Il giusto tentativo del governo di rianimare industria 4.0 con un apprezzabile “mea culpa” e attraverso il lifting del credito d’imposta nasconde alcune insidie tecniche e soprattutto ha il suo più grande nemico direttamente in “famiglia”.
Credito d’imposta e (in)certezza delle regole
Ma partiamo dall’inizio. Dopo anni di posizioni antimpresa e una pressione fiscale diretta superiore al 40% cui si aggiunge una tassa “occulta” pari al 4% del fatturato per le PMI (dati osservatorio sulla semplificazione Assolombarda) che si chiama tempo dedicato dalle imprese per assolvere procedure legate alla burocrazia, finalmente – con il Piano Industria 4.0 – si era vista una misura coraggiosa di politica industriale e sostegno all’innovazione. E infatti le imprese hanno risposto con importanti investimenti.
Passare al credito d’imposta sicuramente aiuta per rapidità e semplicità di utilizzo le PMI ed è molto più appealing a chi ha difficoltà di cassa perché diventa una misura immediatamente compensabile con le uscite fiscali in F24 piuttosto che una misura a bilancio, tuttavia è l’ennesima dimostrazione che in Italia la vita per le imprese è molto dura, perché le regole cambiano ogni anno e l’incertezza resta il nemico numero uno per chi vuole investire e realizzare i propri progetti di sviluppo e innovazione.
Inoltre a credito d’imposta ci sono già la ricerca e sviluppo e la formazione. Questa forma di supporto può essere efficace anche per sostenere industria 4.0, sempre che non tolga la cumulabilità dei vantaggi. I vantaggi derivanti dal credito di imposta su ricerca e sviluppo incidono infatti sull’assorbimento del “de minimis” che per vincolo europeo non può superare i 200 mila euro.
Quindi se il de minimis viene sostanzialmente assorbito interamente da questi crediti significa non poter attingere alle opportunità previste dalle misure di finanziamento ad esso soggetti andando a togliere un’altra fonte importante di sostegno. In sintesi dietro un’idea “nobile” di avvicinamento della misura verso le imprese più piccole e con maggiori difficoltà di cassa, senza le dovute attenzioni tecniche si rischia di passare da 2 pozzi a cui attingere risorse a 1 solo… tra l’altro quello con meno acqua dei due. Attenzione.
Il “nemico in famiglia”
Arriviamo infine al “nemico in famiglia” sopracitato, che è il problema principale perché toglie completamente la fiducia nelle imprese: è il combinato disposto tra i controlli dell’agenzia delle entrate sui progetti 4.0 e gli inasprimenti delle sanzioni penali per i grandi evasori con l’abbassamento delle soglie.
Nella logica di principio sono misure auspicabili contro chi delinque, nei fatti però il risultato, allo stato attuale delle proposte, è che anche una contestazione di agenzia delle entrate per un problema burocratico (quindi senza dolo) nelle procedure di iper o super ammortamento fa facilmente scattare la sanzione penale, per gli amministratori dell’impresa. Questi ultimi e gli imprenditori saranno quindi tutt’altro che incentivati ad investire se poi rischiano il carcere per vizi di forma!
Bisogna fare grande attenzione quindi a non trasformare una buona misura per la crescita, in un incentivo alla descrescita.