Alzi la mano a chi non è venuta in mente la De Lorean di Ritorno al futuro dopo la prima lettura del Decreto Sblocca Cantieri. È apparso infatti sin da subito evidente un cambio di rotta nelle intenzioni del Legislatore laddove, modificando l’art. 216 del Codice degli Appalti, scrive sulla introduzione di un “Regolamento unico recante disposizioni di esecuzione, attuazione e integrazione del presente codice” che ci ha immediatamente riportato alla memoria il vecchio e caro D.P.R. 207/2010, da molti sempre seguito come una stella polare lungo il cammino. Tanto più che, di regole e di indirizzi certi, oggi se ne sente obiettivamente la mancanza.
Un ossimoro normativo
Questo avviene non tanto per l’incapacità di Anac di scriverne di chiare o sensate, quanto soprattutto per il combinato effetto di due fattori che stanno creando notevole difficoltà e dubbi negli addetti ai lavori: se da un lato infatti disponiamo attualmente di un Codice degli Appalti in alcune parti interpretabile (per non dire ambiguo), dall’altro la diffusione in Italia della pratica dell’istituto delle soft law non ha fatto altro che aprire un ulteriore dibattito in merito alla loro vincolatività, creando così motivo aggiunto di dubbio nella testa dei funzionari pubblici.
Lungi da noi affrontare in questa sede l’apparente ossimoro creato dal connubio dei termini soft e law (dovessimo seguire il buon senso, se è legge si rispetta, altrimenti non dovrebbe chiamarsi legge), preferiamo soffermarci piuttosto sull’occasione che questa fase storica rappresenta e che può fruttare l’opportunità di disporre di un testo unico e chiaro al quale gli Enti pubblici possono affidarsi. Anche perché, altrimenti, il rischio è di lasciar arrogare il potere legislativo ad un tribunale che, emettendo una sentenza, di fatto orienta i comportamenti delle Amministrazioni come fosse effettivamente legge, almeno sino ad una sentenza di pari rango ma contraria. A pochi giorni dall’avvenuta chiusura della consultazione pubblica indetta dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti in merito alla prossima redazione del Regolamento di attuazione, non possiamo quindi esimerci dal riportare la letterina dello speranzoso funzionario pubblico con cui parliamo tutti i giorni.
Lettera al legislatore
Caro Legislatore, nel prossimo Regolamento vorrei capire come devo comportarmi per approvvigionare forniture e servizi fra 40.000 euro e la soglia di rilevanza comunitaria; in particolare vorrei sapere se davvero, come sembra, la procedura negoziata in questi casi possa non essere utilizzata, sostituendola con un affidamento diretto. Sai, se avesse ragione davvero il mio collega d’ufficio che sostiene di poter sempre ricorrere ad un affidamento diretto (pur valutando almeno 5 preventivi), il mio lavoro si semplificherebbe moltissimo. Ma un po’ ho paura a farlo, il Codice non lo nega espressamente ma nemmeno lo consente.
Pensa per un attimo ad un acquisto da espletare tramite il MePA Consip, avrei in quel caso la possibilità di utilizzare un ordine da catalogo o una rapida Trattativa Diretta in luogo di una più complessa RdO che, peraltro, mi obbligherebbe anche ad una seduta pubblica di apertura delle buste! Inoltre nel caso di un affidamento diretto (cfr. art. 32) io potrei procedere tramite determina a contrarre, o atto equivalente semplificato… insomma, mica poco rispetto al prevedere le due determine che devo fare nel caso di indizione di una gara.
Caro Legislatore, mi spieghi come si procede veramente nel caso di un affidamento diretto? Ma che differenza c’è secondo te fra le locuzioni “valutazione di preventivi” e “consultazione di più operatori economici” usate dal Codice degli Appalti? Vedi che tale distinzione non è solo formale, in quanto i funzionari spaventati come me (e per questo derisi dal mio collega “innovatore”) la usano come base per argomentare la tesi conservatrice del “nulla è cambiato, per l’acquisto di beni e servizi sopra i 40.000 euro si deve ancora ricorrere alla procedura negoziata, e lascia stare che ora il Codice la chiama affidamento diretto”.
Caro Legislatore, ma perché non disciplinare nuovamente il confronto concorrenziale delle offerte a catalogo MePA, come aveva già fatto con successo il tuo predecessore con il D.P.R. 207/2010? Hai fatto tanto con il nuovo Codice a disciplinare il Catalogo come strumento per presentare le Offerte nell’ambito di una gara, ma poi nessuno lo usa se non per affidamenti diretti vanificandone tutto il potere innovativo. Pensaci bene, risolveremmo gran parte del problema: individuare l’offerta con prezzo inferiore a catalogo fra tutte quelle che hanno le caratteristiche tecniche da me desiderate (basta usare un po’ di filtri, quale sito di e-commerce non li ha alle soglie del 2020?) equivarrebbe a confrontare centinaia di offerte, altro che le “almeno 5” cui si riferisce l’art. 36 del Codice. Ne conseguirebbe la possibilità di fare ordini da catalogo per importi sino alla concorrenza della soglia comunitaria, figurati che risparmio economico per il mio piccolo Ente e che risparmio di tempo per me che oltre agli acquisti debbo occuparmi anche della distribuzione della cancelleria ai miei colleghi!
I dati
Crediamo che questi siano temi importanti, come testimoniato anche dai dati pubblicati dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti che mostrano come, per le Istituzioni che hanno partecipato alla consultazione pubblica, l’Area di maggior interesse sia stata proprio quella relativa alle procedure di affidamento.
Fonte: mit.gov.it
Come disse una volta un famoso allenatore di calcio parlando di arbitraggio, “le regole non si interpretano, si applicano”. Ecco, chi scrive crede fortemente che i funzionari pubblici abbiano diritto, oltre che una impellente necessità, di avere regole chiare e di non accollarsi il rischio di una interpretazione che spesso vede anche accesi dibattiti fra illustri giuristi e che non produce altro risultato se non quello di adottare, anche quando non ve ne sarebbe né obbligo né tantomeno necessità, l’approccio più conservativo che poi è inevitabilmente anche quello meno efficiente per l’Amministrazione.