Il caso

Impresa 4.0, ecco la stampa 3D applicata a un frantoio oleario

Nella realtà delle piccole e micro imprese italiane è ancora difficile parlare di innovazione: vediamo la situazione attraverso l’esempio di un frantoio pugliese in cui si introduce l’additive manufacturing

Pubblicato il 05 Feb 2020

Giuseppe Storelli

Presidente di The OpenCyber Foundation, Digital Transformation Expert

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A circa tre anni di distanza dal varo del Piano Industria 4.0 dell’allora Ministro allo Sviluppo Economico Carlo Calenda e a poco più di due dalla sua riconversione nel più inclusivo Piano Impresa 4.0 con un focus specifico sulle PMI, si fa ancora fatica a parlare concretamente di innovazione nel tessuto della micro e piccola imprenditoria italiana. Vediamo, attraverso l’esempio di un frantoio oleario pugliese che adotta la stampa 3D, cosa significa implementare queste innovazioni in piccole realtà.

Il contesto

Aumentano gli investimenti nazionali in formazione, si rafforza l’esperienza del tessuto di soggetti pubblici, università e associazioni di categoria, nascono nuove misure (es. Voucher Innovation Manager) ma tranne alcuni casi di successo il gap tra impiego di nuove tecnologie e Pmi, espressione dei singoli territori, sembra sempre incolmabile. In quest’ottica nasce la rubrica Storie di Impresa 4.0, con l’obiettivo di raccontare i casi concreti di applicazione delle 9 tecnologie abilitanti definite da Boston Consulting Group e adottate dal piano originale del Ministero dello Sviluppo Economico:

N.TecnologiaDescrizione
1Advanced Manufacturing SolutionsRobot collaborativi interconnessi (Cobot)
2Additive ManufacturingStampanti e Scanner 3D connessi a sistemi software di prototipazione
3Augmented and Virtual realitySistemi di Realtà aumentata, mista e virtuale
4SimulationStrumenti per la simulazione industriale
5Horizontal e vertical integrationSoluzioni di integrazione verticale e orizzontale
6Industrial internetImpianti e sensoristica industriale connessa
7CloudGestione di dati, calcolo, storage remoto
8CybersecuritySoluzioni di sicurezza fisica e digitale delle informazioni
9Big Data AnalyticsAnalisi di grandi quantità di dati strutturati e non

L’addictive manufacturing

La stampa 3D, o meglio il suo moderno concetto, è nata oltre 30 anni fa ma solo grazie alla scadenza naturale del suo brevetto principale (FDM), nel più recente 2006, è stato possibile democratizzarla, rendendola economicamente accessibile ad ampie fasce di popolazione quali hobbysti, makers, professionisti e anche micro e piccole imprese. Dal 2006, in poco più di 10 anni, la manifattura additiva si è diffusa naturalmente nelle “officine” di un ampio spettro di stakeholders che vanno dal mondo della formazione e dell’education sino ad ambiti di tipo enterprise, da verticali quali food & beverage sino al mondo sanitario nelle più diverse declinazioni, dall’ambito protesico a quello farmacologico.

Secondo Forbes, il valore di mercato stimato per la sua fase di maturità, prevista per il 2024, è di oltre 35 miliardi di dollari e vede Stati Uniti e Cina quali top player a livello globale. Oggi l’utilizzo di questa tecnologia è sostanzialmente composto da tre fasi principali, tra loro interconnesse:

  • Acquisizione (Reale) Creazione dell’oggetto (Virtuale)
  • Modifica Editing Software CAD (Computer-Aided Design and Drafting)
  • Produzione e Stampa

La prima fase può avere come punto di partenza un oggetto, un macchinario, prodotto, edificio “Reale” che viene appositamente scansionato e trasferito in digitale mediante uno Scanner 3D (e ne esistono diversi in base al contesto di utilizzo); in alternativa il processo di “creazione” può essere completamente digitale. La seconda fase, di editing, prevede la modifica dell’oggetto con analisi e simulazioni capaci di studiarne e quindi adattarne forma, materiali, peso e dimensioni. Infine il file viene dato in pasto alla Stampante 3D che, nei diversi processi produttivi comunemente FDM (deposizione di un filamento), SLA (polimerizzazione di una resina liquida) o SLS (sinterizzazione di polvere di Nylon), trasforma un oggetto digitale in realtà.

