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Missione internet 1 Gigabit a tutti gli italiani: le lacune dei piani e i prossimi passi

Un monitoraggio da poco completato da Infratel certifica che gli operatori non hanno rispettato i piani di copertura ultrabroadband. Intanto l’Agcom punta ad agevolare la migrazione delle linee di accesso dal rame alla fibra

Pubblicato il 07 Giu 2019

Enrico Martini

ministero dello Sviluppo Economico

ultrabroadband

Ci sono gravi lacune nei piani di copertura copertura del servizio a banda ultralarga nelle aree grigie e nere, dove non è previsto intervento pubblico. Dai dati emersi dal recente censimento Infratel risulta che gli operatori hanno coperto solo il 78% delle aree che promettevano di coprire entro l’anno scorso. Non risultano quindi coperti al 2018 circa 3,2 milioni di indirizzi civici, che diventano così nuove aree bianche di copertura.

Rispetto alla copertura come da dichiarazioni degli operatori nella precedente consultazione emerge che la stessa è stata quindi inferiore a quanto dichiarato.

C’è, insomma, un 22% di zone in cui gli operatori hanno detto che sarebbero andati e non sono andati e di conseguenza non sono nemmeno coperti dai piani pubblici. Il tutto, a danno degli utenti che quindi si trovano senza copertura né pubblica né privata.

Questi dati confermano, tra gli altri fatti, che l’obiettivo banda ultralarga (almeno quella oltre 100 Megabit) a tutti gli italiani richieda ancora qualche aggiustamento di rotta.

Altri due elementi: a maggio l’Agcom nell’analisi di mercato rete fissa ha confermato l’intenzione di agevolare la migrazione delle linee di accesso dal rame alla fibra; entro giugno, il Ministro dello sviluppo economico convocherà il Comitato Banda Ultralarga (COBUL) proponendo alle Regioni l’avvio del Piano Aree grigie per portare la banda ultralarga a 1 giga e il lancio di voucher per la connettività. Per questi obiettivi sono stati già allocati oltre 3 miliardi di euro, anche se si valuterà se integrare la dotazione finanziaria.

Nuovi piani per l’ultrabroadband oltre il 2o20

In effetti, la stessa Corte dei conti europea alla fine dello scorso anno ha riscontrato che la copertura della banda larga è generalmente migliorata in tutta l’Ue, ma che non tutti i valori-obiettivo della strategia Europa 2020 saranno raggiunti. Le zone rurali, dove il settore privato ha meno incentivi a investire nella fornitura della banda larga, continuano a essere meno connesse rispetto alle città e l’utilizzo della banda larga ultraveloce è molto lontano dall’obiettivo prefissato.

Conseguentemente la Corte ha formulato raccomandazioni in tre ambiti, ossia la pianificazione strategica, il contesto di regolamentazione e la promozione della concorrenza mediante finanziamenti.

Ci si aspetta che tutti gli Stati membri elaborino nuovi piani per il periodo successivo al 2020.

La Commissione dovrebbe chiarire l’applicazione degli orientamenti in materia di aiuti di Stato, in quanto l’interpretazione attualmente data da alcuni Stati membri potrebbe limitarne gli investimenti nella banda larga. Dovrebbe inoltre sostenere gli sforzi degli Stati membri per promuovere una maggiore concorrenza nella fornitura di servizi a banda larga, incentivando la creazione di reti adeguate e l’aggregazione di progetti di piccole dimensioni in progetti che abbiano una dimensione critica, ove opportuno;

La BEI dovrebbe concentrare il proprio sostegno tramite il FEIS e il Fondo relativo alla banda larga per collegare l’Europa (CEBF) su progetti di piccole e medie dimensioni nelle zone in cui il sostegno del settore pubblico è maggiormente necessario, in linea con la finalità di assistere i progetti più rischiosi.

Appena insediato il Governo presieduto da Giuseppe Conte ha dovuto fronteggiare una seria emergenza, vale a dire evitare di perdere i fondi comunitari per la difficoltà nella loro rendicontazione. A tale fine è stata costituita una task force presso il MISE che ha raggiunto l’obiettivo di messa in sicurezza nei tempi previsti delle risorse finanziarie.

Insieme a Infratel e Open Fiber, il MISE ha anche avviato il terzo bando per le aree bianche (le aree del Paese nelle quali nessun operatore fornisce servizi a banda ultralarga) in modo da rispettare gli impegni del Piano BUL.

Scopo e risultati della consultazione Infratel

Al fine di preparare la fase due del Piano BUL, a gennaio Infratel ha avviato il monitoraggio dell’ultima consultazione del 2017, in particolare per verificare lo stato di attuazione degli interventi nelle aree nere e grigie. Lo scopo della nuova consultazione era quindi limitato all’aggiornamento delle aree che sono state dichiarate come nere o grigie, e cioè 19,8 milioni di numeri civici.

