero di accessi totali su servizi digitali collegati a SPID | |
Percentuale di servizi full digital | N. servizi interamente online, integrati e full digital / n. totale servizi erogati | |
Percentuale di servizi a pagamento tramite PagoPa | N. servizi a pagamento che consentono uso PagoPA / n. totale servizi erogati a pagamento | |
Percentuale di comunicazioni tramite domicili digitali | N. di comunicazioni elettroniche inviate ad imprese e PPAA tramite domicili digitali / n. totale di comunicazioni inviate a imprese e PPAA | |
Disponibilità di banche dati pubbliche in formato aperto | Dataset[7] pubblicati in formato aperto/ n. di dataset previsti dal paniere dinamico per il tipo di amministrazione | |
Percentuale di utilizzo di fascicoli informatici | N. fascicoli informatici alimentabili dalle P.A. e consultabili da cittadini e imprese / n. totale fascicoli per procedimenti con destinatari cittadini e imprese | |
Percentuale di personale che ha ricevuto formazione informatica | N. di dipendenti che nell’anno hanno partecipato ad un percorso formativo di rafforzamento delle competenze digitali / n. totale dei dipendenti in servizio | |
Dematerializzazione procedure | Procedura di gestione presenze, assenze, ferie, permessi e missioni e protocollo integralmente ed esclusivamente dematerializzata (si/no) | |
Percentuale di sedi con accessibilità alla banda larga | Percentuale di sedi che hanno accesso ad internet con banda ultra larga (sopra i 100 mega) / totale sedi | |
Percentuale di atti adottati con firma digitale | Atti firmati con firma digitale / totale atti protocollati in uscita | |
Percentuale di investimenti in ICT | Costi sostenuti in investimenti per ICT/ costi totali per ICT |
Fonte: Dipartimento della Funzione Pubblica – Ufficio per la valutazione della performance
Una strategia chiara, con il “cittadino” al centro
Va sottolineato che la Pubblica Amministrazione è fatta prima di tutto da persone, che devono in primo luogo essere convinte che è possibile cambiare e, di conseguenza, essere incentivate e valorizzate affinché trovino la motivazione per vincere queste sfide. Oggi la “burocrazia” può resistere e fermare l’innovazione, senza conseguenze personali, ma allo stesso modo la “burocrazia”, se ben utilizzata, ha in sé già le basi per consentire un processo di cambiamento equo e trasparente per tutto il sistema Paese.
Un cittadino consapevole, che comprende e che si sente compreso, è un cittadino il cui senso di appartenenza genera maggiore fiducia nelle istituzioni. Propenso al supporto e alla critica costruttiva delle attività messe in atto dagli apparati statali, il cittadino che partecipa all’azione pubblica e alle soluzioni proposte, è capace – con diversi livelli di coinvolgimento – di supportare la progettazione di sistemi e soluzioni sempre migliori, in un contesto sempre più scevro da divari digitali e culturali.
Ma tutto ciò, come hanno sapientemente colto diversi ricercatori[8], ‹‹dovrà sapersi integrare con un piano generale di sviluppo dei servizi digitali nel paese che sia chiaro e coerente, o non faremo altro che aggiungere caos a quello già esistente››.
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- Articolo “I sette vizi capitali dei giudici robot” ↑
- http://www.funzionepubblica.gov.it/articolo/dipartimento/01-10-2018/circolare-n3-del-2018 ↑
- Articolo 17, commi 1-ter e 1-sexies, CAD. ↑
- Alcune esperienze sono il Progetto “Cloudfy-NOIPA” realizzato dal MEF e il Progetto “S.I.Ge.O.” realizzato dal CNR. ↑
- http://www.funzionepubblica.gov.it/articolo/dipartimento/24-10-2018/competenze-digitali-la-pa-al-la-consultazione-del-syllabus ↑
- https://docs.italia.it/italia/piano-triennale-ict/pianotriennale-ict-doc/it/stabile/index.html ↑
- Il paniere dinamico di dataset è definito e aggiornato da Agid al seguente indirizzo: https://www.dati.gov.it/content/rapportoannuale-disponibilit-banche-datipubbliche-formato-aperto-anieredinamico-dataset ↑
- Cfr. Marcella Atzori nel suo articolo “Strategia Nazionale Blockchain: da dove partire” (https://www.agendadigitale.eu/infrastrutture/strategia-nazionale-blockchain-da-dove-partire/) ↑