Il fenomeno del meme “Io sono Giorgia” ci porta inevitabilmente a riflettere su come sia cambiata in pochissimo tempo la comunicazione, in primis quella politica, abilmente maneggiata da esperti spin doctor in grado di trasformare anche i contenuti social più improbabili in strumento di consenso. Ma non sempre – e proprio,soprattutto, quando c’è la politica di mezzo – si tratta di fenomeni innocui o divertenti perché spesso le immagini vengono manipolate ad arte a fini propagandistici. E non serve a niente affrettarsi in smentite.
Ma vediamo come ha origine il fenomeno “meme” e come dal web ha invaso anche la politica.
Provenienza e significato del meme
Nutrendomi di pane e internet, mi imbatto spesso nella parola “meme”, che mi sono reso conto di aver acquisito senza conoscerne in pieno la provenienza e il significato, ho deciso quindi di condividere con i lettori il frutto delle mie ricerche.
Che cos’è un meme? Scrive la Treccani: “Singolo elemento di una cultura o di un sistema di comportamento, replicabile e trasmissibile per imitazione da un individuo a un altro o da uno strumento di comunicazione ed espressione a un altro”, sono quindi gesti, modi di fare e di dire, atteggiamenti, abitudini che qualcuno ha e qualcun altro copia e rielabora, spesso in modo inconsapevole.
Nell’odierna società il meme si è però trasformato e da analogico è diventato digitale: i meme sono diventati contenuti, spesso immagini accompagnate da parole, GIF, video e ibridi di varia natura che, grazie a web e social network, diventano improvvisamente virali: si diffondono molto in fretta, online, senza che nessuno capisca quasi mai come e perché.
Meme e viralità
Allora meme è sinonimo di contenuto virale? Assolutamente no! Il contenuto virale viene diffuso sulla rete, ma rimane statico, non viene modificato ed è fine a sé stesso; il meme invece è un contenuto mediatico virale che non mira solo a riprodursi, ma chiede di essere reinventato.
Facciamo un esempio: dopo il crollo del Ponte Morandi a Genova una giornalista di Sky Tg24 nel mezzo di un servizio in Piazza de Ferrari, ferma un passante, senza sapere che è il Sindaco della città, e gli chiede “Scusi, lei è di Genova?”, la risposta imbarazzata è: “Sono il Sindaco, veda un po’ lei”. Il classico epic fail diventato virale, ricondiviso da un numero esponenziale di utenti e commentato in vari forum.
Sarebbe rimasto un semplice contenuto virale, fino a quando è stato ripreso e modificato da più utenti che hanno pubblicato post del tipo:
I meme sono quindi diventati fenomeni sociali e nazional popolari come quelli sopra e ne potrei elencare un’infinità. Di qualche anno fa il fenomeno Mannequin Challenge, il tutto iniziò con un video di pochi secondi: si vedono dei ragazzi immobili, come congelati nelle azioni che stavano facendo pochi secondi prima. Alcuni in piedi sui banchi in pose un po’ inusuali, altri tranquillamente seduti che guardano il cellulare. Le regole da seguire per realizzare un video di questo tipo sono semplici: filmare più persone possibili mentre stanno immobili e intanto il mannequin challenge è arrivato un po’ ovunque: negli stadi, alla Casa Bianca e pure nello Spazio.
Stesso dicasi per il fenomeno Harlem Shake, che consisteva in un video di circa 30 secondi dove i partecipanti al meme si dimenavano in movimenti spasmodici. Tecnicamente piuttosto facile da creare, in quanto costituito da un’unica inquadratura della telecamera, fissa, e di un solo taglio alla ripresa a metà video circa, mantenendo sempre lo stesso sottofondo musicale, la canzone Harlem Shake. All’interno di ogni video è presente una prima scena, tranquilla e statica, in cui c’è solo una persona che balla mascherata, e una seconda scena, caotica e frenetica in cui tutti si agitano nei loro costumi.
La semplicità della scena ha permesso comunque ai fan di creare le proprie versioni in modo molto personalizzato e originale. Nelle versioni più complesse coinvolge una grande quantità di persone e di elementi coreografici.
Si sono raggiunti picchi di 40.000 video caricati in 4 giorni con 175.000.000 milioni di visualizzazioni; in Italia famoso il video della Juventus.
Come dimenticarsi poi del fenomeno #Ciaone, reso noto da un deputato del PD (Ernesto Carbone) in occasione dell’esito negativo del referendum sulle trivelle ed esploso sulle pagine social e sui forum proprio in occasione della fine del Governo Renzi a seguito della sconfitta in altro referendum.
Meme e marketing
Il mondo del marketing che è cambiato notevolmente nel corso del tempo adattandosi ai nuovi canali e metodi di comunicazione, non poteva lasciarsi scappare l’opportunità messa a disposizione dai meme e dalla loro velocità di diffusione tra gli utenti online e offline, creando campagne pubblicitarie “a forma di meme”.
Geniale e maliziosa quella della lanciata dalla Durex in occasione della prima foto di un buco nero. La compagnia di consegne USA Seamless, in occasione delle nomination agli Oscar ha utilizzato le locandine dei film in nomination per creare contenuti presto diventati virali, portando una notevole visibilità al brand e una buona dose di partecipazione da parte degli utenti.
