Esiste un modello di smart city? Come dovrebbe organizzarsi il governo della città che punta a diventare smart? Smart city va oltre la semplice adozione di iniziative digitali che facilitino l’accesso ad informazioni e l’uso dei servizi da parte dei cittadini. Smart city è un nuovo modo di concepire il governo della città, in maniera appunto partecipativa, dove la produzione dei servizi sia intesa non come prerogativa esclusiva degli amministratori locali secondo il classico modello top-down, ma come processo collaborativo che include i cittadini e le imprese.
Partendo da questa domanda di ricerca, in un recente studio con due colleghi, Ivanka Visnjic (Esade Business School), e Andy Neely (Cambridge University), abbiamo analizzato il modello organizzativo di diverse città europee ed americane, cercando di capire se esista e quale sia il modello più efficace di smart city. Dopo un primo studio preliminare, l’analisi si è focalizzata sulla comparazione di tre città “esempio”, Vienna, Chicago e Londra, che primeggiano nei vari ranking per qualità di vita e/o ambiente economico. Dallo studio emerge che la città è un complesso ecosistema fatto di tanti micro-ecosistemi dove vari organismi (siano essi enti pubblici, cittadini privati, imprese o anche “parassiti” – criminalità) co-abitano, interagiscono e influenzano l’un l’altro attraverso attività e bisogni interdipendenti. Il governo della città non è altro che la sovra-struttura (di questo ecosistema) che facilita il coordinamento di tali attività e l’evoluzione dell’ecosistema stesso.
Lo studio rivela due fondamentali modelli di governo della smart city, che divergono profondamente su diverse dimensioni, in particolare nel ruolo che l’amministrazione locale assume nell’erogazione dei servizi e coordinamento delle attività economiche.
Da una parte abbiamo il modello extended enterprise, o “organizzazione diffusa”, dove diversi attori (organizzazioni pubbliche e private) contribuiscono beni e servizi complementari che vengono poi integrati in un unico, complessivo servizio finale. Nel modello ad organizzazione diffusa, la “regia di coordinamento” da parte dell’amministrazione locale è diretta e più visibile, ancorché non del tutto accentrata. Il modello è pur sempre collaborativo e partecipativo, ma l’amministrazione si fa promotore, coordinatore e garante ultimo delle varie attività volte a soddisfare il dato servizio. Le varie fasi (selezione dei fornitori, integrazione dei vari beni e servizi, erogazione del servizio), d’altro canto, sono in capo a diverse organizzazioni (pubbliche e/o private), ciascuna specializzata per la propria parte del servizio collettivo.
Un esempio di questo modello è London & Partners, l’agenzia ufficiale di promozione della città di Londra. L’organizzazione del servizio di promozione si basa su una costellazione di interconnessioni verticali e laterali tra vari enti e servizi di promozione. Coordina un ente responsabile del turismo; un altro responsabile per le business convention; gestisce direttamente le operazioni di investimenti da parte di imprese ed organizzazioni estere nella città, oltre che le attività volte ad attrarre studenti stranieri nelle università londinesi; e affianca altri enti per supportare aziende con sede a Londra nell’accesso a mercati e filiere produttive internazionali. L’agenzia collabora inoltre con altre agenzie nazionali quali Visit Britain e UK Trade & Investment per creare sinergie tra le varie attività di promozione. Molte di queste attività possono essere svolte al meglio anche grazie alle varie tecnologie digitali che permettono lo scambio immediato ed integrato di informazioni tra i vari enti, e la comunicazione con milioni di attori esterni all’agenzia, garantendo efficienza dal punto di vista del coordinamento inter-organizzativo, ed efficacia dal punto di vista della promozione.
Dall’altra parte abbiamo il modello platform market, o “mercato piattaforma”, dove infrastrutture ad hoc, fisiche e/o regolamentari, fungono da hub di interscambio che facilitano l’interazione tra vari fornitori di servizi e consumatori. La Città quindi, come organizzatore dell’ecosistema, svolge il ruolo di match-maker tra i bisogni dei cittadini e i fornitori di servizi volti a soddisfare tali bisogni, e coordinatore delle transazioni economiche. Nel modello a mercato piattaforma, il ruolo dell’amministrazione è prettamente quello di coordinatore, in particolare, facilitatore del mercato dei servizi. In questo senso, la “regia” è più indiretta e invisibile, pur rimanendo pietra miliare dell’ecosistema, fondamentale affinché i vari gruppi d’interessi (pubblici e privati) convergano.
Un esempio di questo approccio, sempre dalla città di Londra, è il progetto di digitalizzazione Digital Projects (la versione locale della nostra Agenzia Digitale). L’agenzia ha creato London DataStore, un sito ufficiale che offre libero accesso a diverse base-dati dei vari enti e organizzazioni alle imprese interessate a sviluppare applicazioni ed altri servizi che fanno uso di tali dati. Nelle parole della sua direttrice, Eleanor Coleman, questa piattaforma di dati aperta ha già generato importanti benefici facilitando la creazione di nuove aziende e innumerevoli applicazioni digitali, focalizzati su servizi complementari ai servizi offerti dalla città, come ad esempio Tube Deluxe, una guida digitale alla metro di Londra sviluppata da un’impresa privata.
Non esiste un modello migliore. Mentre Vienna adotta per la maggior parte un modello a organizzazione diffusa, Chicago per la maggiore un modello a mercato piattaforma, tutte e tre le città mostrano esempi di entrambi i modelli. Per chi fosse interessato lo studio offre ricchi dettagli in merito e identifica le condizioni in cui un modello è più efficace dell’altro. Ma l’obiettivo di questo articolo non è quello di segnalare ai nostri amministratori locali possibili modelli da adottare per l’organizzazione dei vari servizi. Qualora lo studio possa essere di qualche valore in tal senso, ben venga.
Ma il punto è un altro.
Il digitale ha aperto la strada a nuovi modi di fare innovazione, abbattendo in molti casi i costi del processo innovativo, e rendendo l’innovazione diffusa. Nuovi modelli organizzativi sono emersi in risposta a questo processo di cambiamento, per lo più nel settore ICT dove il digitale è pervasivo. Ma sempre più aziende nei settori più tradizionali stanno facendo tesoro di questi apprendimenti e sperimentando nuovi modelli. Seguendo questi trend, smart city, oltre che il collage di singole iniziative promosse a slogan per una campagna elettorale, può e deve diventare un’occasione di innovazione nel mondo della PA: un’agenda, che parte dal digitale per ripensare la Città e il modello di governo.