Il primo pilastro dell’Agenda Digitale Europea è legato all’essenza principale della dimensione europea, e quindi alla presenza di un mercato unico digitale, in cui sia davvero garantito il libero flusso dei servizi online e dei contenuti digitali. I principali scopi da perseguire nell’ambito dell’Agenda Digitale Europea sono stati così definiti:
- Accrescere il mercato dei download di brani musicali;
- Stabilire un’area comune per i pagamenti online;
- Proteggere i consumatori europei nel Cyberspazio.
Ma l’importanza della realizzazione del mercato unico è proprio nella visione dell’Europa che si si vuole costruire. Illuminante per questa ragione è il discorso pronunciato il 22 gennaio 2014 a Davos (nell’ambito del World Economic Forum) dalla vicepresidente della Commissione Europea
Neelie Kroes: “Vogliamo una leadership Europea? La competitività europea? Un luminoso futuro europeo? Se lo vogliamo – in OGNI area- abbiamo il bisogno di un continente preparato per l’era digitale”. Con una chiara visione di una Europa forte e digitale, con tre caratteristiche principali: “connessa, aperta, sicura”.
E quindi
- Connessa, non solo perché ciascun cittadino europeo deve poter accedere alla rete veloce dovunque si trovi (a casa, al lavoro) ma anche perché ciò deve avvenire sviluppando I servizi digitali europei ed eliminando le barriere tra i paesi che, o a livello burocratico o economico, rendono più difficile e più costoso l’utilizzo di servizi digitali tra I Paesi europei invece che nel singolo Paese. Emblematico in questo senso il costo del roaming telefonico, voce di ricavo non da servizio;
- Aperta, sfruttando pienamente il potenziale di Internet, attraverso gli open data, l’accesso ai dati scientifici, verso una “open Internet” e rivedendo di conseguenza le regole del copyright. Aperta e trasparente anche nella governance della rete e quindi sulla base di un rafforzamento del modello multistakeholder. Evitando che le politiche dei singoli Paesi procedano in modo disorganico e anche contraddittorio. Sempre la Kroes: “Dobbiamo mantenere la coerenza e la capacità di una sola Internet: singola, unificata, innovativa”.
- Sicura, trovando la giusta misura tra la protezione della privacy e la sicurezza dei cittadini, senza estremismi, consapevoli delle opportunità di innovazione che risiedono nell’utilizzo dei dati “alle quali non possiamo voltare le spalle”.
Ecco perché il mercato unico digitale è la precondizione per l’Agenda Digitale Europea, ma si realizza fondamentalmente con tre tipi di azione:
a) di tipo normativo, sia a livello europeo sia di singolo Paese Membro;
b) di tipo infrastrutturale, per assicurare la disponibilità della banda larga e l’adeguato livello di sicurezza;
c) di tipo culturale, per assicurare che sia i cittadini europei sia le organizzazioni siano in grado, ciascuno nel proprio ruolo, di favorirne lo sviluppo.
Un pilastro che si realizza pienamente soltanto se e quando si esplicano del tutto le azioni degli altri pilastri dell’Agenda Digitale Europea.
Lo stato attuale delle azioni per un mercato unico digitale
Il monitoraggio delle azioni a carico dei Paesi Membri solo parzialmente può ricorrere al sito web specifico per l’implementazione dell’Agenda Digitale Europea, chiaramente non gestito e basato sui contributi volontari dei diversi Paesi. Le azioni su quest’area dell’Agenda Digitale Europea risultano in gran parte attuate dai Paesi Membri, ma l’aggiornamento sul sito è a macchia di leopardo. Per quanto riguarda l’Italia, rileviamo che questo vale sia per l’azione 10 (dove non ci sono dati per due delle direttive da adottare per il supporto al mercato unico digitale) sia per l’azione 11 (dove invece la direttiva UE sulla comparazione tra fatturazione elettronica e cartacea è stata approvata ad inizio 2013, ma ancora non risulta nella scheda sul sito).
L’analisi globale delle azioni (sia a carico dell’Unione europea che dei singoli Paesi) fa rilevare tra l’altro un riscontro ambivalente:
- da un lato la Commissione Europea spinge con l’emanazione di direttive per la creazione delle condizioni per un mercato unico;
- dall’altro i singoli Paesi membri di fatto si limitano a seguire (con ritardo) le direttive, con un’applicazione in gran parte di tipo formale, che spesso non si traduce in un reale stimolo alla creazione dell’auspicato “libero flusso di servizi” (e questo è dimostrato dai valori degli indicatori più sensibili alle attività transfrontaliere).
