E finalmente, l’estate. Il momento in cui “si stacca”, ci si rilassa, si ricaricano le pile in vista del rush finale in direzione dell’anno nuovo.
Andiamo in vacanza senza avere ancora un quadro preciso delle modifiche al Decreto 69 (“Fare”), e – soprattutto – senza che si sia messa una (benedetta e auspicata) parola definitiva sull’assetto definitivo dell’Agenzia per l’Italia Digitale.
Insieme alla crema solare, mettiamo in valigia un bel po’ di perplessità rispetto all’atteggiamento della Politica (“P” maiuscola, pregasi notare) verso l’intero ecosistema dell’innovazione digitale.
Portiamo a casa qualche risultato: sembra che sia destinato a “passare” l’emendamento all’art. 2 del “Fare” che estende ai beni strumentali (e quindi anche ad hardware e software) gli sgravi per le PMI inizialmente pensati per l’acquisto di macchinari e impianti. Emendamento proposto da molti, anche in seguito a una discreta azione mediatica cui “agendadigitale.eu” ha – nel suo piccolo – contribuito.
Non si ha notizia, invece, di “ravvedimenti” in materia di semplificazione della governance dell’innovazione. E questo non è bello.
Ma tant’è.
Proviamo a mettere in fila i compiti per le vacanze da assegnare ai vari stakeholder, sperando che tutti quanti si mettano di impegno e ci regalino una ripresa autunnale pregna di belle sorprese.
Il Governo. Presidente Letta, e tutti i “ministri competenti”: per cortesia, dedicate almeno mezz’ora al giorno al tema Agenda Digitale. Non delegate tutto quanto ai saggi e ai Mister.
Provate, oltre a dirlo in campagna elettorale, a farlo: a modernizzare questo Paese dando maggiore spazio all’innovazione tecnologica e alla digitalizzazione.
Dateci, una buona volta, un quadro normativo che incentivi il venture capital (non dimenticandoci di riformare la legge fallimentare).
Dateci, una buona volta, un “bouquet” di misure finalizzate a premiare il merito e la generazione di valore piuttosto che la “produzione di carta” cui i vostri predecessori ci hanno abituato con anni e anni di improbabili bandi o ancora più improbabili crediti di imposta a fronte di altrettanto improbabili attività di ricerca.
Il Parlamento. Questo uscito dalle elezioni politiche della primavera 2013 è un Parlamento “giovane”, quindi probabilmente più sensibile ai temi dell’innovazione e delle tecnologie, al cui interno si muove una “pattuglia” di convinti paladini dell’Agenda Digitale.
A questa pattuglia chiediamo di mantenere alta la tensione, in aula e nelle commissioni. Soprattutto, cercate di “infiltrare” innovazione tecnologica (e di processo) tutto dove possibile. Quello che deve “passare” è un principio semplice: le “grandi opere” non sono sempre solamente cemento; e le “grandi riforme” passano attraverso una piena ed efficiente digitalizzazione di tutta la macchina burocratica dello Stato, delle regioni e delle autonomie locali.
L’AGID. Si vada avanti, senza drammatizzare ulteriormente una situazione di stallo che evidentemente non potrà durare all’infinito. Accanto alla targa “DigitPA” (non ancora sostituita perché “formalmente” l’AGID non esiste ancora!!!), piazzate una targa “Lasciateci lavorare, grazie”.
Il “G-Cloud” deve partire, la gara SPC deve essere portata a termine rimuovendo gli eventuali problemi sollevati da Telecom Italia, l’anagrafe nazionale e il documento unico devono diventare realtà. Ne ha bisogno la PA, ne ha bisogno il mercato.
Le Regioni e gli enti locali. Con l’arrivo dei rispettivi rappresentanti nel comitato di indirizzo dell’AGID, pare di assistere a un “nuovo corso” nei rapporti Stato-Regioni-Autonomie Locali sui temi dell’ICT.
Meno “assalti alla cassaforte” (anche perché, la cassaforte, è vuota) e più determinazione a fare finalmente sistema: si riprenda la logica dei “grandi Progetti Paese” (basta rileggere qualche documento scritto negli anni tra il 2006 e il 2008 dalle parti dell’allora Dipartimento degli Affari Regionali) e si parta, mettendo a fattor comune risorse economiche, organizzative e “cerebrali”.
Le aziende ICT. Le aziende ICT, a partire dalle grandi multinazionali, hanno bisogno di certezze. “No certezza, no investimenti”. In cambio, devono tornare a ragionare su orizzonti temporali che vadano oltre il “quarter”.
Lavorare traguardando il trimestre successivo non serve a nulla, se non a tranquillizzare i board e i CFO.
I “piccoli” (le migliaia di PMI, moltissime delle quali portatrici di competenze e asset di tutto rispetto) devono sforzarsi di crescere “dentro”: nuovi modelli di business, maggiore managerialità, capacità di lavorare in filiera al fianco dei “grandi”.
Sforzatevi di “capire il Cloud”: come esso cambierà completamente lo scenario di mercato e i business model.
Ecco, questi sono i compiti per voi.
In autunno, avremo modo di fare un punto della situazione in occasione della presentazione della quinta edizione dell’Osservatorio Assinform sulle ICT in PA e Sanità. I dati che verranno presentati, frutto di una ricerca condotta da Netics e NetConsulting, evidenziano una situazione di stallo del mercato ICT del public sector italiano cui corrisponde – però – un insieme non banale di segnali positivi e confortanti per l’immediato futuro.
Il G-Cloud, il “nuovo” SPC (al netto dei “soliti” ricorsi), l’imminente avvio di una sorta di “fase 2” per la Sanità Digitale, la necessaria “riconfigurazione” delle società ICT “in-house”.
Un mercato complessivo vicino ai 9 miliardi di Euro, che ha bisogno di due semplici cose per potersi sviluppare “serenamente”: una “controparte” consapevole della centralità dell’innovazione tecnologica e uno scenario politico-amministrativo meno in fibrillazione.
“Lasciateci lavorare e crescere”, diciamo.