Programmazione europea

Fondi Ue 2021-2027 per l’innovazione: così l’Italia si gioca il futuro

L’obiettivo della programmazione dei fondi Ue 2021-2027 dovrà essere quello di incentivare i settori innovativi e di investire per stimolare il potenziale innovativo dei territori e metterlo al servizio dell’economia regionale e nazionale. Se così non sarà, il Paese sarà destinato a un ulteriore declino

Pubblicato il 18 Lug 2019

Domenico Marino

Università Degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria

fondi ue

Quella della programmazione dei fondi europei 2021-2027 potrà essere l’occasione per incrementare la spesa in ricerca e sviluppo che, in Italia, è sempre stata la cenerentola fra tutte le spese di investimento, con la conseguenza di aver relegato il Paese nelle retrovie della competitività europea e globale.

In particolare, l’obiettivo della programmazione dovrà essere quello di incentivare i settori innovativi e di investire al fine di stimolare il potenziale innovativo dei territori per metterlo al servizio dell’economia regionale e nazionale.

Una definizione delle priorità, insomma, che tenga conto della situazione dell’Italia che, secondo il Quadro europeo di valutazione dell’innovazione 2019, ha un tasso d’innovazione inferiore alla media Ue e per questo è considerata un “innovatore moderato”. Le regioni nel complesso hanno dato segnali, sia pur deboli, di capacità innovativa, ma ad oggi solo il Friuli Venezia Giulia risulta ora essere un “innovatore forte” in Europa.

L’Europa punta su ricerca e sviluppo

La prossima programmazione europea 2021-2027 punterà su ricerca e sviluppo molto più della 2014-2020. Attualmente l’Italia spende 6,7 miliardi di risorse legate alle politiche di coesione (4 miliardi dalle casse Ue, 2,7 da quelle nazionali) in ricerca e innovazione. La nuova programmazione complessivamente sarà di 272 miliardi di euro. Di questi, 226 miliardi per il FESR e 46 miliardi di euro per il Fondo di coesione. Questi investimenti dovranno essere concentrati su 5 obiettivi tematici:

  1. sviluppo innovativo, intelligente e inclusivo, connettività, sviluppo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, amministrazione pubblica efficiente;
  2. un’Europa più verde, a basse emissioni di carbonio e resiliente, transizione energetica, investimenti verdi e blu, l’economia circolare, l’adattamento ai cambiamenti climatici e la prevenzione dei rischi, nonché l’economia circolare;
  3. un’Europa più interconnessa migliorando la mobilità;
  4. un’Europa più sociale e inclusiva che attua il pilastro europeo dei diritti sociali;
  5. un’Europa più vicina ai cittadini, promuovendo lo sviluppo sostenibile e integrato delle città e delle altre aree non urbane, attraverso iniziative locali.

Il Regolamento prevede che le Regioni (a seconda del grado di sviluppo) dovranno concentrare una percentuale predefinita di risorse due dei cinque obiettivi: sviluppo innovativo (OT1) e ambiente (OT2).

Questo significa che:

a) le regioni più sviluppate dovranno concentrare il 50% in OT1 e il 30% in OT2;

b) le regioni in transizione dovranno concentrare il 40% OT1 e il 30%OT2;

c) le regioni meno sviluppate dovranno concentrare il 30% OT1 e il 30% OT1.

Questo nuovo Regolamento afferma, quindi, un principio fondamentale: che gli investimenti nello sviluppo innovativo, intelligente ed inclusivo devono costituire la parte prevalente degli investimenti programmati, soprattutto con riferimento alle regioni avanzate e in ogni caso non potranno essere inferiori al 30% con riferimento alle regioni meno sviluppate. Traducendo in numeri, stiamo parlando di circa 100 miliardi di euro.

Perché l’Italia non è tra gli innovatori “forti”

Il fatto che l’Italia nel complesso non sia un innovatore forte denota un fallimento di fondo delle politiche strutturali e di sviluppo regionale. Perché un paese che non innova o innova poco è un paese che perde competitività e la perdita di competitività è l’anticamera del declino.

Per l’Italia, quindi, la prossima programmazione sarà fondamentale. Oggi la mancanza di innovazione ci ha fatto perdere capacità competitiva e ci ha spinto verso una situazione di declino dalla quale, se non si interviene subito, sarà difficile sollevarsi, anche a causa delle politiche ordinarie del governo che hanno privilegiato la spesa assistenziale sulla spesa di investimento e del peso del debito pubblico che costituisce un vincolo alla possibilità stessa di investire.

Occorre, allora, avere il coraggio di investire sull’innovazione attraverso progetti ambiziosi, coordinati e con respiro ampio. Bisogna pensare a grandi progetti rivoluzionari a cui assegnare risorse sufficienti evitando di usare le risorse a scopi clientelari distribuendoli a pioggia e disperdendoli in mille rivoli. Il vizio di fondo delle passate programmazioni dei Fondi strutturali è stato anche questo e il risultato evidente è stata la scarsa qualità e quantità dell’innovazione prodotta dal sistema Italia.

Riconoscere gli errori del passato per migliorare il futuro

Riconoscere gli errori del passato è sicuramente il primo passo per evitare di commetterli nuovamente in futuro ed è, quindi, auspicabile che la Programmazione 2012-2027 faccia tesoro di queste analisi e programmi in maniera più accorta ed efficiente.

Perdere competitività e capacità innovativa oggi è molto pericoloso. Trent’anni fa una perdita di competitività produceva effetti ritardati sul PIL anche di decenni. Oggi la perdita di competitività si riflette quasi in tempo reale sul PIL. Difatti l’Italia è un paese che cresce poco, uno degli ultimi in termini di velocità di sviluppo in Europa e tra i paesi avanzati.

La programmazione 2021-2027 deve essere l’occasione per invertire la rotta e per avviare un percorso di crescita dell’innovazione e di crescita della competitività. Se non sfrutteremo questa occasione il nostro futuro sarà caratterizzato dalla parola declino!

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