Le decisione, per molti versi inaspettata, della Corte dei Conti di rimandare la scadenza per la compilazione del “Questionario per la valutazione dello stato di attuazione del Piano Triennale per l’informatica nella PA”, un’indagine conoscitiva sullo stato di attuazione dell’Agenda Digitale da parte delle Amministrazioni territoriali (Comuni, Province, Città metropolitane, Regioni e Province autonome), ci porta a riflettere su quanto sia antica e consolidata la cultura della proroga nella PA italiana, e sui danni che questa produce.
La proroga come soluzione
Diciamo subito che la proroga di per sé potrebbe anche non essere un problema.
Può capitare un suo utilizzo per i motivi che vedremo di seguito (ma anche per altri). Diventa una cattiva prassi quando è un modo consolidato di lavorare, su più anni di lavoro, su più obiettivi da raggiungere. Questo è quello che capita nella PA.
La proroga nasce, nella maggior parte dei casi, come soluzione a due opzioni:
- si è data una scadenza programmata con ottimismo (ovvero si è dato un tempo inferiore al necessario per svolgere un compito che ne richiede di più del previsto)
- ci sono delle difficoltà oggettive emerse dopo la definizione della scadenza (tecnologiche, organizzative, procedurali, altro).
Il caso della Corte dei Conti
L’ultimo caso di proroga (dal mio punto di vista assolutamente inaspettata), come dicevamo, è stata quella data dalla Corte dei Conti, in merito al Questionario che le PA hanno dovuto compilare sullo stato di attuazione dell’Agenda digitale. La prima scadenza era il 30 settembre: era un obiettivo piuttosto ambizioso essendo la scadenza nata a luglio con in mezzo agosto, ma il 60% delle PA ha risposto, anche su temi non semplici come l’ICT.
Successivamente la proroga è stata data, nei pressi della scadenza, fino al 30 ottobre prossimo. Con grande piacere per chi si aspettava la proroga o non ha minimamente “ascoltato” la Corte dei Conti, e la “solita” frustrazione di chi ha fatto tutto per bene e per tempo, magari anche spendendo soldi pubblici per dare risposte di qualità e puntuali, sia come contenuto che come data di scadenza.
La proroga, infatti, tipicamente comporta frustrazione in chi si è impegnato nel voler effettuare l’attività per tempo.
Dà invece adito a chi non si è occupato della scadenza di dire “vedi che tanto prorogano, la PA è fatta così”. A volte addirittura chi si è comportato correttamente viene “sbeffeggiato” dai ritardatari, che pensano di saperla più lunga dei puntuali che vengono visti come dei “vergini” della PA …
E’ un po’ un equivalente del condono edilizio: costruisco quello che mi pare dove mi pare tanto immagino arriverà un condono nei prossimi 5 o 10 anni, e regolarizzerò tutte le mancanze a minor prezzo oltre a poter continuare a tenere quanto ho costruito illegalmente magari andando contro a regolamenti comunali o nazionali. E sono quindi più “furbo” di chi invece sta alle norme, perché ottengo quello che voglio come lo voglio, pagando un sovrapprezzo minimo (o addirittura meno dell’onesto).
Prima che ci fosse la proroga, ho provato a fare una proposta alla Corte dei Conti: se necessario, permettere comunque un mese di tempo in più per la consegna del Questionario, ma con la condizione di mandare un sollecito e/o richiamo alle PAL “fuoriscadenza” in modo da mostrare la forza della Corte dei Conti, la sua puntualità e non far ricadere anche una istituzione così rispettata e puntuale nel turbine delle proroghe.
In tale modo i meritevoli (coloro che hanno risposto per tempo) sono intonsi, i ritardatari vengono richiamati (e non hanno più quindi la possibilità o la sensazione di sentirsi più furbi degli altri) e l’obiettivo finale viene raggiunto, ovvero una compilazione che copra quasi totalmente la platea dei possibili risponditori essendo un questionario non statistico ma che vuole essere esaustivo nella raccolta informazioni, per poi presentarle al Parlamento con una fotografia il più possibile veritiera dello stato del nostro amato Paese sul fronte della digitalizzazione.
La proposta non è stata accolta, sebbene vagliata. Probabilmente non c’erano tempi o modi per applicarla, oppure non era adatta allo scopo.
Come abbandonare la cultura della proroga
Del resto, spero ci sia stata una riflessione sul tema proroga, che progressivamente deve essere abbandonato come modus operandi. Ma come fare?
Ci sono tante idee, alcune brutali economicamente che preferisco non citare.
Stando nell’ambito dei brainstorming per le PAL, settore che conosco meglio, visto che esiste un vademecum pubblicato a inizio 2019 da Attias in merito a “Come far diventare il tuo comune un’amministrazione virtuosa”, potrebbe essere interessante dare un punteggio di virtuosità ai comuni che fanno le attività richieste nei modi e nei tempi predefiniti, in modo da potersi fregiare del titolo di “comune virtuoso”.
Sei passato ad ANPR? Bollino verde. Hai la CIE? Bollino verde. Hai il sito secondo linee guida Agid?Bollino verde.
Non hai il sito secondo linee guida e sei in proroga? Bollino giallo; non l’hai fatto del tutto anche fuori proroga? Bollino rosso.
In tale modo si fa una dashboard dell’ente e chi ha 10 bollini verdi (i 10 punti di Attias) risulta “comune digitale virtuoso” e si può fregiare di tale titolo. Cosa che piace molto alla politica da spendere (o che la politica dovrebbe iniziare a spendere invece di parlare solo di asfalti, marciapiedi e piazze). Inoltre, una nuova amministrazione potrebbe accedere a questa dashboard, vedere lo stato del proprio comune e sapere già cosa fare come percorso di digitalizzazione del suo ente. Questa è solo una delle tante idee che si possono preparare, usando meccanismi tipici della meritrocrazia, della gamification e del buon senso.
Proroga vs meritocrazia
Il concetto di base, comunque sia, è che la proroga distrugge la meritocrazia, visto che non cambia nulla tra aspettare la data di scadenza iniziale e la proroga successiva. Essere stolti, bravi, tiratardi, puntuali, precisi, imprecisi, non cambia nulla nella PA e questo distrugge la motivazione di chi ogni giorno si impegna per dare un ottimo servizio al cittadino.
Dopo 2 anni, ad esempio, nessuno si ricorderà se il Questionario della Corte dei Conti è stato compilato nel modo migliore possibile entro il 30 settembre, oppure con più calma entro il 30 ottobre.
E questo potrebbe comportare dei disguidi a chi ha compilato perché per stare nei tempi ha cercato di scrivere quanto di meglio poteva/aveva capito, ma se avesse avuto un mese di più avrebbe potuto fare ricerche più approfondite e magari limare al meglio le risposte.
La proroga danneggia quindi i rispettosi dell’autorità centrale e indebolisce tale autorità, visto che un altro messaggio che passa è che “a Roma non sanno che per questa cosa ci vuole più tempo”?
Per cui, la preghiera è di ridurre al minimo le proroghe, anche se non è facile, perché l’Italia è complessa e noi italiani siamo un gran bravi ad arrangiarci quando serve, come a “gestire” scadenze e regole quando ci fa comodo.
Purtroppo, non ho una ricetta immediata per risolvere la questione, ma credo sia almeno importante parlarne.