POLITICHE PER LA SALUTE

Sanità digitale, ecco i quattro pilastri per comunicare sui social

Sono sempre più numerose le strutture sanitarie dotate di account. Una strada obbligata, in grado di aprire a un nuovo rapporto con il paziente. Ma che deve spesso fare i conti con la scarsità di risorse dedicate e di formazione. Lo stato dell’arte e le strategie da intraprendere

Pubblicato il 13 Dic 2019

Andrea Borraccino

marketing specialist, social media strategist, Broking & Consulting

social -

Social media e Sanità digitale, una strada ancora lunga da percorrere. Quali sono i vantaggi e i punti di debolezza della comunicazione rivolta a utenti e pazienti attraverso canali come Facebook? Vediamo insieme il panorama italiano e i punti fermi essenziali per un’attività social davvero a prova di futuro.

Cominciamo da qui: “Data never sleeps” è il nome dell’infografica realizzata da DOMO che annualmente racconta ciò che accade in 60 secondi sul web. Gli ultimi dati ci dicono che le persone connesse alla Rete sono il 56% della popolazione mondiale, pari a 4,39 miliardi. Ogni minuto si effettuano 1.389 prenotazioni su Airbnb, vengono inviati 511.200 tweet e condivise 277.777 stories su Instagram.

Fonte

Anche in ambito sanitario qualcosa si sta muovendo. Sono sempre di più le aziende sanitarie, gli ospedali, le case di cura che decidono di presidiare il web con siti e canali social. La ricerca “La sanità protagonista” condotta su un campione di 50 realtà del mondo sanitario, ha evidenziato che un canale social è stato aperto da circa il 75% dei sindacati dei medici esaminati, dal 44% delle società scientifiche e dal 76% delle case di cura, ma la percentuale scende del 25% quando si tratta di profili attivi, a dimostrazione che non viene posta adeguata attenzione a seguire un piano di comunicazione nel corso del tempo.

Sanità, la comunicazione istituzionale 2.0

Sbarcare sui social per una struttura sanitaria pubblica con l’obiettivo e la costanza di presidiare il canale non è mai un’azione facile, come spiega Roberta Mochi dell’ufficio stampa di Asl Roma 1 che gestisce i canali social dell’azienda sanitaria romana: “I social hanno creato una vera e propria svolta nella comunicazione istituzionale. La forza della condivisione delle informazioni ha da un lato spinto il cittadino a reclamare risposte in tempi strettissimi, dall’altro “obbligato” gli operatori della comunicazione sanitaria a cambiare modalità di gestione delle informazioni e utilizzare strumenti e piattaforme diverse anche per gestire le emergenze o le direttive ministeriali, come nel caso delle vaccinazioni obbligatorie.”

Immagine che contiene screenshot Descrizione generata automaticamente

Sanità, conquistare l’autorevolezza sui social

I social media stanno acquisendo un crescente interesse da parte dei cittadini perché riescono ad attivare gli individui su temi sanitari polarizzando il discorso pubblico, secondo modalità virali, sia positive che negative (Betsh et al, 2012; Smith, Graham 2017). Un rapporto di GFK Eurisko del 2016 ha evidenziato come siano oltre 11 milioni gli italiani che usano il web per cercare informazioni relative alla salute. Dato che però deve essere preso con cautela: un maggior numero di informazioni online genera infatti alcune criticità. Il report del Censis 2016 mostra infatti come per il 54,6% della popolazione intervistata troppe informazioni possano generare incertezza e confusione. Molto più importante porre l’attenzione sull’autorevolezza della voce narrante.

Comunicazione social, i limiti da superare

Per le strutture sanitarie pubbliche che sbarcano sui social le difficoltà non mancano (Lovari, 2018). Rispetto ad altri settori, infatti, quello sanitario è arrivato in ritardo su questi canali, riscontrando una serie di difficoltà, quali:

  • una scarsa formazione da parte del personale che lavora su questi canali;
  • un’impreparazione di fondo che fa sì che non si ponga l’adeguata attenzione alla forma dei contenuti posti;
  • una scarsa attenzione alla visual communication.

La principale difficoltà allo stato attuale è quella di garantire una presenza costante. Le risorse coinvolte nella nostra social media strategy sono due e non sono interamente dedicate perché le nostre piattaforme sono gestite direttamente dall’ufficio stampa, che ogni giorno è impegnato nelle proprie specifiche attività” spiega Mochi.

Dunque, come costruire una programmazione? Individuando i pubblici a cui ci si rivolge, gli obiettivi che si desidera perseguire, i contenuti che si vogliono proporre. Questo implica anche fare un confronto con altri possibili competitor per comprendere cosa fanno, in che modo, quali possono essere gli spunti da adottare nella propria programmazione.

