L'approfondimento

Fintech in Africa: l’inclusione finanziaria va a braccetto con la tecnologia

In Africa il fintech si sta dimostrando volano per l’inclusione economica della popolazione. Le tecnologie in ambito finanziario si stanno diffondendo sempre di più e non mancano gli esempi di aziende che hanno avuto successo. In uno scenario così vivace, la sfida è creare un equilibrio normativo

Pubblicato il 15 Mag 2019

Mario Di Giulio

Professore a contratto di Law of Developing Countries, Università Campus Bio-Medico Avvocato, Partner Studio Legale Pavia e Ansaldo

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Le tecnologie fintech in Africa sono un driver per l’inclusione finanziaria della popolazione. Soluzioni innovative nel settore economico come pagamenti mobili (su cellulare) e blockchain si stanno infatti diffondendo sempre di più creando nuovi scenari, ma anche sconvolgendo l’impianto bancario tradizionale che a volte fatica a tenere il passo.

Le opportunità offerte dalle nuove tecnologie vanno dunque bilanciate con regolamentazioni attente ed oculate, che devono tenere in considerazioni moltissimi fattori oltre a quello finanziario. La sfida è aperta.

Lo scenario attuale in Africa

Negli ultimi anni l’inclusione finanziaria nel continente africano sta registrando risultati  positivi. Secondo il Global Financial Inclusion Database redatto dalla Banca Mondiale, nell’anno 2017 il 42,6% di tutti gli adulti dell’Africa sub sahariana disponeva di un conto presso un istituto bancario o finanziario, rispetto al 23,2% del 2011 e il 34,2% del 2014. Di questi, il 60,3% possedeva un’educazione secondaria o superiore, a rimarcare la relazione tra inclusione finanziaria e livello di educazione. La Banca Mondiale stima che, relativamente all’anno 2017, il 45,7% degli abitanti dell’Africa sub sahariana aveva richiesto un prestito.

Una parte consistente di questi traguardi deriva dall’adozione di tecnologie informatiche in ambito finanziario, che comporta, tra le tante, la possibilità di ottenere e ricevere credito senza doversi recare fisicamente in filiali bancarie spesso molto distanti ed onerose sotto il profilo dei costi di gestione di un conto corrente, nonché dalla possibilità di fare acquisti online. Per la popolazione più povera e delle aree rurali, questo si traduce in maggiori opportunità di uscire dalla propria condizione disagiata. L’inclusione finanziaria è cruciale per una popolazione economicamente produttiva, quindi più libera ed eguale. Sotto questo punto di vista, ed in parte per necessità, l’Africa è sempre stata un terreno foriero di innovazioni: è in Kenya, nel 2007, che è nato M-Pesa, uno dei primi sistemi di trasferimento di denaro tramite dispositivo cellulare al mondo.

Le soluzioni per pagamenti mobili

Tra le nuove tecnologie finanziarie più popolari nel continente africano, un posto di assoluto rilievo è occupato sicuramente dalla mobile money, intesa come servizio di scambio di denaro attraverso un cellulare munito di connessione ad internet. La mobile money viene normalmente implementata da infrastrutture esterne di cash-in e cash-out, le cosiddette agenzie di e-money, che si occupano di convertire la valuta elettronica in moneta reale e viceversa; tuttavia, si stanno affermando servizi di mobile money puramente digitali tra i possessori di account (“account-to-account”, o “A2A”) e quelli operanti tra gli account di mobile money e i conti bancari (“money-to-account”). Poiché la mobile money riguarda sia il settore delle comunicazioni sia quello finanziario, accade che tale servizio sia soggetto a diverse autorità di regolamentazione.

