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Agroalimentare: IoT e blockchain per combattere il falso made in Italy

Il sistema blockchain può diventare una soluzione di certificazione trasparente dei prodotti agricoli, in grado di rafforzare il rapporto di fiducia tra consumatore e filiera agroalimentare, valorizzando il lavoro agricolo di alta qualità a garanzia della sicurezza alimentare del cittadino. Vediamo come

Pubblicato il 12 Dic 2019

Alessandro Rubino

Legal of Innovation Studio Legale Rubino

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Le nuove tecnologie blockchain, basate su distribuited ledger, ovvero su registro distribuito, possono contribuire a migliorare la trasparenza e la tutela del marchio di origine a vantaggio del consumatore e delle imprese italiane del comparto agroalimentare.

Un settore in cui, finora, non sempre si è riusciti a mantenere la genuinità e la titolarità dei prodotti, con la conseguente introduzione nel mercato di prodotti contraffatti, imitazioni o rivendite non autorizzate e processi che  non hanno sempre garantito la completa trasparenza della catena di approvvigionamento.

La guerra al Made in Italy

La  catena della contraffazione dei prodotti italiani, siano essi alimenti o abiti e accessori di alta moda, è lunga e ramificata: nel tempo ognuno di noi ha potuto appurare l’esistenza di mercati paralleli, agevolati ora anche dal commercio online, dove acquistare falsi vini italiani, o formaggi, capi imitati, o addirittura falsificati, con apposizione di false etichette di provenienza, originalità, produzione e composizione. Abbiamo assistito così ad una piccola guerra al made in Italy che ha minato la genuinità dei prodotti alimentari e l’originalità dei capi di alta moda: due dei comparti in cui l’italia eccelle a livello mondiale.

Come funziona la blockchain

La DLT (Distributed LedgerTtechnology), meglio conosciuta come Blockchain, è la tecnologia che potrebbe aiutare a risolvere parte di questi problemi, grazie alla possibilità di schematizzare, tracciare e progettare, in modo sicuro ed immutabile, le transazioni effettuate lungo una determinata filiera.

Ciò genera nuove connessioni trustless, peer-to-peer, tra gli attori di questo sistema ed assicura fiducia tra le parti produttrici ed i consumatori, grazie anche all’uso della crittografia.

Mediante la catena, i partecipanti della filiera possono confidare su sicurezza e trasparenza allo stesso tempo.

Per esempio nel campo del fashion, della moda, del tessile e in quello agroalimentare, la tecnologia blockchain consentirà la tracciabilità della filiera industriale, riducendo il fenomeno della falsificazione, sviluppando l’export e affinando la qualità riconosciuta dei nostri prodotti, laddove i consumatori avranno accesso a tutte le informazioni tra acquisti consapevoli.

Il Made in Italy potrà così replicare alla richiesta di trasparenza e qualità di clienti sempre più sensibili alla sostenibilità ambientale e all’etica della produzione.

In campo agroalimentare, il registro distribuito permette di tracciare un alimento sin dalla coltivazione e quindi dalla geocalizzazione della terra coltivata, ripercorrendo la filiera, sino al rivenditore di tale prodotto in maniera minuziosa ed immutabile.

Come funziona il tracking agroalimentare

Il tracking agroalimenare può essere attualizzato con modalità differenti secondo un grado ascendente di automazione e digitalizzazione.

Se soventemente il tracking model si basa ancora su fogli di carta compilati a mano e poi trasferiti in digitale, la sfida è quella di avere sensori che raccolgano dati in maniera autonoma e compilino registri su piattaforme digitali condivise, accessibili a tutti, immutabili, certe.

La tecnologia Blockchain, appunto, è un registro di salvataggio e trasferimento sicuro dei dati, non dotato di un determinato controllo centrale.

La DLT consiste in una banca dati nella quale è presente un libro mastro di tutte le transazioni, operazioni, certificazioni, eseguite tra gli utenti dalla sua creazione. Il database è sicuro e distribuito: viene condiviso tra tutti i partecipanti, senza intermediari, per cui ogni utente può appurare la legittimità della catena delle transazioni/operazioni.