Individuata l’architettura generale, è possibile passare alla pianificazione su base annuale, quindi per trimestre, per poi scendere nel dettaglio della visione mensile e di quella quotidiana. Per esempio, per una struttura sanitaria pubblica può essere utile individuare i momenti critici su base annuale per organizzare tempestivamente campagne di vaccinazione, promuovere stili di vita sani, anticipare eventuali modifiche all’orario di apertura, ecc.

Così si cattura l’attenzione dei propri utenti

“Per quanto si voglia pensare che un account Twitter, una pagina Facebook o anche un sito aziendale parlino solo ed esclusivamente del nostro brand, non è così. La presenza online è semplicemente uno strumento. Per comunicare autorevolezza, costruire comunità, farsi garanti dell’informazione corretta per l’accesso ai servizi, alimentare un dialogo costruttivo. È fondamentale sfruttare la piazza virtuale per ascoltare, creare relazioni con le persone, spazi di incontro, dove comprendere i reali bisogni di salute del nostro target di riferimento. La migliore strategia che si possa usare è prendersi cura delle persone, e in questo si rispecchia appieno quella che è la mission di un’azienda sanitaria pubblica. Chat e post accorciano le distanze con i cittadini e offrono servizi in tempo reale.” Sottolinea Mochi.

Più apprezzati sui social i contenuti di “servizio”

Questo implica prevedere occasioni di ascolto specifiche: per esempio, permettere agli utenti di dare suggerimenti e critiche per via telematica o tradizionale, fornendo appositi moduli nelle sale d’attesa. Inoltre, è utile anche cercare di capire quali sono i contenuti che ottengono le maggiori interazioni, per promuoverli al meglio. Nel caso della Asl Roma 1, Mochi afferma: “I contenuti più apprezzati sono senza dubbio quelli che riguardano accessi facilitati alle prestazioni o nuovi servizi. La nostra comunità è molto legata anche a tematiche che riguardano fasce di popolazione più deboli, utenti fragili, e (perché no?) iniziative dedicate agli amici a quattro zampe”.

Fonte

Sanità digitale e fake news: come combatterle

La lotta alle fake news ha subito, nel corso degli ultimi 12 mesi, un’importante accelerazione: “L’impegno è sempre lo stesso, restituire una versione corretta – e se possibile semplificata per riuscire a raggiungere il bacino più ampio possibile – di concetti che a volte possono non essere così immediati. La spontaneità del linguaggio social non deve essere scambiata per superficialità ma è frutto di una preparazione e una conoscenza approfondita della materia sanitaria”, sostiene Roberta Mochi.

D’altra parte nella stessa direzione sono la recente lotta alle “cure miracolose” portata avanti da Google e Facebook e, per restare nel contesto italiano, il portale “Dottore ma è vero che?” ad opera della Fnomceo, vero e proprio strumento antibufala in cui i cittadini possono ricercare rapidamente risposte ai propri quesiti su temi più disparati, ottenendo risposte complete e dettagliate scritte da medici. Non solo. Il portale spiega agli utenti come rendere la propria navigazione attenta e consapevole, al fine di educare il cittadino a non cadere nelle trappole della disinformazione e, soprattutto, a saper riconoscere una bufala.

Altra azione fondamentale è quella portata avanti dall’Istituto Superiore di Sanità: sul proprio sito, l’area Falsi miti e bufale raccoglie in categorie la risposta a fake news e falsi miti. Da quelli riguardanti l’attività fisica ad altri temi più spinosi come migranti e vaccini, il sito offre risposte chiare, argomentate e complete di riferimenti bibliografici, con il duplice obiettivo di posizionarsi con autorevolezza su temi specifici, forti della validità scientifica delle informazioni espresse e permettere all’utente di approfondire l’argomento con fonti scientifiche complete.

Fonte

Presenza, ascolto, autorevolezza, pianificazione: se dovessimo raccogliere in quattro keyword i capisaldi di una buona comunicazione per un’azienda sanitaria sui social non avremmo dubbi ad individuarli in questi quattro termini. Una “rivoluzione” nella comunicazione nella PA, nell’ottica di un maggior avvicinamento al proprio target, passa anche e soprattutto da qui.

Bibliografia

  • Betsch, C., Brewer, N.T., Brocard, P., Davies, P., Gaissmaier, W., Haase, N. (2012), Opportunities and challenges of Web 2.0 for vaccination decisions, in «Vaccine», 30, pp. 3727-33.
  • Censis, (2016), Gli Italiani e la salute, http://www.sanita24.ilsole24ore. com/pdf2010/Sanita2/_Oggetti_Correlati/Documenti/Dibattiti-e-Idee/ Sintesi2014.pdf?uuid=AbstTNYK.
  • GFK Eurisko, (2016), Health Information Journey, http://www.panoramasanita.it/wpcontent/uploads/2015/10/Sintesirisultati-indagine- GFK-Eurisko-Health-Information-Journey.pdf.
  • Lovari A., La cura dei social media per la comunicazione pubblica della salute. Esplorando pratiche, competenze e profili professionali, in  “Problemi dell’informazione”, 2/2018, pp. 239-264

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