diritto d'autore

Film pirata: nuove regole contro il camcording, ma ancora non basta

Il camcording è una delle più perniciose attività illecite che colpiscono il nostro cinema. Passi avanti in termini di contrasto sono stati fatti anche nel nostro paese, ma il settore attende nuove misure. Vediamo in cosa consiste il reato e quali sono gli auspici degli operatori dell’industria cinematografica

Pubblicato il 10 Gen 2020

Luciano Daffarra

C-Lex Studio Legale

camcording

La pericolosità del reato del camcording, ossia la registrazione di un film dall’interno di una sala cinematografica ai fini della distribuzione illegale,  è stata percepita da tempo a livello istituzionale anche nel nostro Paese e sono stati fatti passi avanti verso disposizioni penali più severe.

Gli operatori del settore si aspettano però ulteriori misure di contrasto verso un maggior numero di reati che vanno a danneggiare la nostra industria cinematografica.

Esaminiamo di seguito nel dettaglio in cosa consiste il reato di camcording e come si articola la filiera criminale, come si sta muovendo il legislatore e quali sono le aspettative degli operatori del settore.

Come si crea una copia abusiva di un film

Non tutti sanno che una parte rilevante delle copie abusive dei film lungometraggio diffuse sulla rete internet sono frutto di riproduzione illecita nel corso delle proiezioni avvenute nelle sale cinematografiche, attraverso riprese audio e video effettuate da soggetti che si avvalgono di sistemi di registrazione digitali. Queste persone svolgono generalmente questa attività per conto dei Release Group (o Gruppi di Rilascio)[1] i quali operano sia a livello nazionale che in coordinamento con altre entità posizionate all’estero, al fine di mettere a disposizione del pubblico in tempi da record le prime visioni distribuite nei cinema di tutto il mondo.

La catena criminale di montaggio

In Italia, in molti casi i file digitali contenenti la riproduzione audio del doppiaggio del film prescelto vengono sincronizzati dai contraffattori con la migliore fonte video per essi disponibile che viene sottratta con la stessa tecnica (a volte anche a mezzo di ripresa diretta dal proiettore in sala). Questi file sono successivamente oggetto di una vera e propria attività da “catena di montaggio” che porta dapprima all’allineamento e all’ottimizzazione del prodotto da parte dei cosiddetti encoders.[2] Si passa quindi alla fase della verifica della conformità dell’assemblaggio alle regole proprie del singolo Gruppo di Rilascio da parte dei cosiddetti packagers, mentre i cosiddetti couriers (corrieri) si occupano del caricamento della release del film all’interno di server dedicati ai neswgroup collegati alla fonte a mezzo di connessioni FTP e creati allo scopo di fare visionare l’opera, così come è stata completata, a gruppi di esperti che decidono se il file contenente il film riprodotto con la colonna sonora in lingua locale e accompagnato dalla propria scheda dati possa essere diffuso sulla rete, attraverso siti cyberlocker[3].

I passi avanti nel contrasto del camcording

Risulta agevole comprendere che i danni alla filiera dell’industria audiovisiva causati da queste iniziative criminali siano enormi, trattandosi di un fenomeno globale che può essere posto in essere con provenienza da qualunque luogo del pianeta con la susseguente disseminazione dei contenuti sulla rete.

La pericolosità di questo reato è stata percepita da tempo a livello istituzionale anche nel nostro Paese[4], tanto che – a titolo di esempio – nel mese di aprile 2019, nel corso delle risposte date alle interrogazioni parlamentari sul tema delle “misure urgenti volte a contrastare il fenomeno della diffusione e della visione di canali e servizi piratati”[5], l’onorevole Massimiliano Capitanio annunciava: “Inoltre, si rappresenta che il Dipartimento per l’Informazione e l’Editoria sta lavorando alla predisposizione di una modifica normativa per contrastare il fenomeno del camcording (…)”, misura volta a punire più severamente questa violazione dei diritti d’autore.