Per un’analisi di maggior dettaglio prendiamo in esame le diverse aree di intervento su questo pilastro dell’Agenda Digitale Europea:
- eCommerce. L’eCommerce transfrontaliero è molto al di sotto dell’obiettivo dell’Agenda (utilizzato dal 20% della popolazione entro il 2015). Se non si considerano i piccoli Paesi (come Cipro, Lussemburgo) la cui popolazione è obbligata a comprare su siti esteri dalla dimensione dei propri Paesi, le percentuali sono mediamente molto basse anche dove l’eCommerce è molto sviluppato. Dal documento di rilevazione “Digital Agenda Scoreboard” di giugno 2013 si rilevano ad esempio percentuali superiori al 10% anche in Paesi come Regno Unito e Paesi Bassi, dove l’eCommerce è utilizzato da oltre il 70% della popolazione. In Italia la diffusione sull’eCommerce è molto più bassa sia in assoluto (poco sopra Bulgaria e Romania) che nello specifico transfrontaliero (sotto il 10%);
- Proprietà intellettuale. La Commissione ha emanato nel corso del 2012 e del 2013 delle direttive sulla gestione dei diritti collettivi e delle licenze multiterritoriali, soprattutto nell’ambito musicale online. L’obiettivo è di definire un framework legale per il 2014 e da qui lanciare le conseguenti riforme della legislazione;
- Contenuti digitali. A fine 2012 e poi nel corso del 2013 la Commissione ha emanato una Comunicazione e poi una consultazione con gli stakeholder, su alcuni temi chiave, come l’accesso transfrontaliero e la portabilità dei servizi, la gestione dei diritti sui contenuti generati dagli utenti, il deposito e l’accessibilità dei film; text e data mining nell’area scientifica;
- Costo dei pagamenti. Il 23 luglio 2013 la Commissione ha adottato la revisione della direttiva sui pagamenti online e un regolamento volti ad intervenire sul costo dei pagamenti, sempre nell’ottica di ridurre i ricavi non legati a servizi effettivi. Un intervento che Michel Barnier, Commissario UE per il Mercato interno e i servizi, aveva così motivato: “Oggi nell’UE il mercato dei pagamenti è frammentato e caro: il suo costo supera infatti l’1% del PIL dell’UE, ovvero 130 miliardi di EUR, l’anno; la nostra economia non se lo può permettere. Con la proposta promuoveremo il mercato unico digitale abbassando i costi e aumentando la sicurezza dei pagamenti via internet, a beneficio sia dei dettaglianti sia dei consumatori”. La proposta di regolamento (che ancora non vede vicina una sua concretizzazione al Parlamento UE) prevede anche una forte modifica delle commissioni interbancarie (inizialmente per movimenti transfrontalieri e poi anche nazionali) “decretando l’attesa fine della loro esosità ingiustificata”, e smantellando “una grande barriera che separa i mercati nazionali dei pagamenti.” Sempre che, come alcuni esperti di settore ipotizzano, con un volume di transazioni in crescita lenta, queste riduzioni non siano trasformate dagli operatori in maggiori costi per i titolari delle carte;
- Interoperabilità dei sistemi di pagamento. Le linee guida della SEPA (Single European Payment Area) per l’interoperabilità dei sistemi di pagamento interbancari, attraverso uno standard unico a livello europeo e un insieme di procedure condivise, vedranno una fondamentale concretizzazione ad agosto 2014 (dopo la recente proroga di sei mesi) con l’uniformazione dei bonifici e degli addebiti diretti;
- Fiducia e sicurezza. A fine 2012 è stato definito un “codice dei diritti online dei cittadini europei”, che punta a enucleare tutti i diritti fondamentali nell’ambiente digitale riconosciuti in diverse normative europee e quindi a sensibilizzare i cittadini nel loro esercizio. Nel corso del 2013 la Commissione ha valutato i risultati dello studio di marzo “EU online Trustmarks – Building Digital Confidence in Europe“, per identificare le politiche più adeguate da perseguire. Anche l’adozione ad Aprile 2013 della Direttiva sulla risoluzione sulle dispute e per la gestione dei reclami correlati a vendite online o a contratti di servizi online è senz’altro un altro elemento importante per la creazione delle condizioni necessarie di fiducia e sicurezza nel mercato unico digitale;
- Roaming. Sul fronte del roaming da luglio 2012 esiste una regolamentazione che spinge verso una maggiore trasparenza sui costi del roaming, che però lascia le telefonate internazionali con un costo tre volte superiore ai costi di una chiamata nazionale.
