SCUOLA DIGITALE

Agile coaching per la scuola, dal digitale una didattica a prova di futuro

Formazione continua, focus sulle soft skill, ampliamento della propria “cassetta degli attrezzi”: sono i cardini di percorsi educativi mutuati dal mondo del lavoro in grado di aprire alle nuove sfide occupazionali. La best practice del liceo “Carlo Porta” di Monza

Pubblicato il 07 Giu 2019

Chiara Motti

Agile Coach, Counselor, Data Protection Officer (DPO), consulente GDPR, Privacy Manager, CSM

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In una scuola digitale che guardi al futuro, e soprattutto al futuro dei propri alunni, non possono mancare attività che insegnino alcune delle metodologie utilizzate prettamente in ambito lavorativo. Particolarmente efficace il metodo Agile che consente di ampliare la “cassetta degli strumenti” degli studenti, permettendo loro di restare costantemente inseriti nel mondo del lavoro, seppur con modalità di volta in volta diverse

Non di rado capita di sentire commenti, da più parti, in cui si sottolinea come la scuola italiana sia poco adeguata al contesto in cui viviamo. Se i percorsi curricolari previsti dai programmi scolastici rispecchiano esattamente questa inadeguatezza, molti dei progetti extra-curricolari, che le scuole seguono, sono invece innovativi e addirittura, in alcuni casi, futuristici.

Il metodo Agile: dal software alla scuola

A proposito di progetti futuristici, si è da poco concluso il progetto “Be Agile”: un’attività extra-curricolare tenutasi presso il liceo “Carlo Porta” di Monza, all’interno delle attività di orientamento in uscita, degli studenti delle otto classi quinte.

Un progetto che ha occupato per ciascuna delle classi quattro ore, durante le quali si è cercato di portare i ragazzi a una più profonda conoscenza: di se stessi, di alcuni tra i più importanti “no technical skills” richiesti nel mondo del lavoro oggi e infine di alcuni degli strumenti utilizzati nella metodologia Agile (la retrospettiva, il ciclo di Deming, il problem solving…).

Partendo con un bilancio delle competenze che potesse mettere in evidenza le capacità degli studenti, i loro interessi, le loro motivazioni e i loro valori, si sono toccate tematiche che vanno dall’uscita dalla zona di comfort fino alla retrospettiva, sperimentata dopo il “Ball point game”.

Una didattica che dà valore al fallimento

Tra le diverse metodologie, quella Agile pare rispecchiare tutte le caratteristiche di innovazione che la scuola di oggi necessita, con una forte componente umanistica, che pare diventare sempre più “conditio sine qua non” per una crescita completa delle nuove generazioni. Nell’Agile infatti, ad essere messe in discussione non sono mai le persone ma i processi, contando su un principio per il quale si deve dare per scontato che i componenti del team abbiano fatto del loro meglio. Nessuno dice a nessuno cosa deve fare, ma si conta su un’autoregolazione del team, che presuppone una parità tra i membri che lo compongono.

Fra i principi cardine della metodologia Agile, passato agli studenti del Carlo Porta, c’è poi il principio, detto all’americana “Fail fast, fail often” (fallisci in fretta, fallisci spesso). Portare questo concetto in ambito scolastico, significa scardinare un presupposto più che mai intrinsecamente legato al classico concetto di apprendimento. La scuola e le famiglie aborrono (eccezioni rare a parte) qualsiasi fallimento dei ragazzi.

Nel progetto “Trilogy Be Agile” si è cercato invece di far comprendere agli studenti come il fallimento sia assolutamente indispensabile per crescere, per migliorarsi, per imparare e non qualcosa da rifuggire. Questo concetto ha sconvolto molto i ragazzi, facendo tirare loro un sospiro di sollievo, oltre che far nascere l’esigenza di comunicarlo, e farlo comprendere, a genitori e insegnanti.

Scuola innovativa: affrontare un mercato in evoluzione

Partendo da una mera osservazione della realtà, in cui è sotto gli occhi di tutti un costante e repentino cambiamento del mondo del lavoro, il progetto “Be Agile” ha cercato di far comprendere ai ragazzi come sia necessaria una continua formazione, soprattutto in ambiti non apparentemente legati a una specifica professione. Ampliare la propria “cassetta degli strumenti”, permetterà loro di restare costantemente inseriti nel mondo del lavoro, seppur con modalità di volta in volta diverse.

Il vecchio e caro principio darwiniano secondo cui a sopravvivere è la specie che ha maggiori capacità di adattamento, può essere applicato anche in ambito lavorativo, oggi più che mai. Più conoscenze, più esperienze permetteranno a chiunque di essere maggiormente al passo con i tempi e in grado, quindi, di reinventarsi e adattarsi agli scenari lavorativi che di volta in volta verranno configurandosi.

Solo chi avrà compreso che un atteggiamento duttile e malleabile avrà la chiave per garantirsi una continuità lavorativa e sopravvivere nel difficile odierno mondo del lavoro. Specializzarsi e contemporaneamente essere informato e aggiornato anche su tematiche, a prima vista, lontane dal proprio lavoro; apprendere competenze non tecniche che potranno sempre tornare utili anche in ambito lavorativo.

La scuola del futuro è neo-Umanistica

L’uomo, in quello che io chiamo un “nuovo umanesimo”, oggi ritorna ad essere centrale. Dalle più grandi aziende fino alle piccole medie imprese, oggi più che mai si è riscoperto il valore dell’essere umano. In quest’ottica diventa quindi fondamentale allenare, concetto ampiamente trattato con i ragazzi del Carlo Porta di Monza, le capacità empatiche.

Parlando dei soft skills oggi richiesti nel mondo del lavoro, un grande posto è stato riservato alle capacità di empatia che, negli ultimi anni, stanno più che mai diventando un presupposto fondamentale anche negli ambienti di lavoro.

Oggi nelle risorse umane è ricercato quel concetto psicologico che Daniel Goleman nel 1995 ha reso famoso, ossia l'”intelligenza emotiva”; un’intelligenza che va al di là degli aspetti cognitivi e che comprende: una grande conoscenza di sé, la capacità di auto-motivarsi nel raggiungimento dei propri obiettivi, la capacità di riconoscimento delle proprie emozioni e di quelle degli altri e infine la capacità di connettersi con gli altri attraverso una comunicazione efficace che permetta di creare connessioni positive.

Preparare gli studenti alle nuove sfide

Un progetto come questo, ampio, trasversale, innovativo, ha permesso di portare a scuola riflessioni insolite e inusuali in ambito scolastico. I ragazzi che ne hanno preso parte hanno riferito di avere avuto modo di sperimentare una dimensione di concetti, idee e sentimenti a cui non erano minimamente abituati. Si è cercato di parlare alle loro “pance”, certi che in questo modo, avrebbero meglio, e in modo perpetuo, appreso e sperimentato concetti che sono fondamentali in un percorso umano che voglia sperimentare e vivere la felicità.

La volubilità degli eventi, l’accettazione di quello che accade non è di semplice lettura per nessuno, ancor meno per dei ragazzi, adulti sulla carta, che in realtà ancora molto devono vivere e sperimentare. Ragazzi spesso, a livello sociale, poco considerati, ma che meritano e necessitano di adulti di riferimento che li supportino nella realizzazione della loro adultità; di mentori che mostrino loro un agire corretto e capacità di resilienza, fondamentali per non soccombere alle sfide quotidiane a cui la vita li sottoporrà, perché capiscano, come diceva Virginia Satir che “la vita non è come dovrebbe essere. E’ quella che è. E’ il modo in cui l’affronti che fa la differenza”.

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