Il progetto

Un primo linguaggio comune per le Smart city

Per diffondere l’approccio “smart” nelle città bisogna trovare standard e pratiche condivise fra tutti i protagonisti dell’evoluzione intelligente delle città. Per fondare alternative sostenibili a fronte delle sfide poste dal cambiamento climatico, la questione energetica, la crisi economica. Ad aprile nasce la comunità operativa aperta City Protocol

Pubblicato il 21 Gen 2013

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Se guardiamo alla storia del Web, vediamo che esso è diventato l’ambiente universale e multiforme che conosciamo perché si è stati in grado di bilanciare la necessità di creare standard, protocolli e modelli evolutivi a supporto del suo sviluppo con la libertà, la creatività, la capacità di innovazione degli utenti della rete.

Man mano che appariva evidente la radicale trasformazione che la Rete avrebbe portato, in tanti hanno lavorato per garantire trasparenza, apertura e condivisione nella Rete attraverso la formulazione di un linguaggio comune aperto e tecnologico, sociale ed “etico”: individualmente ed attraverso organismi creati ad hoc, quali ad esempio la Internet Protocol Society.

Oggi si sta delineando una nuova radicale trasformazione del nostro concetto di società intelligente. Disponiamo di tecnologie di Rete con enormi potenzialità di innovazione, cui nei prossimi anni accederanno miliardi di persone e alle quali già da ora sono collegati miliardi di dispositivi; nuove aree del mondo vivono uno sviluppo vertiginoso e incontrollabile proprio nel momento in cui le sfide poste dal cambiamento climatico, la questione energetica, la crisi economica impongono la ricerca di soluzioni alternative, sostenibili economicamente e su scala globale.

Al cuore di questa transizione vi sono le comunità locali e le città; ed è ormai convinzione condivisa da aziende, istituzioni pubbliche, mondo accademico e organizzazioni non governative che sfruttando le potenzialità della Rete le comunità possano trasformarsi radicalmente e diventare il motore di nuove modalità di sviluppo socio-economico.

Negli ultimi anni, il tema “Smart City” è stato ampiamente sollevato in tutto il mondo. Numerose organizzazioni riuniscono già oggi città che hanno intrapreso o desiderano avviare percorsi “smart”; aziende ed enti pubblici hanno avviato riflessioni, predisposto soluzioni, confezionato visioni. In tutto ciò, non si è però ancora imboccata una direzione comune, basata su un concetto condiviso di cosa renda una comunità più intelligente e sostenibile e non si è sviluppata una capacità di replicazione su larga scala di best practices e progetti di riconosciuto valore.

Ciò è avvenuto principalmente per un motivo: i diversi attori coinvolti ancora oggi non “parlano la stessa lingua”. Non esistono modelli, pratiche operative, standard tecnici condivisi e soluzioni specifiche cui fare riferimento; scarseggiano gli strumenti che aiutino le amministrazioni, le imprese, i cittadini, i fornitori di servizi e di reti a collaborare per dare forma alle comunità del futuro in modo aperto, trasparente e collaborativo.

Cisco, GDF Suez e la città di Barcellona – coinvolte in un progetto comune legato alla volontà della città catalana di svilupparsi in modo intelligente – si sono poste tale questione e nel luglio 2012 hanno organizzato un evento, Building Better Cities Together, cui hanno preso parte rappresentanti di oltre 30 città, di varie organizzazioni ed università. Dalle riflessioni emerse nell’ incontro si è avviato un percorso che ha portato nel novembre scorso alla presentazione, in occasione di Smart City Expo a Barcellona, di City Protocol.

City Protocol è una comunità operativa aperta, globale ed in continuo sviluppo che intende sviluppare standard de facto ed approcci operativi condivisi, fornendo ad organizzazioni pubbliche e private gli strumenti operativi per intraprendere percorsi di “trasformazione smart” di città e comunità locali, attraversola disponibilità e la condivisione di standard tecnologici e modelli di business, elementi di certificazione, servizi condivisi tra diverse città, best practices sharing, suggerimenti operativi; così che sfruttando pienamente le potenzialità tecnologiche, si possano realizzare progetti concreti, che coinvolgano imprese, istituzioni e soprattutto la società civile ed i cittadini.

