La diffusione plurale di opinioni, idee ed informazioni è da sempre collegata indissolubilmente alla corretta evoluzione democratica delle società.
È solo attraverso la virtuosa e plurale circolazione delle notizie che il singolo assume la veste di cittadino consapevole delle dinamiche della collettività di cui fa parte e partecipa attivamente al processo di individuazione ed elezione dei propri rappresentanti. L’informazione, infatti, intesa come risultato di una dinamica conoscitiva, diviene elemento di interpretazione e di connessione del singolo con la comunità di riferimento ponendosi come elemento indispensabile del processo evolutivo della personalità del singolo e al contempo strumento coessenziale al sistema democratico.
Alla luce della importanza del pluralismo informativo e nonostante il rilievo dei recenti strumenti di regolamentazione, basati su una fattiva e fondamentale collaborazione tra operatori del mercato e Autorità, è indubbio che nel nuovo panorama digitale risulti necessario un ripensamento della complessa rete di regole che ruotano intorno alle categorie “tradizionali” della comunicazione e dell’informazione politica.
Il pluralismo informativo come pilastro della società
Come abbiamo già evidenziato, il pluralismo informativo, l’obiettività e l’imparzialità dei dati forniti rappresentano pilastri fondamentali di ogni società; valori da preservare e da tutelare per la relativa evoluzione in senso democratico.
Il fondamentale processo diffusivo descritto ha subito, tuttavia, come è ampiamente noto, una forte e radicale trasformazione in seguito alla diffusione di Internet e all’utilizzo sempre più pervasivo delle piattaforme social non solo come mezzo di comunicazione, ma anche e soprattutto come strumento di informazione. Il rapporto redatto dall’Autorità Garante per le comunicazioni sul consumo di notizie, infatti, evidenzia che “la dieta informativa degli Italiani è caratterizzata da uno spiccato fenomeno di cross-medialità, che oramai riguarda oltre i tre quarti della popolazione”[1].
Nonostante la televisione rimanga ancora il mezzo di diffusione prevalente ed il più attendibile nella percezione dell’utenza, la forza informativa della Rete risulta essere in continua ascesa, posizionandosi al secondo posto per frequenza di accesso con finalità informative.
È evidente che tale profonda trasformazione nelle abitudini di consumo delle informazioni si rifletta inevitabilmente sulle modalità attuali di formazione della volontà collettiva e di conseguenza sull’intero funzionamento del sistema democratico. Ciò è dovuto al fatto che il punto nevralgico del cambiamento in atto è rappresentato da un mezzo, la Rete, le cui caratteristiche peculiari ed esclusive hanno rimodellato alla radice le tradizionali modalità di diffusione e di acquisizione delle notizie. Come evidenziato dall’Agcom, infatti, dinanzi all’aumento costante di soggetti che ricercano notizie in Rete[2] si è assistito ad una profonda modificazione dell’offerta da parte delle testate digitali, che si affidano sempre più alle piattaforme di condivisione per veicolare le proprie notizie con metodi diffusivi peculiari – in primis i video online – che influenzano a loro volta notevolmente il livello qualitativo delle informazioni diffuse favorendo tra gli utenti il sorgere di “una certa confusione nel consumo di informazione tanto che le hard news (notizie di attualità, politica, cronaca, ecc.) tendono a confondersi sempre più con le soft news (ad esempio relative al gossip)”.
Tale fenomeno di commistione a sua volta favorisce ulteriori meccanismi di diffusione di notizie di tipo non trasparente che, sfruttando il carattere “liquido” della Rete finiscono con il “contaminare” l’informazione professionale ed alterare il normale processo di formazione della volontà del singolo.
In tale ottica assumono particolare rilievo, in primo luogo, le attività di profilazione realizzate dai social network attraverso il monitoraggio delle preferenze espresse e dei contenuti condivisi dai propri utenti. Dinanzi a tali piattaforme che rischiano di divenire, soprattutto per le nuove generazioni, le prevalenti se non uniche porte di accesso alle notizie di attualità, i soggetti, infatti, si pongono in una condizione di “recepimento passivo e non neutrale” delle informazioni diffuse.
Tale situazione è strettamente connessa a due aspetti caratteristici di tali strumenti di comunicazione.
Il primo è rappresentato dal carattere tipico dei siti di condivisione che spingono gli utenti a diffondere dati e notizie che ritengono non solo personalmente rilevanti, ma molto spesso accattivanti al fine di ottenere il consenso del proprio bacino di amici/conoscenti. La ricerca dell’approvazione, inoltre, è di carattere reciproco e pone al contempo il singolo in una condizione di acquisizione passiva delle informazioni immesse dalla propria rete di contatti che al pari del primo è alla ricerca di conferme delle proprie idee e convinzioni.