Un primo passo verso disposizioni penali più severe a contrasto del camcording è stato quindi compiuto con l’approvazione dall’art. 3 comma 4-ter del D.L. 28 giugno 2019, n. 59, convertito con modificazioni dalla L. 8 agosto 2019, n. 81, il quale ha aggiunto i seguenti periodi alla normativa in vigore in materia di cui all’art. 85-bis del T.U.L.P.S.: “L’installazione di sistemi di video sorveglianza all’interno della sala destinata al pubblico spettacolo da parte dei soggetti di cui al periodo precedente deve essere autorizzata dal Garante per la protezione dei dati personali, nel rispetto della disciplina vigente in materia di protezione dei dati personali di cui al regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, anche con provvedimento di carattere generale ai sensi dell’articolo 2-quinquiesdecies del codice di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n.196. In ogni caso, tale autorizzazione può essere concessa esclusivamente al fine di individuare chi abusivamente registra in locali di pubblico spettacolo, in tutto o in parte, un’opera cinematografica o audiovisiva, con le modalità di cui al comma 1, dandone avviso e comunicazione adeguata agli utenti. I dati acquisiti per effetto della citata autorizzazione sono criptati e conservati per un periodo massimo di trenta giorni, decorrenti dalla data della registrazione, con modalità atte a garantirne la sicurezza e la protezione da accessi abusivi. Decorso il termine di cui al periodo precedente i dati devono essere distrutti. L’accesso alle registrazioni dei sistemi di cui al presente comma è vietato, salva la loro acquisizione su iniziativa della polizia giudiziaria o del pubblico ministero”.

In sostanza, questa nuova norma associa al preesistente divieto di introdurre dispositivi o apparati di registrazione nei luoghi di pubblico spettacolo, stabilito dall’art. 21 del Decreto Legislativo 16 marzo 2006, n.140, la possibilità per le Forze dell’Ordine di avere accesso alle registrazioni effettuate nei cinema con i sistemi di videosorveglianza per identificare i sospetti che abbiano utilizzato strumenti di riproduzione audio o video nelle sale.

Si tratta di un passo importante ma non ancora decisivo per fronteggiare questo crimine, che si colloca in un contesto normativo il quale ha origini lontane nel tempo, risalendo la normativa sulle rappresentazioni cinematografiche abusive al lontano 1931.[6]

Nell’attuale contesto digitale invero, i titolari dei diritti sulle opere cinematografiche si attendono il varo di nuove disposizioni che vadano a colpire il singolo atto di riproduzione delle opere audiovisive compiuto nei luoghi di pubblico spettacolo, non limitando quindi la fattispecie al divieto di riproduzione delle opere audiovisive (già disciplinata dall’art. 171-ter lett. a) della Legge Autore, ma estendendola all’atto delle riprese con l’introduzione di una lett. h-bis) in seno all’art. 171-ter del seguente tenore: “h-bis) abusivamente riprende in locali di pubblico spettacolo, in tutto o in parte, un’opera cinematografica o audiovisiva, per il tramite delle modalità di cui al primo comma dell’articolo 85-bis del Testo Unico delle leggi di pubblica Sicurezza, di cui al Regio Decreto 18 giugno 1931, n. 773″.

I prossimi passi del nostro governo e del parlamento, che sono già ampiamente consapevoli dei gravi problemi causati dalla pirateria in questo e in altri settori (ci riferiamo in particolare al tema dell’IPTV e delle set-top-box atte a ricevere abusivamente un numero quasi illimitato di canali televisivi), saranno quindi decisivi per ridurre drasticamente una delle più perniciose attività illecite che colpiscono il nostro cinema.

