Apprendimento e insegnamento, la Scuola, sono tra gli ambiti passibili di importanti modificazioni a opera dei sistemi di intelligenza artificiale. Lo studio mnemonico, ad esempio, potrebbe presto non essere più un valore aggiunto dal momento che l’AI potrà sostituirlo a costi inferiori rispetto al capitale umano. Parallelamente, all’intelligenza artificiale potrebbe essere affidata la trasmissione di programmi di studio personalizzati, sempre però mediati dalla professionalità umana dei docenti.
E l’Italia potrebbe essere avvantaggiata nel cogliere le opportunità educative dell’AI. Vediamo perché.
Cos’è l’apprendimento
Prima di arrivare agli scenari del prossimo futuro, partiamo dal principio, per comprendere cos’è l’apprendimento.
Non è facile darne una definizione esauriente, ma sostanzialmente con questo sostantivo si intende il processo incrementale dell’efficienza di una risposta in relazione al progredire dell’esperienza.
Ciò vale sia sul piano evolutivo-esistenziale sia su quello cognitivo-sociale. Detto che i due ordini sono interconnessi, se ci focalizziamo sul secondo si può affermare, schematizzando, che nella maggior parte delle discipline l’esperienza è una conoscenza che procede dall’allenamento e distingue i professionisti dai dilettanti. Nel periodo della formazione scolastica l’apprendimento passa obbligatoriamente attraverso questa “ginnastica”, che prevede l’acquisizione di nozioni e concetti trasmessi da più insegnanti, in virtù della quale lo studente matura quelle competenze che gli consentiranno di agire e interagire e quindi di indirizzare il proprio futuro.
Apprendimento letterale e significativo
David Ausubel, pioniere nel campo della psicologia cognitiva recentemente scomparso, ha distinto tra apprendimento letterale e apprendimento significativo. In poche parole il primo tipo consisterebbe nell’esercizio pragmatico e mnemonico, una modalità passiva ma efficiente. Il secondo prevede invece un ruolo attivo del soggetto, che rielabora ogni nuova informazione e ristruttura la conoscenza attraverso le proprie interpretazioni.[1]
Mai come oggi la sua teoria assume grande interesse. Il nostro sistema di istruzione si affida per larga parte all’apprendimento letterale, attraverso tecniche pressoché identiche ovunque. Certo, è possibile che l’apprendimento significativo si metta in moto autonomamente, sia in virtù di un insegnante che adotta un metodo educativo eccentrico sia quando uno straordinario talento soggettivo dello studente trovi gratificazione nell’allenamento in una specifica materia. Si interrompe in questi casi l’apprendimento mnemonico e meccanico e si apre un varco all’immersione emozionale nell’argomento e alla sua rielaborazione.
Siamo diversi uno dall’altro, tutti noi, i nostri sensi sono diversi, la percezione del colore, del sapore, il percorso del ragionamento, l’orecchio musicale. Le nostre attitudini sono differenti e le nostre difficoltà non sono le stesse. Tener conto di un simile polimorfismo per garantire a ciascuno medesime opportunità avrebbe costi altissimi e comporterebbe un dispendio di energie che al momento pare impraticabile: la standardizzazione del metodo scolastico e dell’approccio allo studio è stata ed è perciò un’esigenza organizzativa. Tuttavia è necessario sperimentare nuove vie, soprattutto a fronte dell’evoluzione del sapere – in particolare scientifico e tecnologico – e di una massa di informazioni in crescita smisurata che stanno ridisegnando il nostro vivere.
Apprendimento, Scuola e intelligenza artificiale
I nodi della questione passano necessariamente anche attraverso lo sviluppo dell’intelligenza artificiale, cioè della possibilità di creare hardware e software in grado, in certa misura, di evolversi con l’esperienza e svolgere funzioni fino ad ora di esclusiva pertinenza dell’intelligenza umana, attualmente corrispondenti a quel lavoro mnemonico e meccanico di causa/effetto che è conseguenza dell’apprendimento letterale. Si tratta di presidi tecnologici che, dopo aver sostituito molte tute blu con le forme dell’automazione industriale, sono passibili di prendere il posto anche di certa parte dei colletti bianchi, nella fattispecie in quelle funzioni normate, omologate e radicate in connessioni logiche predefinite.[2] Dunque l’allenamento – e di conseguenza il frutto dell’allenamento dello studio mnemonico – non sarà più un valore aggiunto nella società del domani, dal momento che sarà possibile sostituirlo in modo eccellente e a costi decisamente inferiori di quanto richieda il capitale umano.
Ma tale innovazione è idonea anche all’insegnamento, fino a prendere il posto delle metodologie tradizionali? In via previsionale auspichiamo il giusto mezzo: una trasmissione di programmi di studio personalizzati affidata sì all’intelligenza artificiale, ma accompagnata e mediata dalla professionalità umana. D’altronde adattare il percorso di apprendimento in base alle esigenze particolare degli studenti non è un obiettivo nuovo per gli educatori e le più recenti applicazioni dell’intelligenza artificiale che stanno maturando nel campo dell’istruzione[3] suggeriscono che non si tratta più di una mera speranza.
