fisco e digitale

Tutto sui buoni pasto: cosa sono, come usarli e come gestire le operazioni ai fini IVA

Approfondiamo gli aspetti fiscali legati ai buoni pasto, cartacei ed elettronici, in previsione anche delle nuove regole previste con la manovra 2020: ecco i consigli per utenti e commercianti

Pubblicato il 02 Dic 2019

Riccardo Albanesi

Dottore Commercialista

Beatrice Pelosi

Dottore Commercialista

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Uno strumento di cui molti lavoratori dispongono: ecco tutti i segreti dei buoni pasto, ora anche digitali, informazioni utili sia ai consumatori che ai commercianti. Approfondiamo infatti il loro rapporto con la fattura elettronica e lo scontrino elettronico.

Buoni pasto, che cosa sono

I buoni pasto (noti anche come ticket restaurant) sono regolamentati dall’art. 285 del D.p.c.m. 18.11.2005 e sono documenti con cui un soggetto (solitamente il lavoratore dipendente di un’impresa) è legittimato dal datore di lavoro ad ottenere dagli esercizi convenzionati, come bar, ristoranti, mense aziendali ed interaziendali o rosticcerie, “servizi sostitutivi di mensa”, cioè servizi di somministrazione di alimenti e bevande e cessione di prodotti di gastronomia pronti per il consumo, con esclusione di qualsiasi prestazione in denaro.

I buoni pasto ricevuti dal datore di lavoro non sono cedibili, non sono cumulabili, non sono commercializzabili e non sono convertibili in denaro. I “buoni pasto elettronici” sono la versione digitale dei tradizionali ticket restaurant cartacei: sono fisicamente rappresentati da carte plastificate provviste di chip magnetico, sulle quali viene accreditato l’importo complessivo della somma in buoni pasto concessa dall’azienda pubblica o privata al dipendente. I buoni pasto devono sempre riportare:

  • la ragione sociale e il codice fiscale della società che li ha emessi;
  • la ragione sociale o il codice fiscale del datore di lavoro che li ha acquistati (vedi qui per il calcolo codice fiscale);
  • il valore facciale del buono;
  • il termine massimo entro cui il buono va utilizzato;
  • l’espressa dicitura che “il buono pasto non è cedibile, né cumulabile oltre il limite di otto buoni, né commercializzabile o convertibile in denaro; può essere utilizzato solo se datato e sottoscritto dal titolare”

Il buono cartaceo deve poi prevedere uno spazio riservato all’indicazione della data di utilizzo, della firma del titolare e del timbro dell’esercizio convenzionato presso il quale il buono pasto è stato utilizzato. Le società di emissione sono tenute ad adottare idonee misure antifalsificazione e di tracciabilità del buono pasto.

I buoni pasto elettronici

Quando il buono pasto è emesso in formato elettronico, tutti i dati vanno associati elettronicamente al momento dell’emissione; la data di utilizzo e i dati identificativi dell’esercizio presso il quale il buono è stato utilizzato sono invece associati elettronicamente al momento dell’utilizzo e l’obbligo di firma del titolare del buono pasto è assolto associando il numero o il codice identificato riconducibile al titolare. Dal punto di vista fiscale, attualmente i buoni pasto rappresentano per chi li riceve un reddito esente da tassazione e da contribuzione INPS, sino al valore, per singolo buono, di 5,29 euro (se emesso in formato cartaceo) e di 7 euro (se emesso in formato elettronico). Nel disegno di legge di bilancio 2020 approvata dal Governo e attualmente all’esame delle Commissioni parlamentari ci sono alcune novità riguardanti una rimodulazione dei limiti di esenzione fiscale dei buoni pasto:

  • per i buoni pasto cartacei il limite di deducibilità scenderà da 5,29 a 4 euro 
  • per i buoni pasto elettronici invece salirà da 7 a 8 euro.

Questa modifica, non definitiva, in quanto il testo potrebbe ancora subire delle modificazioni, è coerente con il progetto di governo di favorire l’utilizzo dei sistemi di pagamento elettronici e tracciabili. Se la modifica entrerà già in vigore dal primo gennaio 2020, i nuovi limiti si applicheranno ai buoni pasto assegnati a partire da quella data, mentre per quelli consegnati entro il 31 dicembre 2019 dovrebbero rimanere in vigore i limiti attuali. Ma la modifica dei tetti di esenzione dei buoni pasto non è l’unica novità in merito. Al momento dell’utilizzo del buono pasto presso un esercente, l’esercente stesso rilascia uno scontrino fiscale al consumatore finale, che a partire dal primo gennaio 2020, per effetto dell’art. 2, comma 1, del Decreto Legislativo 127/2015, dovrà essere trasmesso all’Agenzia Entrate con modalità elettroniche[1].

