L'analisi di Assobio

La fattura elettronica piace al biologico: aziende agricole pronte all’innovazione

Il contesto delle aziende agricole biologiche è rappresentato in maggioranza da imprenditori giovani che affrontano con entusiasmo l’innovazione. Assobio ha raccolto le testimonianze di due realtà associate che hanno avuto riscontri positivi nell’introduzione della fattura elettronica

Pubblicato il 12 Mar 2019

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L’entrata in vigore dell’obbligo di fattura elettronica ha avuto un impatto positivo sulle aziende agricole del settore biologico: gli imprenditori di questo ambito, che risultano essere sempre più giovani, puntano all’innovazione e non temono la modernità.

Qualche malumore invece arriva dai fornitori, che hanno affrontato con meno entusiasmo le nuove disposizioni. L’associazione di categoria Assobio ha raccolto le testimonianze dell’impatto della fattura elettronica su due realtà imprenditoriali biologiche, che si pongono a un livello intermedio e offrono uno spaccato interessante su che cosa ha rappresentato l’avvio dell’obbligo.

Il contesto: imprenditori più giovani, aziende più moderne

Il censimento generale dell’agricoltura è datato 2010, quindi non è freschissimo. Ci fornisce comunque indicazioni significative: i titolari delle aziende agricole biologiche sono più giovani. Nella media delle aziende agricole nazionali è di età compresa tra i 20 e i 39 anni il 9% dei titolari, ma la percentuale balza al 22% nelle aziende biologiche. E se il 19.1% delle aziende italiane ha un conduttore di età superiore ai 65 anni, la percentuale scende al 9.9% in quelle biologiche.

Il livello di scolarizzazione è decisamente più elevato nelle aziende agricole biologiche: il 32.2% ha un diploma di scuola superiore, contro il 17.8% dell’agricoltura nel suo complesso, il 16.8% ha una laurea, contro il 6.2% di media generale. Il cocktail di maggior gioventù e maggior scolarizzazione si traduce in una gestione più moderna dell’azienda: valorizza le risorse aziendali attraverso la vendita diretta al consumatore il 40.1% delle aziende biologiche (contro il 26.1% della media generale), svolge attività di agriturismo e connesse il 44% (contro una media del 25%), il 20% aumenta il valore aggiunto trasformando da sé i propri prodotti vegetali (contro l’11%), propone la fattoria didattica l’11% (contro il 3%). Anche per quanto riguarda l’approccio alla tecnologia il settore biologico si differenzia nettamente: già nel 2010 il livello di informatizzazione era il triplo della media, la frequenza del sito web era quintupla, l’E-commerce aveva una diffusione di 6 volte superiore.

Aziende informatizzate, con sito web e che praticano l’e-commerce (%), 2010

aziende informatizzatecon sito webcon e-commerce
az. bioaz. tot.az. bioaz, totaz. bioaz. tot
NORD27.99.117.73.57.31.1
CENTRO21.44.020.73.29.31.2
SUD10.21.55.60.73.30.3
ITALIA15.63.810.71.85.20.7

Fonte: elaborazioni Rete Rurale Nazionale 2007-2013 su 6° censimento dell’agricoltura.

La prossima “fotografia” dell’agricoltura italiana sarà scattata nel 2020. Per ora dobbiamo accontentarci dell’aggiornamento appena proposto dal Crea (il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria, il principale ente di ricerca italiano sulle filiere agroalimentari): nel 2017 contavamo 1.145.000 aziende agricole (solo negli ultimi tre anni han chiuso i battenti più di 320mila), 66.773 delle quali erano nel sistema di controllo biologico. Se consideriamo che nel 1991, anno di pubblicazione del primo regolamento europeo, il totale delle aziende agricole era di 3.023.344 unità, con quelle biologiche a quota 4.189, possiamo concludere che dal 1991 l’agricoltura italiana nel suo complesso ha avuto un crollo nel numero di aziende del 63%, mentre quelle biologiche sono aumentate del 1.594%.

