Una recente sentenza TAR Puglia Lecce, sez. III (13 settembre 2019, n. 1468), ha destato notevole interesse tra gli addetti ai lavori, poiché, tra i vari importanti principi espressi, si è concentrata sul concetto di “appartenenza” della persona fisica, individuata quale referente per il Titolare del trattamento, alla persona giuridica incaricata come DPO.
Il presente contributo intende chiarire tali passaggi della sentenza (non considerando le altre importanti riflessioni in diritto in essa presenti) partendo da una piena conoscenza della vicenda giudiziaria, visto il rapporto consulenziale in essere con la ricorrente, o di rappresentanza processuale, degli scriventi.
Il concetto di “appartenenza”
Sul concetto di “appartenenza”, i contributi frettolosamente pubblicati da alcuni interpreti hanno decontestualizzato alcuni passaggi della sentenza, finanche travisandone il ragionamento giuridico, del quale si cercherà di dare conto, seppur brevemente.
Il ricorso aveva ad oggetto l’aggiudicazione ad una persona giuridica dell’incarico di DPO del Comune di Taranto. L’aggiudicazione veniva censurata dal Tar Lecce a causa dell’assenza del requisito della “appartenenza” della persona fisica, individuata quale referente per il Titolare del trattamento, alla persona giuridica aggiudicataria.
Com’è noto, la funzione di DPO può certamente essere esercitata da una persona giuridica esterna all’Ente, tuttavia, in tal caso, come esplicitato dal Gruppo di Lavoro Art. 29 nelle “Linee guida sui responsabili della protezione dati” adottate il 13 dicembre 2016 “è indispensabile che ciascun soggetto appartenente alla persona giuridica e operante quale RPD soddisfi tutti i requisiti applicabili come fissati nella Sezione 4 del Gdpr”.
In primis, si avverte l’esigenza di specificare che, contrariamente a quanto affermato da taluni commentatori, la traduzione in italiano nelle citate Linee Guida dell’espressione “appartenente” è, oltre che non contestabile in quanto traduzione ufficiale, anche corretta, stante il puntuale corrispettivo “member” nella versione in inglese.
Il DPO come “incarico professionale”
Tuttavia, a parere degli scriventi, il passaggio cruciale della citata sentenza è quello nel quale il Collegio rileva che la scrittura privata tra la persona giuridica individuata quale DPO e la persona fisica referente si configura, nel caso in esame, come “incarico professionale”, ossia “un rapporto non di subordinazione e rientrante nell’alveo delle prestazioni professionali, in cui il soggetto incaricato […] può godere, ai sensi degli articoli 2222 e seguenti del codice civile, di una propria autonomia nell’esplicazione dell’incarico, atteso che la lettera di conferimento non esclude tale possibilità con vincolo contrattuale, così ponendo seri dubbi circa la sussistenza del sopra menzionato requisito dell’appartenenza”.
In altre parole, il Giudice Amministrativo sembra voler affermare, a contrario, che, se la lettera di conferimento dell’incarico avesse escluso la totale ed indiscriminata autonomia nell’esplicazione delle funzioni del soggetto incaricato (persona fisica), si sarebbe potuta configurare la richiesta “appartenenza” alla persona giuridica. Una semplice (e scarna) lettera di incarico per prestazione d’opera ex art. 2222 c.c., come nel caso del giudizio di cui si discute, ha destato “seri dubbi” nel Giudice amministrativo, tali da non ritenere la scrittura privata depositata in giudizio congrua a regolare il rapporto di “appartenenza”.