I partecipanti si distinguono in utenti normali oppure in utenti miners, i quali sono i partecipanti con più alto rendimento computazionale, in grado di sviluppare l’ammissione, e quindi il consenso, delle transazioni attraverso la risoluzione della proof of work, attività cosiddetta di mining, che alimenta la stessa catena.

Nel settore agroalimentare, il sistema integrato Blockchain, affiancato da altre tecnologie sviluppate accanto ad esso, come ad esempio un codice di sicurezza (lettore QR Code) o come la tecnologia AMS (Accelerator Mass Spectrometry), sta velocemente prendendo piede al fine di garantire maggiore sicurezza e trasparenza tra tutti i player della filiera. Attraverso queste tecnologie, sul registro distribuito restano tracciati i vari passaggi, che vengono notarizzati on chain al fine di rendere la catena sicura.

La catena, ad esempio, con la QR code technology, registra e traccia passo per passo la storia di ogni prodotto agricolo (ortaggi, verdure, frutta, legumi, cereali e altro), dalla coltivazione nei campi alla lavorazione nelle aziende agricole, alla distribuzione, fino all’immagazzinamento del prodotto nei punti di rivendita, al fine di garantire al consumatore un prodotto certificato e di qualità.

Oltre all’immagazzinamento delle informazioni, i coltivatori, i distributori ed i consumatori possono risalire la catena sin dalla geolocalizzazione dei terreni coltivati attraverso l’utilizzo di piattaforme tech, quali app o software.

Invece la tecnologia AMS, detta analisi isotopica, ancor più ricercata, si basa su un’ingegnoso procedimento avanzato di analisi di laboratorio in grado di certificare l’autenticità del bene e riconoscere due molecole organiche uguali ma isotopicamente diverse, perché originatasi da materie prime differenti o processi di lavorazione differenti.

Operativamente vengono effettuate delle analisi sul terreno in grado di verificare l’esistenza di diverse molecole, catalogate successivamente on cloud e notarizzate sulla blockchain. L’obiettivo è quello di ottenere per il prodotto finale una vera e propria carta d’identità geneticamente perfetta, grazie alla quale è possibile risalire alla coltivazione, industrializzazione, distribuzione e rivendita.

L’AMS ad esempio può verificare l’origine naturale dei succhi di frutta, dei fermentati e dei distillati, identificare gli aromi naturali da quelli sintetici, caratterizzare la carne degli allevamenti e verificare il paese di origine del latte o dell’olio d’oliva.

Con il perfezionamento della tecnologia Blockchain viene assicurato a tutti gli interessati del campo agricolo e di quello agroalimentare (agronomi, consorzi, aziende agricole, consumatore finale) la sicurezza di prodotti certificati e sani, a dispetto delle truffe e dei falsi BIO sempre più frequenti nella produzione agroalimentare.

In ogni istante e in qualsiasi re-seller alimentare, il cliente finale potrà accertare in totale trasparenza la provenienza, le proprietà organolettiche e l’intera filiera agroalimentare, consultando tutte le reali informazioni raccolte sulla timeline lungo il processo di lavorazione.

Il sistema integrato di blockchain diventa così una soluzione di certificazione trasparente di prodotti agricoli autentici, che rafforza il rapporto di fiducia tra il consumatore e l’intera filiera agroalimentare, valorizzando il lavoro agricolo di alta qualità a garanzia della sicurezza alimentare del cittadino.

Esempi di blockchain player

Sono diverse le realtà che già da tempo stanno cercando di implementare questa tecnologia lungo la loro filiera, garantendo al consumatore la sicurezza e genuinità dei loro prodotti, e attraverso l’aiuto di aziende come IBM, stanno correndo verso la certificazione immutabile della blockchain.

IBM ad esempio ha sviluppato IBM food trust, al quale hanno aderito attori come Carrefour, Walmart, e Gruppo Grigi.