Questo framework viene immaginato, realizzato e gestito nella sua evoluzione da un’organizzazione, la City Protocol Society, che prende espressamente ispirazione dal modello della Internet Protocol Society e accoglie rappresentanti di università, centri di ricerca, aziende e cittadini del mondo. La roadmap prevede che la City Protocol Society sia pienamente attiva a partire da aprile prossimo; è già stato formato uno Steering Committee e vi sono gruppi di lavoro e iniziative per creare chapter nazionali della Society in vari paesi del mondo.

La City Protocol Society, con il contributo di tutti i suoi membri, intende creare un modello di riferimento che aiuti i diversi attori coinvolti nel processo di progettazione, sviluppo e messa in pratica di iniziative smart city a comprendere le rispettive necessità ed esigenze , e poter quindi approdare a soluzioni condivise. In particolare, l’obiettivo è individuare un approccio comune per indirizzare cinque tematiche principali: il quadro di riferimento politico, il quadro normativo, l’attribuzione dei compiti fra gli stakeholder dei progetti, l’attribuzione di responsabilità sulle infrastrutture, la scelta dei modelli di business e dei modelli di accesso a servizi ed opportunità.

Il quadro di riferimento “politico” riguarda l’individuazione delle reali problematiche che le comunità devono affrontare, e delle opportunità che si intendono creare per i suoi membri: questo compito spetterà in primo luogo all’amministrazione pubblica ed al coinvolgimento diretto dei cittadini. Grande attenzione richiederà anche l’analisi del quadro di riferimento normativo, legato agli aspetti legislativi ed alle prassi da considerare nell’ideazione e realizzazione di un progetto, ed anche all’eventuale necessità di intervenire su di essi per favorire l’evoluzione “smart” delle città.

L’attribuzione dei compiti fra i diversi stakeholder comporta l’individuare da quale soggetto – o da quale insieme di soggetti – debba essere guidati lo sviluppo di specifici servizi e infrastrutture. Ad esempio, in una iniziativa in area “smart building”, entrano in gioco i costruttori di un edificio, i gestori real estate, i proprietari, gli occupanti; a seconda degli obiettivi del progetto complessivo, pur facendo in modo che ognuno possa dare il suo contributo, sarà necessario stabilire modelli di riferimento tecnologico, roadmap implementative a la creazione di best practices condivise.

Infine, si devono chiarire i modelli di business da integrare nel progetto che si intende realizzare. Si tratta non solo individuare le opportune scelte per la monetizzazione di nuovi servizi, prodotti, opportunità che vengano erogati, ma anche di immaginare e verificare modelli di consumo, di accesso, di co-sviluppo o co-progettazione. Mai come in questo caso, la possibilità di muoversi in uno scenario condiviso è essenziale e le partnership tra il pubblico ed il privato, magari arricchite da iniziative di crowdsourcing sulle comunità locali, diventano un elemento di successo fondamentale.

L’analisi di tutti questi aspetti è affidata all’attività dei membri che entreranno nella City Protocol Society, producendo indicazioni e indirizzi che, con il contributo prezioso del mondo accademico e della ricerca, verranno analizzati, formalizzati, trasformati in metodologie, processi, modelli operativi resi disponibili in modo libero attraverso un portale; esso sarà organizzato in modo tale da costituire un “arsenale di risorse” che aiuti le amministrazioni, le imprese, i cittadini di tutto il mondo a esprimere il proprio bisogno , di qualsiasi livello sia, e a trovare risposte e informazioni coerenti.

Vera chiave di volta del piano ambizioso che si delinea per la City Protocol Society è il concetto di “openness” e la capacità di coinvolgere, oltre alle istituzioni, alle aziende, all’accademia, un numero sempre crescente di persone: sia come portatori di proposte e idee, sia come collaboratori nella realizzazione di comunità intelligenti e sostenibili. Semplici cittadini e gruppi organizzati della società civile possono “vedere” e portare all’attenzione bisogni e possibilità non percepite da chi amministra la città; possono inoltre diventare essi stessi protagonisti del cambiamento e fare la differenza, anche all’interno di progetti molto complessi e strutturati, se attraverso opportunità quali l’open data, il crowdsourcing, piattaforme per il co-development e il co-design, sono messi nelle condizioni di contribuire e di arricchire con la propria voce il confronto sul futuro condiviso delle comunità di tutto il mondo.

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