Già mercato in forte crescita in tutto il globo (secondo il 2018 State of the Industry Report on Mobile Money redatto da Global System for Mobile Communications Association- abbreviato da qui in poi in Report GSMA 2019 sono stati registrati 866 milioni di account di mobile money a livello planetario, che processano regolarmente un volume di transazioni di circa 1,3 miliardi di dollari statunitensi al giorno), in varie zone dell’Africa la mobile money raggiunge livelli da record: ben oltre 395,7 milioni di mobile money account sono registrati nella sola regione dell’Africa subsahariana (Report GSMA 2019, pag. 13), quasi la metà del totale globale, per un volume di transazioni pari a circa 26,8 miliardi di dollari USA (Report GSMA 2019, pag. 13). Ragionando in termini di percentuali, si tratta di una crescita del 13,6% in termini di sottoscrittori e del 15,3% in termini di valore delle transazioni già rispetto al solo anno scorso. Secondo il Global Findex Database 2017 redatto dalla Banca Mondiale, l’Africa subsahariana è l’unica regione al mondo in cui la percentuale di adulti in possesso di account di mobile money supera il 20%. Tra possessori di account di mobile money oltre un terzo è “attivo”, ovvero aveva effettuato almeno un transazione nei 90 giorni precedenti, in ben 13 paesi dell’Africa, quali: Benin, Botswana, Burkina Faso, Costa d’Avorio, Gabon, Ghana, Kenya, Lesotho, Ruanda, Swaziland, Tanzania, Uganda e Zimbabwe.

Gli operatori del settore pagamenti mobili

Anche il numero dei soggetti operanti nel settore è in forte aumento: nell’Africa subsahariana, sono registrati circa 2,3 milioni di agenti di mobile money, circa trecentomila in più rispetto al 2017, e sempre più tecnologizzati, in quanto i provider del settore manifestano un crescente interesse per i servizi digitali, come l’e-learning e le interfacce di conversazione, per migliorarne le performance. Il settore delle transazioni digitali cresce anche esso molto velocemente specialmente nell’ambito dei pagamenti di massa. L’interoperabilità dei vari servizi di mobile money è un tema particolarmente sentito al fine di consentire la maggiore ampiezza possibile di servizi finanziari disponibili alle utenze, quindi dando loro una completa inclusione finanziaria. La mancanza di accordi tra operatori può generare problemi di interoperabilità tra le varie compagnie di mobile money. Per potere risolvere tali problemi anche di carattere infrastrutturale, è stato lanciato Mowali nel 2018 dalle compagnie MTN Group e Orange Group.

Mowali (da “mobile payment interoperability”), è un’infrastruttura industriale rivolta a gestori di servizi di mobile money, ma anche a banche e fornitori di servizi finanziari, che permette ai possessori di account di mobile money di ricevere o trasmettere denaro liberamente e indipendentemente dal proprio operatore. La caratteristica più notevole di Mowali è che si tratta di un servizio pan-africano, con l’obiettivo di collegare tutti gli account di mobile money del continente. È già garantita l’interoperabilità degli oltre 100 milioni di account da parte dei clienti di MNT e Orange in 22 dei 46 mercati dell’Africa subsahariana, mentre è previsto il coinvolgimento altri provider di mobile money nel prossimo futuro.

I fattori di crescita della mobile money

Al di là dell’interoperabilità, sono previsti altri tre fattori fondamentali concorrenti all’evoluzione della mobile money, quali una diffusione sempre maggiore dell’uso degli smartphone (è previsto che nel 2025 il 66% degli abitanti dell’Africa subsahariana sarà in possesso di uno smartphone), regolamentazioni sempre più complesse e sofisticate e l’aumento del valore aggiunto della mobile money come mezzo per soddisfare le più disparate esigenze commerciali. Nonostante i grandi progressi compiuti, non tutto il continente africano procede con la stessa rapidità. Se l’Africa subsahariana mostra livelli di penetrazione della mobile money estremamente elevati, la parte nord del continente è invece molto meno sviluppata, con poco meno di 50 milioni di account registrati tra tutta l’Africa settentrionale e il Medio Oriente e un valore totale di transazioni di “soli” 473 milioni di dollari.