Il progetto IBM food trust ha lo scopo di offrire la massima trasparenza e fiducia ai consumatori finali che, grazie a questo tipo di certificazione, potranno avere maggiori garanzie sulla qualità del prodotto che acquistano.

Il gruppo Grigi, già famoso in ambito mangimistico, punta alla certificazione grazie all’utilizzo della blockchain della pasta Aliveris, che viene da grano biologico 100% italiano con Germe di Soia Bio e trafilatura al bronzo.

Tra le diverse realtà interessate alla certificazione on chain ci sono player come l’azienda EggChain che ha sviluppato la prima piattaforma personalizzata che si basa sulla tech AMS, di cui si è parlato in precedenza. La loro tecnologia è in grado di certificare i più importanti prodotti agroalimentari italiani come vini, distillati, olio d’oliva, aceto balsamico, latte e formaggi, tartufo e grano, pasta e pomodoro.

Un altro sistema integrato blockchain è quello di AgriOpenData è una piattaforma in grado di assicurare la totale trasparenza, “l’intera tracciabilità della filiera di produzione e della trasformazione dei prodotti agricoli in particolare BIO e DOCG, consentendo di certificarne la qualità, la provenienza e la filiera, assicurando la massima trasparenza a garanzia del consumatore finale e valorizzando il lavoro agroalimentare di qualità.”

La prima blockchain alimentare Europea: il caso Carrefour

Nel 2017, un team di informatici, guidati da Emmanuel Delerm, specialista di gestione progetti presso Carrefour, e con la collaborazione di società come Crystalchain e Connecting food, inizia a lavorare al progetto di implemetazione blockchain per la catena, e ha fondato una banca dati accessibile ai consumatori, e non modificabile dagli stessi, che rende trasparente ogni fase della produzione di un lotto di alimenti.

Il team sceglie Ethereum, la blockchain più stabile nel 2017, e testa i primi prodotti, tracciando i polli contadini di Auvergne. La DLT presenta però ancora diverse asimmetrie informative, sia sotto il profilo della filiera che dei consumatori.

In seguito prende parte al progetto la responsabile del pollame, Severine Fointaine che si unisce al team e costringe i colleghi ad andare presso ogni allevatore, ogni veterinario, ogni mattatoio,ogni trasformatore, spianando la strada alla trasparenza ed alla genuinità dei prodotti, tracciandoli punto per punto.

A metà del 2018, Delerm e il team informatico concludono il progetto, e quello che era un progetto pionieristico diventa la prima blockchain europea alimentare.

Conclusioni

Da questi passi, da queste esperienze, ci si è imposti l’obiettivo della cura, e della protezione del made in Italy, attraverso la consapevolezza di tutti gli stakeholder del mercato e della totale trasparenza della filiera.

Questo forse è il modo migliore per salvaguardare il made in italy, e rendere i nostri prodotti sempre più preziosi.

Si pensi ad esempio ad un’azienda agricola appartenete alla terra dei fuochi, potrebbe questo essere il momento di riscatto per i mercati esteri, potendo dimostrare tecnologicamente la genuinità delle coltivazioni.

Grazie alla tecnologia blockchain sarebbe possibile tranquillizzare i player mondiali e riavvicinarli con piena fiducia alla macchia mediterranea, costituendo delle vere e proprie carte di identità elettroniche che minuziosamente, ed isotopicamente, rendano il prodotto unico, sicuro, trasparente, genuino.

Potrebbe questo essere il momento di riscatto per la certificazione dei vini e degli oli spesso imitati nei paesi orientali.

I clienti, una volta educati non guarderebbero altro che alla provenienza dei prodotti, scartando a priori i fake.

La blockchain, gli smart contract, la fintech stanno radicalmente ponendo nuove basi al mercato, abbattendo le barriere geologiche, e permettendo alla trasparenza di essere il nuovo protagonista del capitalismo 5.0..

Del resto se le banche, le assicurazioni, e le grandi catene si stanno muovendo verso la digitalizzazione, e l’implementazione di blockchain o smart contract, la strada è sempre più chiara, e ci aspetta un futuro dove il fake sarà bandito in ogni ambito.

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