Volendo poi calare tale certezza interpretativa nel dettato della normativa in tema di appalti, nella quale si colloca la gara del Comune di Taranto, il Codice di settore (D.Lgs. 50/2016), all’art. 89, prevede espressamente l’istituto dell’avvalimento, in base al quale l’operatore economico può soddisfare la richiesta relativa al possesso dei requisiti di carattere economico, finanziario, tecnico e professionale avvalendosi delle capacità di altri soggetti terzi, sul presupposto di un contratto di avvalimento preesistente alla domanda di partecipazione alla gara e con data certa antecedente alla presentazione della candidatura. Il rapporto di avvalimento, ovviamente, non da vita ad un rapporto di dipendenza tra l’ausiliario e il concorrente di gara ma può ben essere riferito, piuttosto, al concetto di “appartenenza” di cui si discute.
I motivi dell’annullamento dell’aggiudicazione
Considerato quanto appena detto e sebbene non chiaramente espresso in sentenza, dalla lettura attenta di quest’ultima deriva la convinzione che il Giudice amministrativo abbia annullato l’aggiudicazione per una serie di motivi concomitanti:
- il contratto professionale tra la persona giuridica incaricata come DPO e la persona fisica referente per l’incarico non aveva una data certa antecedente alla presentazione della candidatura nella procedura;
- il medesimo contratto non specificava nel dettaglio le modalità di svolgimento dell’incarico da parte del professionista, legittimando una sua totale autonomia;
- il contratto non conteneva alcuna indicazione in ordine alla diretta riferibilità dell’operato della persona fisica referente per l’incarico e la società concorrente;
il tutto in chiara violazione di quanto disposto dall’art. 89 codice appalti, comportando la nullità dello stesso contratto professionale. Ma, indipendentemente da tale profilo, comunque sussistente, il Giudice Amministrativo si è soffermato sulla carenza del requisito di appartenenza, avendo ritenuto che la scrittura posta in essere non ne integrasse gli estremi.
Al contrario, un contratto di avvalimento tra la società concorrente e il professionista, con le caratteristiche su delineate, non avrebbe destato alcun “serio dubbio” nel Giudice amministrativo.
Conferma di tale lettura deriva dall’analisi dello stesso motivo di ricorso accolto. La ricorrente nel suo motivo sottolinea come “non risulta evidenziato il legame” tra la società concorrente e la persona fisica individuata come referente per il ruolo di DPO; “questi non è un socio della Società, ma pare non esserne neanche dipendente. Non è chiaro se la Società abbia inteso subappaltare il lavoro, né tantomeno a che titolo la società potrebbe essere chiamata dal Comune di Taranto per eventuali inadempimenti e/o danni provocati dal detto soggetto. La deliberazione impugnata si limita a definirlo “soggetto individuato quale RDP”.
Una tale (corretta) interpretazione della sentenza trova conferma anche in ulteriori passaggi del provvedimento, poco rimarcati dai commentatori, ove è sottolineata l’esigenza di comprensione, sempre, della “(necessaria) posizione all’interno di una persona giuridica” del referente individuato, ovvero alla “struttura” (ad es. un socio o un Amministratore) o all’“organico” (ad es. un dipendente o un collaboratore con vincolo contrattuale ben definito e non basato su di un’indiscriminata autonomia ex art. 2222 c.c.). Il tutto onde evitare “l’estrema confusione” tra prestatore e committente, come avvenuto nel caso di cui ci si occupa.
Conclusioni
In conclusione, e alla luce delle argomentazioni del Giudice Amministrativo, la persona fisica individuata quale referente per il titolare del trattamento che abbia incaricato una persona giuridica come DPO, può certamente esser un dipendente o un socio di quest’ultima (cd. “appartenente alla struttura”); ma può altresì esserne legato da un contratto di avvalimento, in linea con l’art. 89 del Codice dei contratti pubblici (cd. “appartenente all’organizzazione”). Mai da una semplice lettera di incarico professionale ex art. 2222 c.c. priva di data certa anteriore alla presentazione della candidatura, delle modalità di svolgimento dell’incarico da parte del professionista e di indicazioni in ordine alla diretta riferibilità dell’operato della persona fisica referente per l’incarico e la società ausiliata.