L’assenza di neutralità, invece, si ricollega al secondo elemento caratteristico dei social network rappresentato dalla pretestuosa gratuità dei servizi da essi erogati che nasconde di fatto l’esistenza di una moneta di scambio tipica del panorama digitale: il dato personale. L’impiego di algoritmi sempre più complessi, finalizzati al trattamento del massiccio numero di informazioni personali immesse volontariamente dall’utente ovvero reperite attraverso monitoraggi tendenzialmente non trasparenti delle attività svolte, si traduce sul versante della diffusione delle notizie nell’organizzazione mirata e personalizzata delle informazioni che compaiono all’interno bacheche personali ovvero nella presenza di annunci sponsorizzati in base alla precedenti preferenze ed abitudini espresse dal soggetto.
Echo chamber: dove non esiste la realtà dei fatti
Tale duplice meccanismo porta alla creazione delle cosiddette “echo-chambers”: contesti virtuali solo apparentemente liberi e plurali, “dove non esiste la verità dei fatti, perché ciascuno ha selezionato e riceve solo le notizie e i commenti con i quali concorda a priori”[3].
Declinato nel panorama della competizione elettorale, tale fenomeno introduce l’ingannevole certezza di poter usufruire di informazioni provenienti da una pluralità di fonti diverse, con la conseguenza di un inevitabile processo di rafforzamento delle convinzioni personali ed una limitata possibilità di evoluzione del proprio pensiero attraverso una valutazione critica delle possibili alternative.
Il secondo fenomeno di rilievo è rappresentato, invece, dai molteplici tentativi di alterazione del circuito informativo, soprattutto in vista di appuntamenti elettorali, attraverso la malevola diffusione di campagne di disinformazione. Come è stato efficacemente indicato dalla Commissione Europea nella Comunicazione COM(2018) 236 espressamente dedicata a tali episodi e ai metodi per contrastarli[4], la disinformazione si sostanzia in una “informazione rivelatasi falsa o fuorviante concepita, presentata e diffusa a scopo di lucro o per ingannare intenzionalmente il pubblico, e che può arrecare un pregiudizio pubblico”. La peculiarità delle ormai note fake news consiste nel fatto che molto spesso pur partendo da una notizia veritiera o tendenzialmente tale, l’informazione che ne deriva risulta essere il frutto di un processo di decontestualizzazione e di dolosa alterazione degli aspetti fondamentali dell’evento descritto. Assolutamente lontane dalla legittima diffusione di informazioni di interesse della collettività, tali false notizie sono inserite all’interno del circuito informativo al fine di “distrarre e dividere, insinuare il seme del dubbio distorcendo e falsando i fatti, al fine di disorientare i cittadini minando la loro fiducia nelle istituzioni e nei processi politici consolidati”. Si tratta pertanto di un espediente che, sfruttando l’enorme capacità di penetrazione delle informazioni che circolano in Rete, mira ad orientare il voto delle masse e al contempo sfiduciare le istituzioni violando il principio cardine della libera formazione della coscienza politica che è alla base del vivere democratico.
Elezioni e disinformazione: i rimedi adottati a livello europeo e nazionale
Consapevole di tali fenomeni che rischiano di alterare inevitabilmente il normale processo evolutivo di formazione della coscienza politica all’interno del nuovo panorama digitale, l’Unione europea in vista delle elezioni tenutesi nel maggio 2019 ha predisposto un vero e proprio piano d’azione in materia di disinformazione al fine di proteggere i sistemi democratici nazionali dagli effetti distorsivi delle fake news. Tale progetto ha previsto, tra le tante iniziative, la creazione in primo luogo del Rapid Alarm Sistem, un sistema di allarme rapido tra le istituzione dell’UE e gli Stati membri con l’obiettivo di facilitare la condivisione e quindi la conoscenza a livello sovranazionale dell’esistenza di campagne di disinformazione[5].