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  1. Sono i gruppi che provvedono a confezionare la versione finale dei file che riproducono le opere cinematografiche e li immettono sulla rete internet dopo avere valutato la qualità e l’attrattività del prodotto contraffatto realizzato.
  2. Questi soggetti sono dotati di esperienza nel montaggio video e sono specializzati nel recupero di tracce video e/o audio che trovano in internet.
  3. Ogni release è costituita da una cartella che contiene il file audiovisivo, oltre a un file .NFO, che si presenta come un file di testo con informazioni riguardanti il file codificato e il Release Group che lo ha realizzato. Le modalità di caricamento sulla rete dei contenuti realizzati abusivamente sono complesse in quanto i contraffattori si avvalgano di strumenti anonimizzati quali i canali IRC. Essi sono impiegati dagli utilizzatori che scaricano i file pirata dai Bots XDCC o dagli Fservers (file servers). Gli Fservers impiegano soprattutto la funzione client di mIRC e alcuni tipi di scripts per condividere i file in modalità user-to-user. I Bots XDCC (server-to-user), invece, sono spesso gestiti da chi fa parte delle c.d. FXP Boards (File eXchange Protocol)1: il trasferimento dei file in tal caso avviene tra due server FTP). Le FXP Boards hanno veloce accesso alle nuove release poiché si avvalgono di personale in grado di violare i computer con connessioni ADSL e installarvi server XDCC, che vengono utilizzati per condividere i file pirata. L’accesso a questi canali è limitato a pochi addetti ai lavori e gli utenti, una volta disponibile la release, vengono messi in attesa per lo scaricamento dei contenuti; in tale modo viene garantita una buona velocità di downloading e una qualità “certificata” dal Release Group del materiale acquisito.
  4. https://www.ilsole24ore.com/art/crimi-un-nuovo-reato-contro-camcording-registrazione-film-prima-visione-ABLO5KkB
  5. Commissione IX del Senato S-01939 del 16 aprile 2019
  6. L’ordinamento giuridico italiano disciplina in seno al TULPS (Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza – Regio Decreto n. 773 del 18 giugno 1931) anche la materia dei pubblici spettacoli, avendo previsto in uno specifico Titolo, il III° (“Disposizioni relative agli spettacoli, esercizi pubblici, agenzie, tipografie, affissioni, mestieri girovaghi, operai e domestici”), ed in un Capo, il I° (“Degli spettacoli e trattenimenti pubblici”), le regole afferenti alle attività di rappresentazione delle opere cinematografiche.Tutte queste disposizioni sono assistite dall’applicazione della sanzione dell’ammenda nel caso di loro violazione, in base all’art. 17 dello stesso T.U.L.P.S. .Fino alla data del 31 marzo 1998, quando è stato varato il D. Lgsl. n. 112 che ha dato attuazione al piano di conferimento delle funzioni e dei compiti amministrativi dello Stato alle Regioni, fra le norme in vigore vi era l’art. 72 del TULPS che prevedeva quanto segue: “Per le rappresentazioni di opere drammatiche, musicali, cinematografiche, coreografiche, pantomimiche e simili, la licenza dell’autorità di pubblica sicurezza è subordinata alla tutela dei diritti di autore, in conformità alle leggi speciali”.La piena validità ed operatività della norma ora richiamata è stata ripresa e confermata dalla Corte Costituzionale, con sentenza n. 110 del 1973, la quale ha altresì statuito, richiamando la propria decisione n. 25 del 1968, che la protezione del Diritto d’Autore è di pubblico interesse, anche attraverso la predisposizione di norme penali per la sua tutela.La citata disposizione, come sopra evidenziato, è stata abrogata dall’art. 164 del D. Lgsl. 112 del 31 marzo 1998, in attuazione delle disposizioni del Capo I della Legge 15 marzo 1997, n. 59 che ha previsto il trasferimento delle competenze dallo Stato alle Regioni per quanto concerne l’autorizzazione ed il rilascio di licenze per l’apertura di sale cinematografiche, fatto confermato anche dalla Sentenza n. 285/2005 della Corte Costituzionale.

    Nonostante l’intervenuto spostamento delle competenze da Stato a Regioni, il principio di cui all’Art. 72 del TULPS non è stato scalfito: esso ha trovato, invero, conforto nella già citata sentenza 110/1973 della Corte Costituzionale e spazio applicativo nell’ancora vigente Regolamento di esecuzione del Testo Unico di Pubblica Sicurezza (R.D. 635 del 9 maggio 1940), il quale contiene un serie di norme riguardanti gli spettacoli e le pubbliche esecuzioni. (Titolo III – Capo I, art. 116 e ss.).

    A tale stregua, il legislatore ha inteso vietare l’introduzione nelle sale cinematografiche di ogni strumento abusivo atto alla riproduzione, visiva e/o sonora, delle opere cinematografiche, in quanto una siffatta azione risulta potenzialmente lesiva del patrimonio delle aziende di produzione e di distribuzione, nonché dello stesso bilancio dello Stato che stanzia rilevanti somme per il finanziamento e la difesa delle produzioni del cinema e dello spettacolo.

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