L’obiettivo è senz’altro ambizioso, fin dal nome. Si chiama Fondo “Salva Opere” (o “Salva-Imprese”) e si presenta come strumento per evitare crediti insoluti nei confronti dei sub appaltatori, sub-affidatari e sub-fornitori nei confronti dell’appaltatore o del contraente generale. Si tratta di una delle – numerose ed eterogenee – novità introdotte dal Decreto-Legge 30 aprile 2019, n. 34 recante “Misure urgenti di crescita economica e per la risoluzione di specifiche situazioni di crisi” (c.d. Decreto Crescita), convertito (con modificazioni) nella legge 28 giugno 2019, n. 58 (pubblicata sulla Gazzetta ufficiale n. 151 del 29 giugno 2019).
È recente l’annuncio dell’avvio della misura, da parte del Ministro delle Infrastrutture Paola De Micheli, all’esito del parere – positivo con osservazioni – reso il 24 ottobre 2019 dal Consiglio di Stato. Utile riflettere sull’utilità di questa misura e sulle problematiche che si potrebbero presentare.
Di cosa si tratta
L’art. 47, commi da 1-bis a 1-septies del Decreto c.d. “omnibus” ha introdotto nel nostro ordinamento strumento di tutela ad hoc i crediti insoluti di sub-appaltatori, sub-affidatari e sub-fornitori nei confronti dell’appaltatore o del contraente generale in stato di crisi (fallimento, concordato preventivo, procedura concorsuale in genere). La ratio è quella di evitare l’effetto domino, ovvero scongiurare il rischio che le difficoltà economiche dell’appaltatore principale si ripercuotano sulle aziende sub-contraenti, mettendole in condizioni di dover interrompere le opere o i servizi in corso, così bloccando la realizzazione delle commesse, con gravissimo danno per la tenuta dell’intera filiera.
La misura prevede dunque la copertura di tali crediti, fino ad un tetto massimo del 70%, da parte appunto di un fondo dedicato, istituito presso il MIT; il contributo così erogato rientra tra gli importi a disposizione della stazione appaltante nel quadro economico predisposto dalla stessa al termine di aggiudicazione definitiva. Gli importi stanziati, allo stato, sono di 12 milioni di euro per il 2019 e 33,5 milioni di euro per il 2020; l’accesso a dette somme è consentito in relazione a procedure concorsuali aperte dal 1° gennaio 2018 al 30 giugno 2019 (data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto).
Il fondo è alimentato da un contributo pari allo 0,5% del valore del ribasso offerto dall’aggiudicatario delle gare di appalti pubblici, e si applica a tutte le gare di lavori da 200mila euro in su e a tutte le gare di servizi da 100mila euro in su, con esclusione di quelle bandite da enti locali (Comuni, Città metropolitane e Province, anche autonome) e Regioni.
Il contesto
Il problema dei mancati pagamenti nei confronti di sub-appaltatori e sub-contraenti da parte di appaltatori o General contractor deriva come è noto dalla nuova fisionomia normativa delle ipotesi di crisi dell’imprenditore. A quest’ultimo, infatti, il Legislatore concede la possibilità di proseguire nello svolgimento e nell’esecuzione dei contratti pubblici in essere, nonché, a determinate condizioni, di aggiudicarsene di nuovi, circostanza che inevitabilmente compromette le istanze creditorie dei sub-affidatari, con conseguente blocco delle attività dagli stessi svolte per il completamento delle opere pubbliche o l’erogazione di servizi.
Di qui una preoccupante “reazione a catena”, che, come si è osservato, danneggia la stabilità economica degli operatori e, a cascata, dell’intero comparto, dando luogo ad un aggravamento della situazione di impasse da cui il settore dell’edilizia fatica ad uscire. È proprio a questo rischio che il Fondo c.d. salva-imprese mira a far fronte, anche per garantire un più rapido completamento delle opere, tutelando al tempo stesso lavoratori e aziende.
Attivazione e funzionamento del fondo
L’articolo 47, comma 1-quater, del d.l. n. 34/2019 rimette ad un Decreto attuativo interministeriale Infrastrutture-Economia – atteso entro il 31 luglio, ma arrivato solo poche settimane fa e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 16 dicembre 2019 – l’individuazione dei “criteri di assegnazione delle risorse e le modalità operative del Fondo salva-opere, ivi compresa la possibilità di affidare l’istruttoria, anche sulla base di apposita convenzione, a società o enti in possesso dei necessari requisiti tecnici, organizzativi e di terzietà, scelti mediante gara”. È previsto che i versamenti siano effettuati allo Stato dalle amministrazioni aggiudicatrici o dal general contractor entro 30 giorni dall’aggiudicazione definitiva.
Il sub-appaltatore, sub-affidatario o sub-fornitore, al fine di ottenere il pagamento da parte del Fondo dei crediti maturati prima della data di apertura della procedura concorsuale e alla stessa data insoddisfatti, deve trasmettere all’amministrazione aggiudicatrice o al contraente generale, in caso di affidamento tramite quest’ultimo, la documentazione comprovante l’esistenza del credito vantato e il suo ammontare. I predetti soggetti, effettuate le opportune verifiche, certificano l’ammontare del credito, trasmettendo la relativa certificazione – che costituisce prova del credito nei confronti del fondo – al Mit il quale, accertata la sussistenza delle condizioni per il pagamento dei crediti, provvede all’erogazione delle risorse. Lo stesso Ministero ha il compito di valutare eventuali osservazioni degli aventi diritto, ove l’amministrazione aggiudicatrice non provveda sull’istanza di certificazione del credito entro un determinato termine ovvero la disattenda, in tutto o in parte.
