Decreto crescita

Fintech, l’Italia sposa l’idea sandbox: ecco gli impatti

L’Italia diventa il sesto Paese Ue a introdurre la possibilità di creare delle “sandbox” regolatorie per il settore Fintech. Vediamo i contenuti della norma e gli aspetti peculiari, tra cui i nuovi poteri delle Autorità dei settori coinvolti e le novità in materia di disciplina delle Initial Coin Offering

Pubblicato il 15 Lug 2019

Massimiliano Nicotra

avvocato Senior Partner Qubit Law Firm

fintech

Con la legge di conversione del Decreto Crescita 2019 (legge 28 giugno 2019, n. 58) è stata introdotta la possibilità di creare delle sandbox regolatorie nel settore fintech, così da poter incentivare la creazione e promozione di attività imprenditoriali e soluzioni tecnologiche in tale settore.

Già dal 2017 avevamo evidenziato come (soprattutto per tecnologie emergenti come la blockchain) un corretto approccio di politica legislativa fosse quello della sandbox regolamentare, approccio che era stato evidentemente ripreso dalla Consob nel documento posto in consultazione sulla regolamentazione delle “crypto-attività”.

Con l’introduzione di alcuni commi aggiuntivi all’art. 36 del decreto crescita la legge di conversione ha ora delegato espressamente il Ministero dell’Economia e delle Finanze, sentite le autorità di vigilanza del settore bancario (Banca d’Italia), finanziario (Consob) ed assicurativo (IVASS), ad emanare entro 180 giorni uno o più regolamenti per definire le condizioni e le modalità di svolgimento di una sperimentazione in tali settori volte a favorire l’innovazione tramite l’utilizzo delle nuove tecnologie tra le quali l’intelligenza artificiale e le tecnologie a registri distribuiti (DLT, tra cui la blockchain).

I criteri per l’adozione dei regolamenti

I criteri con cui tali regolamenti devono essere adottati devono essere conformi al principio di proporzionalità previsto dall’Unione Europea, e sono relativi:

  • ad un periodo di durata massima della sperimentazione di diciotto mesi;
  • a requisiti patrimoniali ridotti;
  • ad adempimenti semplificati e proporzionati rispetto l’attività che si vuole intraprendere;
  • tempi ridotti per le procedure amministrative; e) definizione di perimetri specifici di operatività.

I regolamenti stabiliranno anche i requisiti soggettivi (tipologia di enti ammessi – anche in deroga alle forme societarie previste dalla legislazione bancaria, finanziaria ed assicurativa – requisiti di professionalità degli esponenti aziendali) ed oggettivi (requisiti patrimoniali, governance e gestione del rischio, eventuali garanzie finanziarie) che dovranno avere i soggetti ammessi alla sperimentazione, nonché gli specifici obblighi informativi rivolti agli utenti e consumatori e l’iter per proseguire in via ordinaria l’attività al termine del periodo di sperimentazione.

E’ inoltre previsto che le misure, che hanno carattere temporaneo, possano essere differenziate a seconda dei casi specifici, e devono comunque garantire l’adeguata informazione dei consumatori ed investitori ed il corretto funzionamento del mercato.

Ovviamente, l’ammissione alla sperimentazione non comporta il rilascio di autorizzazioni per attività diverse, soprattutto riservate a determinati soggetti, e viene comunque dato ampio potere alle singole autorità di regolamentazione di adottare le iniziative più adeguate al fine dello svolgimento della sperimentazione, anche autorizzando temporaneamente i soggetti che abbiano completato la stessa ad operare sui mercati, in attesa degli eventuali adeguamenti normativi.

Gli aspetti peculiari della norma

Sintetizzati così i contenuti della norma è opportuno soffermarsi su taluni aspetti peculiari. Innanzitutto, non si può non accogliere con favore la circostanza che la “sandbox” sia prevista non in favore di determinate categorie di soggetti (startup piuttosto che PMI innovative), ma in relazione alle attività che si intendono svolgere. Ciò significa che possono avvalersi del periodo di sperimentazione anche soggetti che operano già sui mercati presi in considerazione (come banche ed altri intermediari) i quali vogliano eventualmente proporre forme innovative di servizi nei mercati di riferimento al di fuori del perimetro oggi consentito loro dalle norme.

