Il convegno organizzato da Between a inizio ottobre è sempre una buona occasione per fare il punto sullo stato delle telecomunicazioni e sui temi strategici per l’infrastrutturazione del Paese.
Nel giorno del CdA di Telecom Italia nel quale si è dimesso il Presidente Franco Bernabè, gli operatori e le istituzioni si sono confrontati sul futuro della rete di telecomunicazioni italiana, argomento ormai da mesi (forse anni) al centro, o sullo sfondo, del dibattito sull’evoluzione del settore.
Investimenti. Numeri alla mano è innanzitutto vero come anche in questi ultimi anni difficili (il calo del fatturato sta sfiorando il 10%) gli investimenti siano cresciuti, sia da parte degli operatori alternativi che di Telecom Italia, senza considerare il balzello (4 miliardi) delle frequenze 4G. Questo porta ad un rapporto investimenti su fatturato che è tra i più alti in Europa (dal 17% di Telecom Italia al 32% di Fastweb). E’ comunque chiaro che ulteriori importanti sviluppi saranno condizionati dall’ottenimento di risultati di vendita tangibili, altrimenti il loro raffreddamento sarà inevitabile…
Avanzamento banda ultra larga. La concorrenza infrastrutturale si sta sviluppando anche sulla banda ultra larga, anche se con una forte polarizzazione: da un lato Telecom Italia contro Fastweb e, dall’altro, Telecom Italia contro Vodafone. In entrambi i casi, Telecom Italia ha conquistato la leadership della copertura arrivando a 32 città sulla banda larga fissa (contro le 19 di Fastweb) e circa 300 città sulla banda larga mobile (contro le 47 di Vodafone). Il divario è, ovviamente, minore in termini di copertura, ma dimostra la volontà di Telecom Italia di utilizzare la leva della discontinuità infrastrutturale per trovare nuove fonti di crescita.
Telecom Italia-Telefonica. Gli obiettivi di breve periodo vengono confermati, mentre per gli scenari futuri (era stato annunciata un’accelerazione del piano banda ultra larga) occorre aspettare il nuovo piano che verrà presentato il 7 novembre. E’ invece bloccato, almeno per il momento, il progetto di scorporo della rete di accesso fissa, discontinuità che aveva suscitato molto interesse, ma che è osteggiata da Telefonica. Creare un precedente è sempre un rischio…
Il dividendo regolatorio. L’annuncio del progetto di scorporo della rete ha aveva suscitato “simpatia” (citazione) anche da parte dell’AGCOM, ma è chiaro come le decisioni regolatorie non possono essere prese pro futuro, se non a fronte di avanzamenti del processo di separazione e di risultati tangibili e misurabili sul contesto competitivo, cosa che crea inevitabilmente un “loop”, tra aspettative di Telecom Italia e possibili allentamenti dei vincoli da parte dell’AGCOM. Per il momento, il tema passa, comunque, in secondo piano.
Il ruolo dello Stato. Le vicende di Telecom Italia sembrano avere risvegliato di colpo le passioni della politica e di molti opinion leader. L’orientamento che sembra raccogliere maggiori adesioni è quello esposto dall’ex Ministro Corrado Passera, vale a dire la separazione tra la rete e i servizi agli utenti finali, secondo quanto già sperimentato nell’elettricità e nel gas. Verso questo modello converge anche la Cassa Depositi e Prestiti, che è disposta a investire per ammodernare la rete italiana, ma ovviamente con un adeguato rendimento (rimane un investitore istituzionale). Per quanto concerne gli strumenti da mettere in campo, mentre sul riconoscimento della strategicità delle reti di comunicazioni e il “golden power” un DCPM è sostanzialmente pronto, il cambiamento delle regole per l’OPA pone maggiori problemi e dubbi. In entrambi i casi, nulla garantisce però il raggiungimento del fine strategico.
Il futuro. Dall’incontro di Capri è anche emerso come gli operatori (con razionali molto diversi) non stanno chiedendo l’intervento dello Stato negli investimenti di rete, ma sollecitano maggiori certezze regolamentari e una maggiore attenzione alle diverse forme di stimolo agli investimenti (semplificazioni, inquinamento elettromagnetico, etc…). Non va però dimenticato come si tratti di soggetti totalmente privati che non necessariamente associano la massimizzazione dei prori interessi con l’obiettivo strategico di un Paese. In sintesi, la situazione rimane molto confusa ed è difficile aspettarsi forti discontinuità, perlomeno nel breve periodo.
Quanto ci manca un barlume di politica industriale…