La Nigeria, l’Etiopia e l’Egitto, i tre Paesi più popolosi dell’Africa, hanno tassi di penetrazione molto bassi. Ciò è spiegabile da regolamentazioni particolarmente stringenti, specialmente nell’ambito dei requisiti Know Your Costumer, ed una scarsa tendenza alla competizione e all’innovazione da parte dei vari operatori. Secondo il report del GSMA, tuttavia, non mancano sforzi in senso innovativo, come la proposta di nuove guidelines da parte della Banca Centrale della Nigeria per l’autorizzazione dei Payment Service Banks. Questi tre paesi sono visti come un terreno estremamente fertile per lo sviluppo del mobile money, con un potenziale che GSMA calcola pari a 110 milioni di nuovi account nei prossimi cinque anni.

Blockchain nel continente africano

Un altro possibile driver all’inclusione finanziaria nel continente africano, è l’adozione di criptovalute al posto delle valute aventi corso legale. Tale cambiamento, secondo gli estimatori delle criptovalute, finirebbe per supplire ai tipici problemi associati alle tradizionali transazioni finanziarie, ovvero la mancanza d’infrastrutture, la rilevante inflazione, i costi troppo elevati ed una generale sfiducia nei canali finanziari tradizionali.

Investitori stranieri, ma anche giovani imprenditori fintech autoctoni, vedono nel continente africano un bacino d’investimento potenzialmente molto fruttuoso per la blockchain. Il 5 maggio 2018 la startup Cardano ha firmato un memorandum d’intenti con il Ministero della Scienza e della Tecnologia dell’Etiopia al fine di applicare la tecnologia blockchain nel settore agritech del paese, prevedendo anche la formazione di sviluppatori del posto. StudEx Wildlife mira alla conservazione delle specie in pericolo “digitalizzando” gli animali in una blockchain ed offrendoli in una sorta di asta per cifre cospicue. In Uganda è stata poi istituita CryptoSavannah, un hub tecnologico con l’obbiettivo di sviluppare il know-how relativo alle blockchain nel continente africano che, tra le altre cose, sponsorizza la parità di genere nel mondo delle blockchain sostenendo l’African Women In Blockchain Initiative (AWIBI).

Questo entusiasmo, tuttavia, non appare altrettanto condiviso dalle legislazioni dei vari paesi, che guardano alle criptovalute spesso con molto cautela, se non sfiducia. La Banca Centrale del Kenya, la Banca della Tanzania e la Banca dell’Uganda hanno tutte emesso dei warning agli investitori delle criptovalute, lamentandone la natura volatile e la vulnerabilità agli attacchi speculativi. Nell’ipotizzare un regulatory sandbox relativo alle innovazioni tecnologiche nel fintech, la Capital Markets Authority (CMA) del Kenya ha negato che si possa applicare alle aziende che investono in criptovalute.

Nonostante la diffidenza nei confronti delle criptovalute, l’interesse nella blockchain da parte delle autorità è comunque molto forte: basti pensare alle intenzioni, comunicate nell’ottobre 2018 del governo keniota di utilizzare la tecnologia blockchain in un massiccio progetto di edilizia popolare, rendendo sicura l’assegnazione di oltre 500.000 unità edilizie agli aventi diritto.

Micro credito e credit scoring

Il microcredito consente di dare accesso al credito a soggetti non dotati di garanzie reali su cui richiedere i prestiti. Attraverso il microcredito, vengono così erogate piccole somme a soggetti che altrimenti sarebbero esclusi dal circuito finanziario tradizionale; nei paesi emergenti, ciò può contribuire a fare uscire una larga fetta della popolazione da uno stato di permanente sottosviluppo. Il microcredito può fungere sia da strumento per combattere la povertà dei singoli individui sia per favorire lo sviluppo di piccoli progetti imprenditoriali. Sono stati creati, inoltre, meccanismi di garanzia collettiva in cui il prestito viene erogato a tutta una collettività e vi è una responsabilità solidale per le obbligazioni.