Un altro elemento che deve essere sottolineato è che la creazione della “sandbox” regolatoria non significa una completa deregolamentazione del settore, ma, replicando la forma già adottata in alcuni Paesi, comporta comunque la necessità di ottenere un’autorizzazione da parte dell’Autorità di vigilanza competente a poter prestare – per un periodo di tempo definito – determinati servizi innovativi sui mercati, comunque prestando garanzie di affidabilità verso gli utenti. E’ ovvio poi dalla lettura della norma che i soggetti autorizzati alla sperimentazione vengono sottoposti alla vigilanza dell’Autorità, che avrà quindi il potere di intervenire in ogni momento a garanzia degli utenti e del mercato.

Di grande rilevanza è anche la previsione della nuova norma secondo la quale, in attesa degli eventuali adeguamenti legislativi necessari a consentire la prosecuzione dell’attività dei soggetti che hanno terminato con successo il periodo di sperimentazione, le stesse Autorità di vigilanza possono comunque autorizzare temporaneamente tali soggetti ad operare direttamente sul mercatosulla base di un’interpretazione aggiornata della legislazione vigente specifica del settore”. Viene dato, quindi, il potere a Banca d’Italia, Consob e IVASS di interpretare le norme in maniera evolutiva, quasi riconoscendo la debolezza dell’iter legislativo ordinario in materia di servizi innovativi e non volendo che la complessità e lentezza del processo di formazione delle leggi possa trasformarsi in un freno all’adozione e sviluppo di nuove soluzioni per servizi in tali settori.

Caratteristiche delle “sandbox” nella Ue

Con la previsione in commento l’Italia diventa il sesto Paese in Unione Europea ad adottare tale approccio di politica legislativa per il settore Fintech (gli altri sono il Regno Unito, la Polonia, l’Olanda, la Lituania e la Danimarca), mentre altri Paesi (Norvegia, che fa parte dell’area Schengen, Spagna, Ungheria e Austria) hanno annunciato di voler adottare il medesimo approccio entro la fine del 2019.

Come evidenziato nel “joint report” pubblicato dalle Autorità di supervisione europee (ESMA, EBA e EIOPA) su mandato della Commissione Europea nell’ambito del FinTech Action Plan le sandbox regolatorie nel settore della “tecnofinanza” hanno quasi tutte le medesime caratteristiche:

  • non sono limitate ad un particolare settore finanziario ma sono multisettoriali;
  • sono aperte agli operatori già presenti sul mercato, a nuovi soggetti che intendono entrarvi nonché a soggetti misti (ossia società tecnologiche che collaborano con istituzioni finanziarie);
  • in quanto all’oggetto non sono limitate alla sperimentazione di servizi finanziari, ma possono includere prodotti e servizi che abilitano o facilitano l’erogazione di servizi o l’adempimento di obblighi regolatori;
  • non ammettono, anche in fase sperimentale, l’esercizio delle attività senza un’apposita autorizzazione;
  • non comportano la disapplicazione di obblighi normativi che devono essere applicati sulla base della normativa europea o nazionale, ma prevedono l’applicazione proporzionale dell’esercizio dei poteri di vigilanza in relazione all’applicazione dei requisiti normativi durante il periodo di sperimentazione;
  • stabiliscono alcuni requisiti che devono essere rispettati dai partecipanti alla sperimentazione;
  • non sono limitate ad alcune specifiche innovazioni di tipo finanziario, ma richiedono comunque ai partecipanti di dimostrare il grado di innovazione delle soluzioni proposte;
  • impongono dei parametri di test, da valutare caso per caso, per consentire la partecipazione alla sperimentazione;
  • prevedono un’uscita controllata dalla “sandbox” con continuazione o interruzione dell’attività.