La strategia sul Cloud
Per accelerare il progresso europeo sul fronte del mercato unico digitale è senz’altro di grande rilevanza l’adozione generalizzata del cloud computing, che ha portato di recente al lancio dell’iniziativa CloudForEurope.
Come ha affermato la Vicepresidente Neelie Kroes “La mia ambizione è realizzare un mercato unico per cloud computing. Questo mercato unico può essere ottenuto investendo in una infrastruttura cloud interoperabile; incrementando la domanda, soprattutto dal settore pubblico; incrementando le forniture attraverso investimenti in ricerca e innovazione; ristabilendo fiducia e trasparenza; e salvaguardando le regole per la protezione dei dati”.
Il progetto CloudforEurope, che vede per l’Italia la partecipazione dell’Agenzia per l’Italia Digitale e del RISE di Trento, punta ad aumentare la fiducia nel cloud computing europeo attraverso l’applicazione degli appalti pre-commerciali (PCP) come strumento per l’innovazione nel settore, stimolando al tempo stesso l’adozione del cloud nel settore pubblico. Il progetto prevede tre fasi, in un periodo di 18 mesi:
a) preparazione dello schema di procurement pre-commerciale, con la definizione e l’avvio di appalti “pilota”;
b) implementazione dello schema PCP definito su più progetti pilota;
c) condivisione, disseminazione dei risultati e formazione
Riflessioni conclusive e posizione dell’Italia
Per contribuire al completamento del mercato unico digitale entro il 2015 la Commissione Europea punta a sviluppare iniziative che già nella definizione dell’Agenda Digitale Europea erano evidenziate:
- promuovere il commercio elettronico nell’UE rendendo più semplice, più affidabile e più competitivo l’utilizzo dei sistemi di pagamento;
- rimuovere le principali cause della mancanza di investimenti nelle connessioni a banda larga ad alta velocità,
- rendere le fatture elettroniche la norma nelle procedure relative agli appalti pubblici
- favorire l’incremento della fiducia dei consumatori.
Secondo la Commissione, “i profitti generali per i consumatori potrebbero arrivare a 204 miliardi di EUR (1,7% del PIL dell’UE) se il commercio elettronico rappresentasse il 15% delle vendite al dettaglio e se gli ostacoli al mercato unico fossero eliminati. Il cloud computing potrebbe permettere all’80% delle organizzazioni di conseguire riduzioni dei costi tra il 10% e il 20%”.
Le fasce di popolazione vulnerabili (persone anziane, con scarsa mobilità, isolate in zone rurali e con un potere d’acquisto modesto) potrebbero beneficiare in modo particolare dal mercato unico digitale, consentendo all’UE di affrontare meglio le sfide demografiche attuali.
Soprattutto nell’ambito dei pagamenti online la posizione italiana è tra le più critiche e arretrate.
E nel nostro Paese il problema non è tanto nell’apertura all’adozione del mercato unico digitale o a resistenze sugli scambi transfrontalieri. Molto più a monte, la resistenza italiana si manifesta sul versante del digitale tout-court.
Solo per citare alcuni numeri emblematici nell’area dei pagamenti e in generale dell’eCommerce:
- i costi di produzione, sostituzione, trasporto e sicurezza legati alla carta moneta sono di oltre 100 miliardi di Euro all’anno in Europa ma in Italia sono tra i 10 e i 15 miliardi (circa l’1% del PIL) (fonte della Banca d’Italia, 2012);
- il contante in Italia è utilizzato per l’87% dei pagamenti (dato ABI 2013);
- l’eCommerce è utilizzato da meno del 10% della popolazione (dati Eurostat 2013, Digital Agenda Scoreboard).
Il nostro Paese ha bisogno pertanto di azioni specifiche che intervengano a livello culturale e infrastrutturale (fiducia e sicurezza nelle transazioni, incremento nella disponibilità di servizi online) ma anche economico, incentivando i pagamenti online.
Questo vale in generale per le politiche di intervento sull’Agenda Digitale Europea, dove la tentazione è di superare le resistenze al cambiamento per via normativa generale, mentre i problemi si situano molto spesso nelle dinamiche specifiche dei Paesi.
La linea ispiratrice della politica europea dovrebbe quindi essere quella di prevedere una governance unica europea ma articolata a livello di Paese (nel caso dei sistemi di pagamenti, prevedendo ad esempio “un maggior ruolo e una maggiore autonomia delle Autorità nazionali di regolamentazione nella determinazione dei parametri da definire su base locale”), modellata secondo gli obiettivi e le linee di azione comuni, tale da consentire azioni rapide, omogenee nei principi e specifiche e incisive nella pratica.
E con un vero monitoraggio e una reale condivisione dei risultati.