Basato su un sistema di circolazione dei dati di tipo open-source, il meccanismo di allerta prevede il coinvolgimento di accademici, di professionisti incaricati di verificare la veridicità delle informazioni diffuse (fact- checkers), nonché degli stessi social network al fine di individuare soluzioni condivise e di contrastare la diffusione di notizie false. Inoltre, in seguito all’adozione della Comunicazione n. 236 dell’aprile 2018[6], è stato adottato l’ “EU Code of Practice on Disinformation” grazie al quale per la prima volta società come Facebook, Twitter e da ultimo Microsoft hanno deciso di impegnarsi direttamente nella previsione di “meccanismi di protezione dalla disinformazione e di garantire trasparenza per quanto riguarda i messaggi pubblicitari di natura politica e le campagne di sensibilizzazione, anche al fine di permettere agli utenti di capire perché sono stati oggetto di un determinato messaggio pubblicitario”. Le azioni messe in atto da tali provider sono a loro volta oggetto di un meccanismo di monitoraggio realizzato congiuntamente dalla Commissione Europea e dallo European Regulators Group for Audiovisual Media Services, (ERGA) al fine di valutare l’efficacia delle misure di prevenzione e di reazione adottate da tali società, nonché di individuare possibili soluzioni alternative.
Anche a livello nazionale la necessità di garantire un processo consapevole e neutrale di formazione del consenso basato sulla diffusione plurale delle informazioni ha spinto all’individuazione di strumenti ad hoc che consentano di contrastare efficacemente i sempre più diffusi fenomeni di disinformazione veicolati mediante l’utilizzo delle piattaforme digitali. In tale ambito, assume particolare rilievo la creazione nel 2017 del Tavolo tecnico per la garanzia del pluralismo e della correttezza dell’informazione sulle piattaforme digitali promosso dall’ Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni [7]. Istituito con delibera 423/17/CON tale iniziativa nasce con l’obiettivo di garantire momenti di confronto tra le piattaforme digitali che offrono servizi di social network e motori di ricerca, gruppi editoriali nel settore della stampa e degli audiovisivi, nonché esperti del panorama dei media e dell’informazione al fine di accertare tempestivamente situazioni potenzialmente lesive e manipolative dell’opinione pubblica e favorire un processo di autoregolamentazione e di diffusione di best practises in tale ambito. Allo stesso tempo, in vista degli appuntamenti elettorali del 2018 per l’elezione dei rappresentati del Parlamento italiano e del 2019 per le elezioni europee, l’Agcom ha proceduto anche all’adozione di due distinte linee guida dirette alle società esercenti le piattaforme on line al fine di incentivare l’adozione di strumenti peculiari per contrastare i fenomeni di disinformazione e garantire per quanto possibile il pluralismo delle informazioni durante le campagne elettorali[8].
I risultati della Relazione sull’attuazione del piano d’azione contro la disinformazione del 2019
Nonostante gli sforzi profusi a livello sovranazionale e nazionale, la Relazione sull’attuazione del piano d’azione contro la disinformazione presentata dall’Alto Rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la politica di sicurezza il 14 giugno 2019[9] ha evidenziato l’esistenza di meccanismi esterni ed interni di manipolazione del voto in occasione di importanti appuntamenti elettorali europei svoltisi negli ultimi anni. In particolare, sono state intercettate “attività di disinformazione continue e sostenute da parte di fonti russe, finalizzate a frenare l’affluenza degli elettori alle urne e a influenzarne le preferenze. Tali attività hanno riguardato un’ampia gamma di argomenti, spaziando dalla messa in discussione della legittimità democratica dell’Unione all’utilizzo di dibattiti pubblici a effetto disgregante su temi come la migrazione e la sovranità”.
Avvenimenti come l’incendio della cattedrale di Notre Dame a Parigi, ad esempio, sarebbero stati utilizzati come “prova” del declino dei valori cristiani ed occidentali nell’UE e notizie di cronaca interna sarebbero state, invece, strumentalizzate per influenzare il referendum relativo all’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea nonché altre competizioni elettorali svoltesi nell’ultimo quinquennio negli Stati membri[10]. Molteplici, inoltre, sono state le pratiche di click baiting la cui principale funzione consiste nell’attirare il maggior numero possibile di utenti su determinati siti mediante l’utilizzo di titoli volutamente sensazionali e distorsivi di avvenimenti realmente accaduti, nonché la creazione di profili falsi al fine di promuovere specifiche correnti politiche o di favorire campagne d’odio.
In altri termini, i dati confermano che nonostante vi sia una maggiore consapevolezza del potenziale impiego distorsivo dei social network nel processo di formazione della coscienza degli elettori, l’uso strumentale e non veritiero delle vicende di interesse della collettività connesso al carattere virale delle informazioni che circolano in Rete rappresenta un pericolo attuale e di complessa soluzione. Accanto al necessario coinvolgimento e a una tendenziale responsabilizzazione delle piattaforme e dei soggetti operanti nel settore dei media e dell’informazione, diviene fondamentale riflettere sulla previsione di regole adeguate ed effettivamente efficaci in uno scenario in perenne evoluzione, influenzato sempre più dall’immediatezza, interattività ed a-territorialità dei mezzi trasmissivi delle informazioni.