Per quanto riguarda gli operatori che hanno risposto alle consultazioni precedenti si trattava di confermare o aggiornare le scadenze di copertura, mentre per i nuovi operatori di dichiarare la copertura al 31 dicembre 2018, 2019, 2020, e 2021.

Il monitoraggio è terminato il 15 maggio. Gli operatori hanno fornito i dati per ciascun indirizzo civico ricadente nelle aree grigie e nere in 4.250 comuni italiani per 25,8 milioni di unità immobiliari. I rimanenti 12 milioni di indirizzi civici, in oltre 6.700 comuni italiani sono oggetto dell’intervento pubblico nelle cosiddette aree bianche.

Rispetto alle dichiarazioni del 2017 mancano all’appello circa il 18,1% di civici cablati in fibra, il 9,6% di VDSL, il 45,4% di FWA.

Dovranno essere oggetto di approfondimenti tecnici con gli operatori per la verifica tecnologica e dimensionale le aree coperte con tecnologie FWA con velocità maggiore di 100Mbit/s (circa 16,8%) e le aree in rame con tecnologia VDSL con velocità maggiore di 100Mbit/s (circa il 45,3%), per le quali non sono previsti investimenti infrastrutturali ma sono state dichiarate evoluzioni tecnologiche VDSL e «bonding».

Per la conclusione del processo di consultazione sarà richiesto, come da orientamenti europei, che gli operatori sottoscrivano specifici accordi contrattuali con gli impegni di copertura dichiarati.

L’analisi Agcom del mercato di accesso alla rete fissa

Intanto il Consiglio dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ha concluso l’analisi di mercato dei servizi di accesso alla rete fissa (delibera 613/18/CONS), integrando taluni elementi alla luce delle informazioni acquisite nel processo di consultazione.

L’analisi di mercato compiuto dall’AGCOM sulla rete di accesso ha confermato l’esigenza di una parziale deregolamentazione sulle tariffe all’ingrosso. Rispetto allo schema posto in consultazione, è confermata la deregolamentazione del comune di Milano. Nel resto del territorio nazionale si confermano gli obblighi regolamentari e si procede ad una differenziazione geografica dei rimedi. In poco meno di 30 città dove c’è concorrenza verranno rimossi obblighi per il cosiddetto “bitstream”, ovvero quando TIM gestisce totalmente l’ultimo miglio per conto di un provider alternativo, e per il WLR (Wholesale Line Rental) che prevede il noleggio all’ingrosso delle linee telefoniche tradizionali.

L’Autorità, a seguito di monitoraggio, potrà introdurre, dal 2021, un grado di flessibilità nel pricing wholesale VULA, dopo aver verificato – nel 2020 – quale sia stata l’evoluzione effettiva della concorrenza e l’effettivo grado di adozione (take up) degli accessi ad alta capacità.

Le maggiori novità sui prezzi dei servizi di accesso riguardano il VULA per il quale, rispetto alla consultazione pubblica, l’Autorità ha approvato una riduzione per gli anni 2018, 2019 e 2020, restando, viceversa, immutato a 12,50 euro/mese il canone di atterraggio al 2021. Un’ulteriore sensibile riduzione di prezzo, rispetto alla consultazione, ha riguardato i canoni della banda per il trasporto dei dati dalle centrali locali ai nodi degli operatori alternativi.

Agevolare la migrazione dal rame alla fibra

L’Autorità ha confermato l’intenzione di agevolare la migrazione delle linee di accesso dal rame alla fibra. A tal fine ha apportato, rispetto al testo andato in consultazione pubblica, alcune modifiche alla disciplina del processo di migrazione (decommissioning). In tale ambito, l’Autorità ha previsto incentivi per ridurre i costi di migrazione e penali per prevenire condotte anti-competitive.

In particolare, l’Autorità conferma il proprio orientamento di consentire a TIM di prevedere sconti a volume o contratti di periodo per tale servizio. L’Agcom è infatti favorevole a tali strumenti laddove costituiscono un modo per ripartire i rischi di investimento con il risultato di incrementare, per gli operatori, gli incentivi al roll-out della fibra ottica oltre che per favorire il processo di migrazione dai servizi legacy in rame ai servizi a banda ultra-larga. TIM dovrà comunque sottoporre le condizioni economiche del contratto all’attenzione dell’Autorità per le valutazioni di competenza. L’Agcom chiarisce che l’uso della scontistica non si traduce necessariamente in uno sconto a volume in senso stretto ma nella possibilità di introdurre maggiore flessibilità nella struttura di prezzo al fine di favorire la condivisione del rischio di investimento tra più operatori.

Lo schema di provvedimento AGCOM sarà ora notificato alla Commissione europea ai fini dell’acquisizione del parere, ai sensi del Codice delle comunicazioni elettroniche, e sarà approvato definitivamente entro la fine del mese di luglio.

In conclusione

Insomma, tutti gli elementi convergono nel dirci che l’Italia necessità di interventi di diverso tipo per completare la copertura: con interventi pubblici anche nelle aree grigie (e nelle nuove aree bianche), voucher, nuove regole (Agcom).

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