Il parere del Consiglio di Stato
Sullo schema di decreto attuativo licenziato dal Mit, (composto di 6 articoli e 2 allegati), la Sezione consultiva per gli atti normativi del Consiglio di Stato ha reso il parere n. 2687/2019, richiesto nel corso dell’iter parlamentare di conversione del decreto legge 3 settembre 2019, n. 101, recante “Disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione di crisi aziendali” (entrato in vigore il 5 settembre 2019). Quest’ultimo provvedimento, in particolare, ha introdotto alcune disposizioni correttive ed integrative dei commi 1-bis e 1-ter del d.l. n. 34 del 2019, tra cui:
- la possibilità per il Ministero delle infrastrutture di erogare le risorse anche in presenza di controversie giurisdizionali sui crediti che i beneficiari del Fondo vantano nei confronti dell’appaltatore;
- l’onere, sempre in capo al Mit, di verificare la sussistenza delle condizioni di regolarità contributiva del richiedente attraverso il Durc. In caso di irregolarità, l’erogazione sarà effettuata in favore degli enti previdenziali e assicurativi, compresa la cassa edile. L’accesso sarà comunque consentito nel caso in cui il beneficiario abbia ottenuto, rispetto ai debiti contributivi e fiscali, una dilazione o rateizzazione del pagamento ovvero abbia aderito a procedure di definizione agevolata.
Nella relazione che accompagna la richiesta di parere è precisato che il decreto:
- ha la finalità di individuare, in conformità alla normativa primaria, i soggetti che possono accedere alle risorse dell’istituito “Fondo salva opere”, individuando, secondo i criteri posti dal predetto articolo 47 del decreto legge n. 34 del 2019, il relativo ambito di applicazione, tanto sul piano oggettivo, tanto su quello soggettivo;
- delinea il procedimento che deve essere seguito dai beneficiari delle risorse al fine di ottenere la certificazione dei propri crediti, indicando le modalità di proposizione della relativa istanza, la documentazione da allegare alla stessa ed il destinatario;
- definisce i criteri di erogazione delle risorse per le ipotesi nelle quali le stesse risultassero insufficienti rispetto al numero di istanze presentate, prevedendo la formazione di piani di graduazione delle medesime con cadenza semestrale;
- attribuisce al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, presso il quale il Fondo è istituito, il compito di valutare eventuali osservazioni degli aventi diritto ove l’amministrazione aggiudicatrice non provveda sull’istanza di certificazione del credito entro un determinato termine ovvero la disattenda, in tutto o in parte.
In primo luogo, i Giudici di Palazzo Spada hanno condiviso (anche se non pienamente aderente al testo normativo) l’indicazione che le gare di appalti pubblici di servizi e forniture che alimentano il fondo siano esclusivamente quelle connesse alla realizzazione di opere pubbliche; tanto in considerazione della coerenza con la finalità dell’intervento legislativo della conformità al parametro di ragionevolezza. Secondo il parere, tale scelta è quella che meglio risponde a un criterio di interpretazione sistematica e alla ratio complessiva dell’intervento legislativo e, nel contempo, garantisce un assetto normativo equilibrato e pienamente rispondente al meccanismo di finanziamento voluto dal Legislatore.
I problemi
Così come è stata configurata, nei termini sopra descritti, la misura presenta una serie di non trascurabili criticità. In primis, come da più parti è stato rilevato, è evidente l’inadeguatezza delle somme stanziate rispetto al valore totale delle procedure concorsuali in essere, che ammonta ad oltre 430 milioni di euro, secondo i dati riportati dalle associazioni di categorie, (le quali propongono l’intervento di un soggetto terzo, come Cassa Depositi e Prestiti, che anticipi le risorse necessarie). Ancora, il fatto che il Fondo operi solo con riferimento agli appalti di competenza statale e non per le gare aggiudicate da Comuni, Città Metropolitane, Province, anche autonome, e Regioni; si tratta di una distinzione arbitraria e non coerente con la promossa finalità di sostegno agli operatori economici in difficoltà.
Inoltre non può non osservarsi come, durante l’iter di approvazione, l’originaria formulazione della norma sia stata in parte modificata, con l’eliminazione di alcuni passaggi di non poco conto: tra questi, la specificazione che l’importo non sia “gravante in alcun modo sull’aggiudicatario”, ed i riferimenti motivati dall’urgenza e dalla tempestività di pagare le imprese creditrici. Dunque, per come risulta delineata nel testo definitivo, la procedura non prevede alcun termine di adempimento, essendo stati eliminati quelli previsti nella versione iniziale (30 giorni per la verifica da parte della PA sulla spettanza dei crediti, 15 giorni per contestarli e altri 30, decorrenti dalla data della dalla domanda, entro i quali effettuare il versamento).
Conclusione
Certamente la volontà di predisporre un meccanismo di tutela delle parti più deboli della filiera dell’appalto, mirante ad evitare che siano queste ultime a scontare il rischio dell’insolvenza del contraente principale, è condivisibile e apprezzabile.
Tuttavia, quanto sopra evidenziato fa nascere più di un dubbio circa l’effettiva utilità e la reale efficacia della misura. Con ciò a dire che alla prova dei fatti, se le premesse restano invariate, più che la soluzione ai problemi che affliggono i subappaltatori, il Fondo si potrebbe rivelare l’ennesima promessa non mantenuta.