Questo soprattutto con riferimento ad un momento cruciale per la vita degli elettori quale quello relativo alla fase immediatamente precedente all’esercizio del diritto di voto.
I limiti dell’attuale quadro normativo italiano
Tale valutazione assume particolare rilievo all’interno di un panorama come quello italiano in cui la disciplina in materia di accesso ai mezzi di informazione durante le campagne elettorali risale ad un periodo in cui sole poche famiglie disponevano di un computer, ancor meno erano quelle che usufruivano di un accesso alla Rete Internet.[11] È evidente che in un contesto profondamente ed irrimediabilmente modificato, le norme dettate dalla legge n.28 del 2000 e destinate agli strumenti di diffusione tradizionali come stampa, radio e televisione, non si prestano ad una semplice estensione analogica.
Come è ampiamente noto, infatti, la legge in materia di par condicio distingue tra comunicazione politica ed attività di informazione.
Nella prima categoria rientrano i programmi contenenti opinioni e valutazioni di carattere politico, come tavole rotonde, interviste e tribune, per la cui diffusione ai sensi dell’art. 2 comma 3 i mezzi radiotelevisivi sono tenuti a garantire parità di accesso e di condizioni ai soggetti che espongono idee e posizioni politiche diverse secondo i principi dell’equal time rule e del balanced point of view.
I programmi di informazione, invece, ai sensi dell’art. 11 ter della l. 313/2003 ricomprendono: “[…]il telegiornale, il giornale radio e comunque il notiziario o altro programma di contenuto informativo, a rilevante presentazione giornalistica, caratterizzato dalla correlazione ai temi dell’attualità e della cronaca”. Come sottolineato dalla Corte Costituzionale con sentenza n.115/2002, la “diffusione di notizie” deve essere intesa in tale ambito nella sua portata “più ampia, comprensiva quindi della possibilità di trasmettere notizie in un contesto narrativo-argomentativo ovviamente risalente alla esclusiva responsabilità della testata”.
Tali programmi durante il periodo elettorale sono tenuti al più rigoroso rispetto dei principi di parità di trattamento, obiettività, completezza ed imparzialità dell’informazione, così come stabilito dagli articoli 3 e 7 del Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici[12], ma non sono sottoposti a differenza dei primi al criterio della ripartizione matematicamente paritaria degli spazi attribuiti. Ai conduttori e ai registri dei programmi è richiesto, inoltre, di assumere un comportamento corretto ed imparziale con il divieto esplicito di fornire, in maniera diretta o indiretta, indicazioni di voto ovvero di esercitare in forma surrettizia un’influenza sulla libera scelta di voto degli elettori. Il controllo del rispetto di tali limiti è, infine, affidato ai sensi della legge n. 249 del 1997 e del D.Lgs. n. 177 del 2005 all’Agcom mediante una penetrante attività di monitoraggio dei contenuti trasmessi dalle piattaforme televisive e radiofoniche che assume connotazioni diverse a seconda del periodo elettorale o meno e delle finalità perseguite.
Analizzando il quadro normativo succintamente descritto risulta evidente che tale disciplina non può trovare attuazione nel panorama dei social network e dei motori di ricerca, anche alla luce del fatto che il legislatore nulla dispone in materia per le piattaforme digitali.
Consapevole di tale limite e al contempo dell’importanza crescente della diffusione delle informazioni e dei dati di carattere politico tramite la Rete Internet, l’Autorità Garante in occasione delle elezioni come anticipato ha adottato due specifiche linee guida dirette alle società esercenti le piattaforme on line richiedendo a quest’ultime in particolare di adottare meccanismi ad hoc per segnalare e rimuovere contenuti illeciti e strumenti di fact-checking idonei ad assicurare una tempestiva ed efficace tutela degli utenti.