Rispetto ad altre aree del pianeta, il microcredito in Africa non è particolarmente sviluppato: secondo una stima contenuta nel Microfinance Barometer del 2018, pubblicato da Convergences, i prestiti in corso per l’anno 2017 relativi all’Africa subshariana ammontavano a 9 miliardi di dollari statunitensi, mentre quelli relativi al Nord Africa e al Medio Oriente erano pari a soli 1,6 miliardi; cifre lontanissime sia dal Sud dell’Asia (27,9 miliardi di dollari) che dall’America Latina (49,8 miliardi) e poco superiore ai prestiti nell’Est Europa e nell’Asia Centrale (7,2 miliardi).

Gli strumenti fintech possono avere un ruolo cruciale nel diffondere il microcredito. La diffusione degli smartphone nelle aree rurali può, infatti, garantire l’accesso al credito mediante app di social lending in questi luoghi, in cui spesso non è nemmeno immaginabile o economicamente conveniente l’apertura di filiali fisiche. Attraverso app già molto diffuse in paesi come il Kenya è possibile ottenere importi di denaro molto piccoli, anche pochi dollari, con tempi di restituzione dei prestiti che possono essere anche di poche settimane. Tali tecnologie possono aiutare la popolazione ad avviare rapidamente progetti imprenditoriali, portando ad un diffuso sviluppo economico. La diffusione degli smartphone sta portando nel mercato dei finanziamenti operatori diversi dalle banche come, ad esempio, le compagnie telefoniche e, appunto, le società fintech.

Le tecnologie fintech in Africa: la sfida

Nei paesi africani la mancanza di dati affidabili e di adeguate garanzie reali porta alla richiesta di alti tassi di interesse per coprire il prestatore dal rischio di insolvenza del debitore. Il facile accesso al credito mediante tecnologie mobile, unito gli alti tassi di interesse richiesti, possono portare i debitori in una condizione di sovraindebitamento aumentando, in caso di recessione economica, i rischi di insolvenza per le fasce deboli della popolazione. Questa situazione richiede un adeguato intervento normativo.

Le tecnologie fintech in Africa possono poi essere utili per valutare il rischio di credito del debitore (credit scoring) soprattutto nei paesi in via di sviluppo, in cui l’assenza di adeguate garanzie rende tale valutazione particolarmente difficile. Inoltre, il mancato accesso di una buona parte della popolazione al sistema bancario in Africa e la scarsa diffusione dei conti correnti rende difficile stimare il rischio del cliente non avendo dati affidabili sulle entrate delle persone o delle società. In questo contesto, la raccolta di dati mediante smartphone consente alle società fintech di valutare il rischio di credito del singolo debitore assegnandoli uno score in base alle sue abitudini. Ad esempio, mediante la geolocalizzazione dello smartphone si possono dedurre gli spostamenti, mentre aggregando le statistiche si potrebbe assegnare un rischio di credito in base al luogo dove il soggetto risiede e lavora. Ulteriori elementi possono essere dedotti dall’uso della telefonia cellulare in funzione degli orari in cui il telefono è utilizzato (la frequenza di telefonate nelle fasce orarie più costose può essere indicativo in un uso del telefono per attività lucrative), tali dati possono poi essere incrociati con l‘utilizzo dell’energia elettrica anch’essa su fasce orare, fattori che indicano o no l’esercizio di attività produttive. In questo senso, si sta muovendo ad esempio EnerGrow con lo sviluppo di in sistema di credit scoring che dà priorità significativa all’utilizzo dell’energia elettrica durante le fasce diurne.

La sfida che ovviamente si pone nell’utilizzo delle tecnologie fintech in Africa è il compromesso tra l’esigenza di creare un sistema di affidamento creditizio e l’invasione nella sfera privata dei singoli utenti. La materia non può essere rimessa al mero consenso degli interessati e devono essere individuati sistemi che evitino l’uso illegittimo dei dati e probabilmente l’eliminazione degli stessi una volta prodotto lo scoring del soggetto interessato.

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