In base ai materiali e alle stampanti utilizzate queste creazioni possono avere gli impieghi più vari, dalla nautica all’edilizia, dalla gioielleria all’ortodonzia, da prodotti alimentari all’abbigliamento fino ad arrivare agli ambiti industriali più complessi e alle condizioni operative più critiche.

Il caso di un piccolo frantoio oleario

Il primo caso di applicazione delle tecnologie di impresa 4.0 è quello di un piccolo frantoio oleario pugliese, frutto dell’eredità di 3 generazioni di molitori, che dopo aver acquistato una semplice linea di imbottigliamento alla fine degli anni Novanta non ha più, realmente, sentito il bisogno di portare altro tipo di innovazioni o di meccanizzazione in azienda. Per capire il contesto applicativo di questo tipo di innovazione è necessario fare una piccola analisi di contesto. L’Italia (seconda al mondo) produce circa il 17% dell’olio di oliva a livello globale, con percentuali che aumentano se parliamo di olio extravergine di oliva, con la puglia a contendersi il primato di prima regione d’italia per quantità di olio prodotto. Il substrato imprenditoriale che sostiene questi primati quantitativi, ma soprattutto qualitativi, poggia su una rete di micro e piccole imprese (con poche eccezioni) che negli anni difficilmente è riuscito a fare vera rete tra produttori.

La generale difficoltà a fare sistema, l’età media, la natura familiare delle imprese e la storica limitata predisposizione del comparto agricolo all’innovazione di processo e di prodotto hanno reso il settore più fragile di fronte a forze esterne quali mercato, globalizzazione, bilance commerciali, automazione dei processi e affini.

Lo storytelling per le commodity

L’olio extravergine di oliva è un prodotto percepito dal pubblico di consumatori come una commodity che si traduce letteralmente in italiano con “prodotto indifferenziato” il che significa che di fronte ad uno scaffale del supermercato il consumatore non avrà basi valutative diverse dal fattore prezzo e, al massimo, dal packaging del prodotto per scegliere quale bottiglia di extravergine portare a casa. Chiaramente la rete di piccoli produttori di olio di eccellenza italiani (ma questo discorso potrebbe valere per tanti altri settori) con età media avanzata, melting pot di competenze e visioni limitato spesso dalla natura prettamente familiare dell’impresa, non possono di certo competere sul fattore prezzo con i colossi internazionali o con i leader della distribuzione organizzata, e quindi fanno fatica a crescere o persino talvolta sopravvivere.

Necessario lavorare quindi sul secondo, unico, elemento di differenziazione (sullo scaffale) capace di battersi con il mero fattore prezzo ovvero il packaging. La bottiglia di olio in questo modo può raccontare una storia, ha un valore aggiunto, è un prodotto premium, magari inaccessibile alla “casalinga” ma comunque capace di differenziarsi. Non rimane che imbottigliare il prodotto con nuovi, bellissimi, contenitori in vetro-ceramica, espressione anch’essa del piccolo artigianato del territorio, tuttavia la vecchia linea di imbottigliamento, acquistata da un produttore purtroppo ormai fallito, non è in grado di adattarsi alle nuove esigenze del mercato, più raffinato, costringendo quindi il piccolo frantoio ad acquistare una nuova linea di imbottigliamento dai costi tutt’altro che accessibili.

Stampa 3D e personalizzazione

Grazie al supporto di un Fablab, ovvero di un centro di sperimentazione sulle tecnologie di Impresa 4.0, del territorio (sono oltre 100 in italia) le cose fortunatamente sono cambiate.

Mediante strumenti di scansione e stampa 3D infatti i semplici e ormai vetusti ingranaggi che operativamente permettevano il passaggio delle bottiglie di olio (dalle dimensioni standard) lungo la linea di imbottigliamento sono stati riadattati, secondo le nuove esigenze dell’impresa ed è stato quindi possibile mantenere la vecchia linea e a costi bassissimi ripensarla per nuovi orizzonti futuri. Un esempio, vincente, di come oggi sia possibile anche per le micro-imprese innovare e innovarsi e di come, aprendosi al confronto e facendo rete con i sistemi diffusi di digital transformation, pubblici e privati, sia possibile vincere la sfida della competitività.

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