Si libererebbero una quantità di forze inutilmente disperse del corpo docente, a quel punto messo nella condizione di pretendere per sé la giusta attenzione e soprattutto, di converso, di prestare attenzione e apportare valore alla singolarità se non di ciascuno studente perlomeno di gruppi di studenti con talenti similari. Si potrebbe così garantire non solo un accesso universale allo studio e l’inclusività per studenti con bisogni speciali, ma anche quell’incontro “speciale” che trasforma l’apprendimento mnemonico e letterale in apprendimento significativo ed emozionale. Per il domani, che poi è il nostro domani, la varietà, la poliedricità, la capacità interpretativa e la diversa abilità diventeranno risorse, molto più che nel passato. “Mentre gli studenti rappresentano il 20% della popolazione rappresentano anche il 100% del nostro futuro” come recita il video, ormai virale, Come Albert Einstein un giorno disse…[4]
Innovazione, aggiornamento, regolamentazione
Laddove c’è innovazione veloce, però, ci deve essere aggiornamento veloce e, prima ancora, regolamentazione: l’intelligenza artificiale ha la natura dell’energia atomica, utile ma potenzialmente distruttiva.[5] E questo vale sia in relazione ai contenuti sia alla forma.
È sotto gli occhi di tutti che, mentre in ambienti di istruzione primaria si rimane piuttosto cauti, a livello universitario proliferano i corsi di aggiornamento e i master specialistici, il che contribuisce a sottolineare l’obsolescenza dei puri titoli di laurea e la necessità di definire sempre di più il background formativo di chi si affaccia al mondo fluido del lavoro. L’offerta di formazione online con interrogazioni ed esami finali via Skype è sempre maggiore, sempre più varia, capillare ed economica, fornendo alla didattica un’opportunità ma gravandola di un ulteriore problema, quello della verificabilità dei titoli e delle competenze.
Per questo, almeno, c’è già una soluzione: la certificazione condivisa di frequenza e ottenimento del titolo, come adottata per esempio nell’ambito di un progetto pilota dell’Institute for Blockchain Studies dell’Indiana, che conferisce un documento digitale smart-contract registrato su blockchain. Lo stesso vale per il MIT (Massachusetts Institute of Technology), che ha inaugurato in collaborazione con Cineca[6] il programma MitOpenCourseWare ricorrendo al sistema Blockcerts,[7] iniziativa alla quale partecipano con merito l’Università di Padova e l’Università Bicocca di Milano.[8]
Detto che a cogliere al meglio le opportunità in campo educativo saranno i Paesi più rapidi a comprendere e giovarsi delle tecnologie 4.0, riguardo la nostra realtà nazionale vogliamo concludere con le parole incoraggianti di Marco Morchio di Accenture: “L’Italia, in presenza di una reale volontà e consapevolezza, potrebbe addirittura essere avvantaggiata […] nel percorso di valorizzazione del fattore umano, perché da sempre è un territorio fertile per la creatività e l’imprenditorialità. La forza lavoro italiana è composta da professionisti formati non solo dal punto di vista scientifico e tecnologico, ma anche su aspetti quali l’intelligenza emozionale e la capacità di essere innovativi e versatili, in grado di gestire in autonomia e rapidità rischi e opportunità”.[9]
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PS: Dedico questo breve intervento a tutti i dislessici che, come me, hanno dovuto costruirsi giorno dopo giorno una propria modalità di apprendimento, nella certezza che a breve questo percorso sarà sempre più in discesa.
- Per un primo approccio alla materia si veda https://lamenteemeravigliosa.it/apprendimento-significativo-definizione/ ↑
- Cfr. il report A Future that Works: Automation, Employment, and Productivity a cura di McKinsey Global Institute, del gennaio 2017, consultabile in https://www.mckinsey.com/featured-insights/digital-disruption/harnessing-automation-for-a-future-that-works ↑
- Programmi già in uso e in via di sviluppo riconoscono per esempio i punti di forza o di debolezza dello studente, valutano il livello di apprendimento che ha raggiunto, impostano programmi di ripasso individualizzato o preparazione ai test e così via. ↑
- https://www.youtube.com/watch?v=wWBLUeorl0A ↑
- Parola di Elon Musk: cfr. http://doyoutrustthiscomputer.org/watch ↑
- Il Cineca è un consorzio interuniversitario italiano che opera sotto il controllo del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. Offre supporto alle attività della comunità scientifica tramite il supercalcolo e le sue applicazioni, realizza sistemi gestionali per le amministrazioni universitarie e il MIUR, progetta e sviluppa sistemi informativi per pubblica amministrazione, sanità e imprese. Cfr. https://www.cineca.it/ ↑
- Standard di garanzia sviluppato dallo stesso MIT. ↑
- La pagina dedicata dal MIT al progetto è uno splendido affaccio sul futuro: https://ocw.mit.edu/index.htm ↑
- Cit. in http://www.didatticaermeneutica.it/educazione-intelligenza-artificiale-e-big-data-come-deve-cambiare-leducazione/ ↑