Nonostante il rilievo di tali strumenti di regolamentazione è indubbio che nel nuovo panorama digitale occorra ripensare la complessa rete di norme che regolano le categorie “tradizionali” della comunicazione e dell’informazione politica. Si pensi ad esempio all’obbligo del silenzio elettorale di cui all’art. 9 della legge del 1956 n. 212 e successive integrazioni[13], che come è noto, pone il divieto alle emittenti radiotelevisive private di effettuare propaganda elettorale nel giorno precedente ed in quelli previsti dalle elezioni, nonché al divieto di cui all’art. 8 della legge n.28/2000 di diffondere nei quindici giorni precedenti la data delle votazioni i risultati di sondaggi demoscopici sull’esito delle elezioni e sugli orientamenti politici e di voto degli elettori.
Riletti alla luce dei social network e dei motori di ricerca tali divieti risultano di scarsa efficacia, se non addirittura impraticabili. L’effetto virale connesso alle attività di condivisione e di commento (anche critico) ai post di natura politica e propagandistica risulta particolarmente evidente proprio nei giorni immediatamente precedenti alle elezioni, rendendo i social network la piazza ideale per “conquistare” i voti degli elettori indecisi. In netta antitesi con gli obiettivi perseguiti dal silenzio elettorale, infatti, il “brusio” politico sulle piattaforme on line raggiunge in quei giorni i suoi massimi livelli ed elevato è il rischio di fenomeni di disinformazione.
Da quanto evidenziato, quindi, la lotta alla disinformazione e all’alterazione dei circuiti informativi nel panorama digitale richiede ancora il compimento di notevoli passi in avanti in termini di coinvolgimento dei soggetti che operano in Rete, delle Istituzioni e delle Autorità di controllo con interventi condivisi sia a livello europeo, sia a livello nazionale. Inoltre, diviene sempre più urgente l’introduzione di regole ad hoc destinate a disciplinare lo scenario digitale almeno nella fase più delicata nella vita di un cittadino attivamente coinvolto come quella relativa alle campagne elettorali.
Solo in questo modo il voto espresso degli elettori potrà realmente considerarsi il frutto di una decisione libera, consapevole e soprattutto non dolosamente alterata così come richiesto in una società democratica.
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- Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni, Rapporto sul consumo di informazione, febbraio 2018, p.50. ↑
- Sul punto cfr. Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, delibera 19/14/CONS intitolata “Indagine conoscitiva sul settore dei servizi Internet e sulla pubblicità online – Il consumo di informazione e la comunicazione politica in campagna elettorale”. ↑
- Treccani, definizione “echo –chamber” http://www.treccani.it/vocabolario/echo-chamber_%28Neologismi%29/ Sul punto cfr. A. Papa, ”Democrazia della comunicazione” e formazione dell’opinione pubblica, in Federalismi.it, 1/2017. ↑
- COM(2018) 236, Commissione Europea, Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni, Contrastare la disinformazione online: un approccio europeo. ↑
- Rapid alert system strengthening coordinated and joint responses to disinformation https://eeas.europa.eu/sites/eeas/files/ras_factsheet_march_2019_0.pdf ↑
- COM/2018/236, Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni, Contrastare la disinformazione online: un approccio europeo. ↑
- Delibera n. 423/17/CONS, Istituzione di un tavolo tecnico per la garanzia del pluralismo e della correttezza dell’informazione sulle piattaforme digitali adottata il 6 novembre 2017. ↑
- Si fa riferimento alle “Linee guida per la parità di accesso alle piattaforme online durante la campagna elettorale per le elezioni politiche 2018” e al documento recante “Impegni assunti dalle società esercenti le piattaforme on line per garantire la parità di accesso dei soggetti politici alle piattaforme digitali durante la campagna elettorale per le elezioni dei membri del Parlamento europeo 2019 spettanti all’Italia”. ↑
- JOIN(2019) 12 final,, Comunicazione congiunta al Parlamento europeo, al Consiglio europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni recante R*elazione sull’attuazione del piano d’azione contro la disinformazione,. ↑
- Tali dati sono stati ricavati dalla Task force East StratCom creata in seguito al Consiglio europeo del 19 e 20 marzo 2015, per contrastare le campagne di disinformazione in corso soprattutto da parte della Russia. Sul punto consultare: https://euvsdisinfo.eu/ ↑
- Legge 22 febbraio 2000, n. 28 “Disposizioni per la parità di accesso ai mezzi di informazione durante le campagne elettorali e referendarie e per la comunicazione politica” modificata ed integrata con legge n. 313 del 2003 “Disposizioni per l’attuazione del principio del pluralismo nella programmazione delle emittenti radiofoniche e televisive locali”. ↑
- Decreto Legislativo n. 177 del 2005 recante Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici. ↑
- Legge 4 aprile 1956, n. 212 recante Norme per la disciplina della propaganda elettorale. ↑