La proposta di legge sulla Sharing Economy parte dal doppio presupposto che la mancanza di regole chiare non sia positiva né per i consumatori né per i gestori di piattaforme e che sia necessario avere un approccio di sistema trasversale ai singoli settori professionali. Partiamo quindi da una legge quadro che faccia da cornice e ci permetta di procedere successivamente con una regolamentazione più completa, anche grazie ai dati che avremo a disposizione in seguito al monitoraggio, convinti che per normare sia necessario prima di tutto conoscere.
Il testo che abbiamo presentato, e sul quale abbiamo fatto partire una consultazione pubblica, che speriamo molto partecipata, vuole infatti, allo stesso tempo:
- favorire la razionalizzazione delle risorse, l’incremento di efficienza nella disponibilità di beni, servizi e infrastrutture, la partecipazione attiva dei cittadini, le nuove opportunità di crescita, di occupazione e di imprenditorialità, l’innovazione tecnologica e digitale;
- garantire la trasparenza, l’equità fiscale, la concorrenza leale, la tutela dei consumatori.
È, quindi, una proposta che mantiene la flessibilità e la semplicità necessarie per favorire lo sviluppo dell’economia condivisa e non imbrigliare la creatività e l’innovazione.
L’intento è così di favorire lo sviluppo delle nuove piattaforme digitali in una logica di integrazione con il mercato tradizionale, perché si evitino le contrapposizioni che rischiano di soffocare questa grande opportunità sociale ed economica, e si lavori per l’interesse collettivo.
In estrema sintesi, la proposta di legge intende accompagnare, orientare e governare il cambiamento e quindi, in particolare:
- definire una cornice di regole chiare e trasparenti, trasversali ai diversi settori professionali;
- creare le condizioni per un incremento dell’offerta e delle possibilità per i consumatori;
- contribuire a stimolare l’innovazione dei modelli esistenti.
Abbiamo indicato una definizione semplice di sharing economy, riconosciuta anche in ambito internazionale, come quell’economia “generata dall’allocazione ottimizzata e condivisa delle risorse di spazio, tempo, beni e servizi per il tramite di piattaforme digitali”, sufficiente per tracciare dei primi requisiti tali da fare chiarezza su ciò che non è interessato dall’applicazione della presente legge, come le piattaforme che operano intermediazione a favore di operatori professionali iscritti al registro delle imprese. Altri criteri per fare questa valutazione sono:
- tra gestori e utenti non sussiste alcun rapporto di lavoro subordinato;
- le piattaforme mettono in contatto gli utenti e possono offrire servizi di valore aggiunto;
- gli asset che generano valore per la piattaforma appartengono agli utenti.
Questa è certamente una delle questioni più delicate, perché deve mapparsi su una realtà molto variegata, ma l’intento della regolamentazione è proprio quello di orientare lo sviluppo delle piattaforme di condivisione verso una chiarezza sempre maggiore rispetto alle imprese di servizi professionali, perché l’ambiguità non aiuta.
È da vedere in questo senso la scelta di individuare l’Autorità garante della concorrenza e del mercato come garante e gestore di un “Registro” delle piattaforme di economia condivisa e di richiedere alcuni adempimenti ai gestori delle piattaforme tra cui la definizione di un documento di policy che preveda modalità di registrazione univoche per tutti gli utenti, il pagamento elettronico delle transazioni economiche, la trasparenza dei criteri dei sistemi di classificazione reputazionale, specifiche condizioni contrattuali tra la piattaforma e gli utenti, l’informazione o la verifica delle coperture assicurative necessarie per il tipo di attività condivisa.
È in questo quadro che si può anche affrontare il tema controverso della fiscalità, favorendo le micro-attività non professionali con la previsione di un’aliquota minima e fissa del 10%, assegnando al gestore il ruolo di sostituto d’imposta e identificando un tetto di reddito pari a 10.000 euro.
Una proposta di legge che rappresenta un primo passo e che potremo migliorare con il contributo di cittadini, professionisti, associazioni e imprese che vorranno partecipare alla consultazione e ai confronti che svilupperemo. In ogni caso un passo importante, che ha coinvolto parlamentari di più forze politiche e che vuole dare un contributo all’innovazione del nostro Paese.