Buoni pasto e fattura elettronica

Successivamente l’esercente, per ottenere il pagamento di quanto dovuto, deve altresì emettere fattura elettronica alla società emittente che gestisce i buoni pasto. Per la medesima operazione imponibile vengono quindi emessi da parte dell’esercente due diversi documenti fiscali: lo scontrino al consumatore finale e la fattura alla società emittente dei buoni pasto. Entrambi i documenti hanno l’esposizione dell’IVA a debito e vengono trasmessi telematicamente all’Agenzia Entrate, anche se l’esercente deve liquidare l’IVA a debito una sola volta. I contribuenti interessati si sono quindi correttamente domandati come operare in merito a questa duplicazione di ricavi e di IVA a debito.

L’Agenzia Entrate, con la Risposta a Interpello n. 394 del 7 ottobre 2019 e con la Risposta a Interpello n. 419 del 23 ottobre 2019 ha cercato di fornire in merito dei chiarimenti. Con la prima risposta l’Agenzia Entrate ha chiarito che «anche gli importi dei tickets restaurant sono compresi nell’importo complessivo dei corrispettivi trasmessi telematicamente all’Agenzia delle entrate, nonostante gli stessi debbano poi essere fatturati alla società emittente. Ciò detto, nel confermare che è solo con il pagamento del controvalore dei tickets da parte della società emittente ovvero con l’emissione della fattura se antecedente il pagamento, che si realizza, ai sensi dell’articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, l’esigibilità dell’IVA e, ai fini delle imposte sul reddito, la rilevanza del ricavo. Tale principio sarà tenuto presente in caso di disallineamento tra i dati trasmessi telematicamente e l’imposta liquidata periodicamente». L’Agenzia ha quindi confermato che gli importi dei buoni pasto rientrano tra i corrispettivi telematici da inviare e che, essendo poi l’adempimento accompagnato da una successiva emissione di fattura, l’Agenzia stessa terrà conto di eventuali disallineamenti tra i dati trasmessi con lo scontrino elettronico e l’IVA liquidata.

In merito all’incongruenza tra versamento dell’imposta e trasmissione telematica dei corrispettivi, l’Agenzia ha anche confermato che l’esigibilità dell’imposta si verifica al momento del pagamento, cioè di rimborso del buono, salva l’emissione anticipata della fattura che documenta l’operazione e la necessità di farla concorrere nella liquidazione di tale periodo.

Ciò non significa, che, completata la prestazione nei confronti del cliente, alla ricezione del buono pasto legittimante la stessa, il prestatore non emette alcun documento; il corrispettivo deve essere certificato e trasmesso telematicamente.

I dati da trasmettere

In merito ai dati da trasmettere telematicamente[2] è previsto un layout del documento tale per cui confluiscano nei corrispettivi inviati telematicamente anche i dati relativi agli importi non riscossi e di quelli per i quali i pagamenti sono stati effettuati tramite ticket restaurant. Nelle specifiche tecniche, infatti, si precisa che nel caso di corrispettivi non riscossi ma per i quali il cliente ha fornito il controvalore in buoni pasto, nel documento commerciale si può riportare, a titolo puramente figurativo, l’aliquota Iva propria di ciascun prodotto, sebbene tale Iva non rappresenti l’imposta effettiva sulla singola transazione ma sarà meramente figurativa (nel caso di buono pasto, trattandosi di servizio sostitutivo di mensa, si applica l’aliquota propria della somministrazione di alimenti bevande); «nel tracciato “Allegato – Tipi Dati per i Corrispettivi” i valori dei corrispettivi non riscossi sono inglobati nel valore complessivo dei corrispettivi, distinti per aliquota».

Precisa infine l’Agenzia che «A fronte della successiva fattura, volta a documentare nei confronti delle società di emissione dei buoni pasto l’avvenuta prestazione e l’incasso dei corrispettivi inizialmente non riscossi, la procedura – che non si discosta da quanto già in essere prima dell’avvento dei registratori telematici – potrebbe far sorgere il dubbio di una duplicazione del debito IVA. Tale dubbio non sussiste, considerato che, come sopra accennato, la prestazione si considera effettuata al momento del pagamento effettivo (rimborso dei buoni pasto) o, al più, se precedente, al momento di emissione della relativa fattura, dovendo partecipare alla sola liquidazione (con cadenza mensile o trimestrale) dell’imposta propria di quel momento. Il principio richiamato sarà tenuto presente in caso di disallineamento tra i dati trasmessi telematicamente e l’imposta liquidata periodicamente».

Note

  1. L’obbligo di trasmissione telematica dei corrispettivi è già in vigore dal 1° luglio 2019 per i soggetti che nel periodo d’imposta 2018 ha conseguito ricavi per un importo superiore a 400.000 euro.
  2. Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate prot. n. 182017 del 28.10.2016, attuativo dell’articolo 2, comma 4, D.Lgs. 127/2015, e modificato dal provvedimento prot. n. 99297 del 18.04.2019

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