(dalle puntate precedenti) Il dottor Annthok Mabiis ha annullato tutte, o quasi, le memorie connesse della galassia col Grande Ictus Mnemonico. “Per salvare uomini e umanidi dalla noia assoluta”. Le memorie connesse fanno conoscere, fin dalla nascita, la vita futura in ogni particolare. La Memory Squad 11, protagonista di questa serie, deve rintracciare il dottor Mabiis, per fagli rimettere in connessione almeno le Memore Vitali. Nell’inseguimento di Mabiis, gli agenti della Memory Squad 11 intercettano una memoria connessa, a Rio, dove si traferiscono. “La memoria è nel carnevale! È in alto, molto in alto! È nella testa del governatore Sampaio Arantes Dos Santos Vieir. Nell’alta tribuna. ”Dobbiamo solo sfiorargli le tempie…” Ora il governatore onorario è da solo, nella notte di Rio. Passeggia in spiaggia con una farfalla bianca. Discutono su come si “deve vivere”.
Il governatore e la farfalla si infilano in un luogo-del-cibo-servito. Sono individuati dalla Memory Squad, che irrompe nel locale e circonda un uomo chino su una bistecca. La carne è illegale da secoli.
Ma dalla bistecca esce una farfalla rossa. La farfalla rossa esce dal locale. Sale in verticale.
Ana Lùcia Hadad Azevedo era alla vetrata. Seguiva la metropoli dal suo 342esimo piano. La farfalla rossa si inerpica per l’aria. Raggiunge Ana. Ma gli agenti della Memory Squad 11 raggiungono l’appartamento.
Gli agenti dietro la porta.
Di legno leggero.
Tre passi di rincorsa.
Abbattuta.
Ana apre la vetrata.
Ana Azevedo si butta.
Due farfalle rosse.
Volteggiano sulla metropoli.
Frastornata di samba.
Gli agenti alla vetrata. Chiusa. Bloccata. Ermetica.
“Ma era aperta! La Azevedo s’è buttata! È diventata una farfalla rossa! Un secondo fa! Lo abbiamo visto tutti!…” La comandante Khaspros stizziva.
Le due farfalle rosse erano lì fuori. S’allontanavano sopra l’immensa.
“Aprite le vetrata” percuoteva la Khaspros. L’aria entrò rumorosa e calda. I grattacieli nella notte assottigliata. Folti di campi di grano. Nessuna farfalla.
“Una banale proiezione sulla vetrata, agenti! Roba si secoli fa!…” frantumava la comandante.
“Sono ancora nell’appartamento!”
Le luci si spensero. Gli agenti di scatto all’indietro. Passi in fuga.
Uscirono dalla porta sfondata. S’infilarono nel vertical tube. Precipitando.
In strada sballottando. Rimbalzando. Saettando. Infollando. In mezzo alle folle. Scartando le folle. Amando le folle. I carri sfilavano. Rombavano. Tamburavano. Sguaiavano. Carnevalavano. Deflagravano. Coi carri di compresenza nei cinque continenti. Nei pianeti colonizzati.
La farfalla le faceva strada. Le striature del giorno corrompevano la notte. La corsa stroncava.
“Sono stanca… Non scendo mai in città…” Ana Azevedo.
“Entriamo qui… ci sono altre memorie… li conosco… sono anche ricettatori…c’è musica ,ci sono liquori, c’è estatium, c’è calca, è perfetto, sarà quasi impossibile individuarci…” la farfalla rossa arrancava nell’aria insaporata.
Gli agenti biciclettano feroci. Dentro e fuori. Fuori dentro. Carri danzanti. Strade marcanti. Marciapiedi dileguanti. Negozi dormienti. Bar straripanti.
“Impossibile scovarle! Due aghi in un pagliaio! In mille pagliai…” lapidava la comandante.
La farfalla rossa contemplò l’urbanista del grano sui muri. Le girò intorno. Con affetto. Filiale. Si sedette davanti. Appoggiò i gomiti. Chinò la testa: “Questa caccia alle memorie connesse è un incubo per noi…”
“M’è venuta fame… cosa vuoi?”
“Lo sai che mi piace la tappia al sesamo…”
“Io un calice di capartigna…”
Altri primi, altri secondi, altro vino.
“Preferisco i posti dove non ci sono umani a servire…”
“Perché me lo dici?”
“Lo sai perché…”
Servire è un saldo instabile. Desiderare il gesto. Giocare allo sgambetto. Cadere nell’abisso.
Alzò la testa. Uno scatto. I capelli volano all’indietro. “Arrivano! Io li vedo!”
“Anch’io!”
S’alzarono. La bolgia le ammurava.
“Sono in quest’inferno di gente! Qui dentro!” puntò la comandante Khaspros.
“Non le vedo ma stanno pagando… ho intercettato la transazione cerebrale…”
Gli agenti s’imbolgiarono. La musica berrierava. I passi s’incapricciavano.
Gli agenti si affogarono nel fluttuante.
Ballo.
(78-continua)