Ricordate la campagna pubblicitaria lanciata da Pandora? Che oltre a suscitare delle polemiche perché ritenuta sessista, è diventato un meme utilizzato in maniera goliardica, ma ripreso poi da altre aziende per promuovere i loro prodotti: tra quelle più simpatiche le campagne di una nota marca di birra quella di un’agenzia funebre.
Questi meme sono diventati veri e propri spot pubblicitari realizzati e divulgati a costi ridotti perché diventati virali sulla rete, grazie alla fantasia dei loro creatori.
Meme e politica
Poteva la politica lasciarsi scappare un’opportunità simile? Certamente no! È ormai evidente come la politica utilizzi web e social network come canale di comunicazione, ma anche come mezzo per spostare le intenzioni di voto da una parte politica ad un’altra.
I meme sono lo strumento perfetto perché quando sono condivisi, perdono il contesto della loro creazione, insieme alla loro paternità. Liberati dai simboli della reputazione o dell’intenzione di un autore, diventano proprietà collettiva della cultura. Pertanto, i meme assumono una vita propria e nessuno deve rispondere per idee trasgressive o odiose.
Un esempio concreto l’ha offerto una foto apparsa in occasione della vicenda Sea Watch e della capitana Carola Rackete, dove alcuni parlamentari sono stati fotografati su un gommone durante il trasbordo dalla nave al porto. La foto è stata poi rielaborata aggiungendo nel mezzo del gommone una ricca tavolata di prelibatezze gastronomiche, facendo diventare l’immagine originale un fake ripreso e ricondiviso sui social in maniera esponenziale e attraendo un “sentiment” negativo nei confronti dei parlamentari ritratti e dei loro partiti di appartenenza. Vi lascio poi immaginare i commenti degli utenti sulle bacheche.
Il post è addirittura stato ricondiviso da alcuni esponenti della Lega.
Dopo qualche giorno, la fotografia è diventata un caso mediatico portando alla luce la evidente manipolazione effettuata.
Ma a voler essere analitici il clamore suscitato dall’immagine manipolata è stata sicuramente superiore a quello della smentita, di conseguenza l’opinione pubblica è stata maggiormente influenzata da un fake che dalla notizia reale. Osservando bene la fotografia, appare chiaro come la manipolazione fosse stata fatta in maniera approssimativa: da notare la scritta “wathc” in inglese improbabile e la realistica possibilità di inserire una tavolata di quelle dimensioni in un gommone, da notare poi che nessuno degli occupanti sta mangiando.
Nella classifica dei meme “politici” ricopre sicuramente la prima posizione quello che vede Giorgia Meloni protagonista e che sta spopolando su social e web: ripreso da un comizio dell’esponente di Fratelli d’Italia è stato “remixato” facendolo diventare un jingle virale non solo su web e social, ma anche nelle discoteche. Attenzione anche al nuovo canale di comunicazione Tik Tok che comincia a produrre numeri da record.
La Meloni è uno dei bersagli preferiti dai creatori di meme, come dimenticarsi di “Ollolanda”.
Il jingle viene ripreso proprio dai soggetti “bersaglio” del comizio della Meloni: gay, LGBT, drag queen che ne fanno un cavallo di battaglia mediatico danzando sulle sue note.
Ma sta anche avvenendo un fenomeno nuovo; la Meloni, che è probabilmente consigliata da uno staff comunicazione competente e creativo, è riuscita a sfruttare i meme penalizzanti trasformandoli in elementi a suo favore. Il liet motiv Dio, Patria e Famiglia se risulta inascoltabile per una parte politica, potrebbe affermare valori nei quali si riconosce in pieno un’altra parte, il risultato è stato che la Meloni ha aperto il suo ultimo comizio proprio sulle note dell’ultimo Jingle.
Lo stesso Salvini deve probabilmente una buona parte del successo politico e mediatico al suo spin doctor Luca Morisi che ha saputo creare una macchina comunicativa perfetta (che lui stesso definisce la Bestia), portandolo ad acquisire 3,5 Milioni di follower e a consegnarli lo scettro di politico europeo più “seguito” in assoluto.
Mi piacerebbe pensare ai meme come ad un intrattenimento innocuo, commenti divertenti e sgarbati sugli eventi attuali, ma ora siamo molto al di là di questo. Le guerre meme sono una caratteristica costante della nostra politica e non vengono utilizzate solo dai troll di Internet o da alcuni bambini annoiati nel seminterrato, ma da governi, candidati politici e attivisti in tutto il mondo. La Russia ha utilizzato meme e altri trucchi sui social media per influenzare le elezioni statunitensi nel 2016, usando una “fabbrica” di troll nota come Internet Research Agency per seminare contenuti pro-Trump e anti-Clinton su varie piattaforme online. Entrambe le parti in conflitti territoriali come quelle tra Hong Kong e Cina, Gaza e Israele, India e Pakistan stanno usando meme e propaganda virale per influenzare il sentimt sia locale che internazionale.
Un consiglio: se andate all’estero pronunciateli “miim”!