Il dottor Annthok Mabiis, nell’anno 2333, ha annullato tutte, o quasi, le memorie connesse della galassia per mezzo del Grand Ictus Mnemonico. “Per salvare uomini e umanidi dalla noia totale, dalla Sindrome della Noia Assoluta”, perché le memorie connesse fanno conoscere, fin dalla nascita, la vita futura di ciascuno, in ogni particolare. La Memory Squad 11, protagonista di questa serie, con la base di copertura su un ricostruito antico bus rosso a due piani, è incaricata di rintracciare le pochissime memorie connesse che riescono ancora a funzionare. Non è ancora chiaro se poi devono distruggerle o, al contrario, utilizzarle per ricostruire tutte quelle che sono state annientate, se devono cioè completare il lavoro del dottor Mabiis o, al contrario, riportare la galassia a “come era prima”.
Una volta ogni dieci anni. Un evento unico. Da un palcoscenico sempre diverso. Scelto con cura maniacale. Miliardi di spettatori. In milioni di teatri. In casa, nei bar, nelle stazioni, sulle spiagge, nei luoghi di culto. Negli stadi. Nelle valli, nelle colonie spaziali. Si moltiplicavano real-veri. Nessuno sapeva se quei due, che si rimpallavano il recital-24-ore-continue, lì davanti, su quelle assi, fossero gli originali della staffetta secolare, in carne ed ossa, o due loro simular. E a nessuno importava.
Kesten e Fiora in prima fila. La prenotazione l’avevano fatta sessant’anni prima. E finalmente erano a tre metri da loro.
“Nessuno dei due ha memorie connesse, sai?” un pensiero inutile. Quando l’emozione è troppa.
“È ovvio! Dopo il grande ictus mnemonico, nessuno ha più quelle memorie!…” una risposta inutile. Quando sei altrove.
“Ingenui i due tipi… sapessero quante ce ne sono ancora in giro! Rimaniamo in contatto, perché comunque dobbiamo capire se i due pazzi che stanno sul palco sono reali o umanidi… in quel caso potrebbero essere loro dei portatori di memorie connesse…”
“Mi scusi comandante, veramente si sa che sono solo simular, niente umanidi!… e i simular non sono distinguibili dagli originali…”
“Ok, agenti! Allora oggi ci godiamo lo spettacolo!… niente caccia alle memorie connesse…”
Il bus rosso a due piani languiva. Dopo una notte insonne.
Kesten e Fiora si rosavano dell’alba smangiucchiata dagli alti larici. Il palco risuonava. Il palco immortalava.
Robert VII: “Oh, cosa hai visto, figlio mio dagli occhi azzurri ?”
Dario VII: “Ho visto un re”
Robert VII: “Gridiamo gloria al Re”
Dario VII: “Sa l’ha vist cus’e`?”
Robert VII: “Tu che conforti il triste”
Dario VII: “Ha visto un re!”
Robert VII: “Colui che mi solleva la testa”
Dario VII: “Ah, beh; sì, beh”
Robert VII: “Ti vedo velato nella Tua maestà”
Dario VII: “Un re che piangeva seduto sulla sella”
Robert VII: “Noi gridiamo gloria, gloria”
Dario VII: “Piangeva tante lacrime, ma tante che bagnava anche il cavallo!”
Robert VII: “Gridiamo gloria al Re”
Dario VII: “Ho visto un re”
Robert VII: “Knock, knock, knockin’ on heaven’s door…”
Fiora si voltò verso Kesten. Un po’ troppo ad alta voce: “Un giorno, chissà… il mio nascituro potrebbe essere la prossima staffetta, potrebbe essere Dario Fo VIII oppure Bob Dylan VIII…”
(139 – continua la serie. Episodio “chiuso”)
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