Seguendo il dibattito politico e parlamentare che ha accompagnato la presentazione della manovra di bilancio sembrerebbe che i temi dell’innovazione e della competitività delle imprese siano usciti dalla agenda politica tutta inevitabilmente concentrata su reddito di cittadinanza e pensioni. Temi che hanno monopolizzato l’attenzione delle forze politiche di governo e dei principali organi di informazione. In realtà leggendo con attenzione il testo della manovra approvata dal senato in “zona Cesarini”, secondo la definizione calcistica del presidente del consiglio, ci si accorge come, seppure nella completa indifferenza delle principali forze politiche, la struttura del piano industria 4.0 sia stata sostanzialmente confermata sia pure con alcune modifiche che nella gran parte dei casi vanno nella direzione auspicata dalle imprese.
Industry 4.0 in Manovra
In particolare il comma 33 del maxi emendamento prevede la proroga per tutto il 2019 dell’iper ammortamento per l’acquisto dei beni strumentali 4.0 (come definiti dalle precedenti manovre) seppure con alcune sostanziali modifiche riguardanti le aliquote di incentivazione. Il nuovo iper-ammortamento alla Manovra 2019 per Industria 4.0 prevede infatti delle aliquote degressive sugli investimenti delle imprese al fine di privilegiare gli investimenti di piccola e media dimensione. La maggiorazione viene infatti potenziata al 270 per gli investimenti fini a 2,5 milioni di euro per poi scendere gradualmente al 200 per gli investimenti compresi tra 2,5 milioni e i 10 milioni e al 150 per quelli compresi tra i 10 e i 20 milioni di euro. Per la quota eccedente i 20 milioni di euro non è prevista alcuna maggiorazione.
Si tratta come detto di una rimodulazione che tende a favorire le PMI ma che comunque non preclude anche alle altre aziende di accedere alle agevolazioni sia pure per una parte del loro investimento. Molto importante inoltre al fine di completare il quadro delle agevolazioni è il comma 123 bis che chiarisce in via interpretativa la possibilità di accedere alle agevolazioni anche nel caso di utilizzo di servizi informatici in cloud colmando una lacuna denunciata da molto tempo dal sistema delle imprese.
Molto significativo anche il recupero del credito d’imposta sulla formazione (comma 45) inizialmente non previsto dal governo, e successivamente anche, grazie alla forti pressioni del mondo imprenditoriale e sindacale, inserito nel maxi emendamento con un finanziamento per il 2019 di 250 milioni di euro. Ugualmente soddisfacente e il rifinanziamento della legge Sabatini (comma 102) e dei contratti di sviluppo (comma 104). Accanto a queste misure di proroga di strumenti già previsti dalle precedenti manovre il piano industria 4.0 si arricchisce di altre due significativi capitoli. Il primo riguarda l’introduzione di un voucher destinato alle pmi e alle reti d’impresa per la contrattualizzazione di manager digitali (comma 123) con l’obiettivo di estendere modelli organizzativi e gestionali innovativi anche le piccole imprese meglio se aggregate in reti di impresa. Anche in questo caso l’incentivo è modulare sulla dimensione d’impresa e può arrivare a coprire il 50% dei costi fino ad un massimo di 40 mila di euro per le piccole imprese e 80 mila euro per le reti d’impresa. Si tratta di una previsione molto significativa frutto di un positivo confronto tra le parti sociali e il governo.
Fondi AI e blockchain
L’ultima novità riguarda infine la costituzione di due fondi per la realizzazione di progetti pubblici e privati sulla Intelligenza artificiale e la blockchain con una dotazione iniziale di 15 milioni ciascuno (comma 121). I fondi il cui funzionamento dovrà essere regolato da un successivo decreto del mise, dovrebbero essere funzionali a far partire le strategie nazionali su questi temi, strategie richieste dalla commissione europea e che sono state oggetto di un bando pubblico realizzato nelle scorse settimane dal MISE per la costituzione di due gruppi di lavoro.
Il bilancio
In conclusione è possibile sostenere che il nuovo governo ha sostanzialmente confermato il piano industria 4.0 apportando alcune modifiche che comunque non ne vanificano l’impianto. Il problema è capire perché nessuna delle due forze politiche si sia intestata questa operazione fortemente voluta da tutto il mondo del lavoro. La ragione va ricercata probabilmente nella costituency economica e politica delle due forze di governo. In entrambi gli schieramenti sembrano infatti prevalere interessi corporativi di piccole imprese e gruppi di pressione (stabilimenti balneari, tassisti, partite iva ecc.) che hanno di fatto caratterizzato il segno della manovra.
Per chi crede in un paese industriale competitivo e aperto alla competizione, pronto ad affrontare le sfide della globalizzazione e della sostenibilità con le armi della innovazione e della ricerca e non con quelle del protezionismo localistico, la lettura della manovra ha comunque riservato alcune sorprese positive. Si tratta di una bella notizia anche se gli organi di comunicazione non ne parleranno molto.