E’ importante sottolineare il quarto e il quinto punto: l’istituzione della sandbox, infatti, non ha quale finalità quella di derogare alle norme in materia di autorizzazioni e licenze: se, ad esempio, un soggetto intende svolgere un’attività, con caratteristiche innovative, che però ricade tra quelle per le quali è previsto il rilascio di un’autorizzazione (come l’attività bancaria), tale soggetto dovrà comunque ottenere detta autorizzazione. La differenza risiede nel fatto che nella fase sperimentale l’Autorità di vigilanza potrà applicare in maniera graduale alcuni dei requisiti previsti per l’esercizio di questa attività (come ad esempio il capitale di vigilanza o le procedure di gestione dei rischi). Per alcune attività, invece, che non richiedono autorizzazione ma che si pongono a servizio di attività riservate è normalmente richiesto che il soggetto che voglia avviare la sperimentazione presenti la richiesta congiuntamente ad un soggetto “tradizionale” sottoposto a vigilanza.

Obiettivi della sandbox

Obiettivo della sandbox, individuato in gran parte dei Paesi che le hanno adottate, è da una parte quello di far accrescere la comprensione delle sfide e degli approcci più corretti all’introduzione delle soluzioni innovative nei mercati regolamentati da parte delle Autorità di vigilanza – ed è a tal fine che l’art. 36 al comma 2 septies e 2 octies prevede la redazione di appositi report annuali da parte di Banca d’Italia, Consob e IVASS sul settore Fintech nonché l’istituzione di un Comitato Fintech presso il Ministero dell’Economia e delle finanze – e, dall’altra parte, quello di accompagnare i nuovi attori all’interno del settore regolamentato, facendo sì che essi prendano gradualmente confidenza con le regole prudenziali e di vigilanza che vigono per tali settori, dando così maggior tempo per adeguarsi, soprattutto per servizi che, per loro natura, potrebbero anche essere non facilmente assoggettabili alla serie di controlli stabiliti in tali ambiti (si pensi, ad esempio, agli obblighi di trasparenza, accountability, gestione dei conflitti di interesse che vigono in ambito finanziario e che tecnologie quali l’intelligenza artificiale potrebbero, anche inconsapevolmente da parte degli utilizzatori, violare o non riuscire a soddisfare).

Un’ultima riflessione, a livello generale, deve essere compiuta in merito alla tutela degli investitori e consumatori. Il report congiunto delle Autorità di supervisione ha già individuato alcuni punti fermi che devono essere presi in considerazione da tale punto di vista.

Essi comprendono:

  • una comunicazione chiara che evidenzi la natura sperimentale dei servizi in modo che i consumatori possano assumere decisioni ben informate relativamente all’oggetto della proposta;
  • parametri di test per la mitigazione del rischio, compresi test di adeguatezza sulla propensione del rischio dei clienti;
  • un chiaro piano di ultimazione della sperimentazione, che specifichi anche come saranno trattati i consumatori in tale evenienza;
  • misure volte a risarcire gli eventuali danni subiti nel contesto della sperimentazione.

Con ampia probabilità i regolamenti che saranno emanati in seguito all’introduzione della norma “sandobox” riprenderanno in larga parte i principi sopra riferiti, comuni alle altre sandbox istituite nei Paesi europei. E’ bene evidenziare che questo strumento ha consentito, ad esempio nel Regno Unito, la realizzazione di una serie di servizi innovativi, incluse tecnologie a registri distribuiti, piattaforme online di gestione di prodotti finanziari per gli utenti e piattaforme per snellire i processi di distribuzione in sede di Initial Coin Offering.

E proprio con riferimento a tale ultima attività non possiamo esimerci dal riprendere quanto già avevamo evidenziato in occasione del commento del documento posto in consultazione dalla Consob in materia di cripto-attività, con cui era stato delineato un framework di riferimento (tramite un meccanismo di doppio opt-in) per coloro che in Italia intendano offrire al pubblico token collegati ad iniziative imprenditoriali: la nuova norma sulle “sandbox” consentirà ora di emanare appositi regolamenti volti a disciplinare anche tali iniziative – sulla scorta, probabilmente, di quanto delineato nel documento Consob – potendo così offrire un maggior grado di certezza giuridica agli imprenditori che vogliano utilizzare tali modalità per reperire capitali e liquidità sul mercato.

Decreto crescita e Fintech, la “sandbox” è un errore: ecco cosa servirebbe davvero

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