L’impatto della fattura elettronica: due esempi

Per accertare l’impatto della novità della fatturazione elettronica sull’universo delle imprese biologiche era improponibile consultare un campione rappresentativo delle 66.773 attive. Abbiamo proceduto interpellando due piattaforme di rilievo entrambe aderenti ad AssoBio, l’associazione nazionale delle imprese di trasformazione e distribuzione dei prodotti biologici: EcorNaturaSì spa, che propone una gamma completa in 261 negozi con la propria insegna – 217 dei quali funzionano anche come punto di ritiro degli ordini on-line- , a oltre 250 negozi aderenti al progetto di marketing Cuore Bio e ad alcune centinaia di indipendenti) e Pizzi Osvaldo & C spa (co-packer di ortofrutta per alcune importanti catene dela GDO, circa 9.000 tonnellate di prodotto, una base di circa 120 sub-fornitori in tutta Italia che consegnano il prodotto di circa 1.000 aziende controllate). La loro posizione intermedia tra le aziende agricole produttrici e i terminali di vendita (piccolo retail e grande distribuzione) li pone nella posizione migliore per valutare l’impatto delle nuove disposizioni.

EcorNaturaSì

Giovanni Marangon, direttore dei sistemi informativi di EcorNaturaSì spiega: “Per il nostro gruppo l’introduzione della fatturazione elettronica ha avuto un impatto su tutti i canali di vendita: clienti indipendenti e negozi a gestione diretta. L’avvio del progetto è coinciso con l’introduzione di SAP nell’abito Amministrazione Finanza e Controllo e ha toccato sia il ciclo delle merci sia i servizi che eroghiamo dalla sede verso i negozi. Per fare fronte alle numerosissime domande abbiamo approntato una task force che risponde via mail e telefono a tutte le richieste, smistandole, se necessario, alle diverse funzioni aziendali competenti”. Il risultato? Particolarmente soddisfacente per la qualità di questo importante go live, che ha affiancato fornitori e clienti per affrontare la novità senza criticità.

L’azienda è stata impegnata negli ultimi 18-24 mesi in un ampio progetto d’innovazione tecnologica sulla supply chain e la filiera (gestisce direttamente 99 ettari a orticole, seminativi e vigneto nel trevigiano, 150 ettari a Cortellazzo – Jesolo, altri 530 ettari tra vigneto, oliveto, orticole e seminativi in Molise): “Abbiamo introdotto nuovi strumenti per il controllo della filiera: la qualità delle materie prime è fondamentale per la realizzazione dei prodotti che vendiamo nei negozi. Stiamo anche valutando l’adozione della tecnologia blockchain per garantire ancora maggiore qualità ai consumatori”. Già dai primi mesi del 2018 l’azienda ha dematerializzato il ciclo di ordine (zero paper), carico e fatturazione nei confronti di tutti i fornitori di merce del gruppo, una scelta il cui obiettivo è rendere ancora più virtuoso l’obbligo della fatturazione elettronica.

Pizzi Osvaldo&C.

“L’impatto della fatturazione elettronica per la nostra azienda è relativamente leggero – dice Oscar Pizzi, amministratore delegato di Pizzi Osvaldo & C spa -: dal primo gennaio siamo partiti con il nuovo gestionale, che contiamo di far cofinanziare con il fondo “Innovazione, ricerca e sviluppo”,  che comprende anche la posta elettronica. Abbiamo potuto affrontare i problemi in tempo reale con i softwaristi presenti in ufficio”. I problemi? “In ricevimento merce, se non viene allegato un PDF compare un documento anonimo e che, almeno per ora, è di difficile lettura. Per il resto sono banali: possono nascere da simboli speciali nelle anagrafiche , numeri di telefono con spazi o punti, cap errati o mancanti, il simbolo dell’euro e poco altro”.

Gli agricoltori fornitori, a detta dell’imprenditore, non sono stati molto felici di questa innovazione: “Pur se i nostri produttori sono ben più avanzati della media, tragedie varie: chi non vorrebbe emetter fattura, chi, appoggiandosi alle varie organizzazioni territoriali si è sentito chiedere costi assurdi, tra l’altro per servizi parziali: a nessuno è stata proposta l’archiviazione elettronica della fattura, che pure è obbligatoria. I problemi per chi si è fatto assistere dalla propria software-house sono stati differenti, in funzione della piattaforma utilizzata”.

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