La scheda

Soglie comunitarie appalti 2020: novità e limiti

Soglie comunitari appalti, pubblicati i chiarimenti dell’Agenzia delle entrate: con il Decreto fiscale è stata introdotta una nuova normativa per i contratti pubblici dal valore superiore ai 200.000 euro, per contrastare il fenomeno delle compensazioni indebite

Pubblicato il 06 Mar 2020

Nicoletta Pisanu

Giornalista professionista, redazione AgendaDigitale.eu

Nuovo-codice-appalti

Soglie comunitarie appalti, l’Agenza delle entrate con la circolare 1/E  ha chiarito le regole per non sbagliare. Precisazioni necessarie, data l’introduzione con il Decreto fiscale 2019 di una nuova normativa sugli appalti dal valore superiore ai 200.000 euro. L’intervento dell’AdE vuole offrire chiarimenti per tutte le parti coinvolte nelle procedure di procurement, quindi appaltatori, committenti, subappaltatori e tutti i soggetti inclusi, spiegando anche a quali sanzioni si va incontro in caso di non corretta applicazione delle leggi. Vediamo di che cosa si tratta e cosa suggerisce l’ente.

Soglie comunitarie appalti, cosa dice la normativa

Le precisazioni dell’Agenzia delle entrate riguardano le ritenute e le compensazioni nei contratti pubblici dal valore superiore a 200.000 euro, da considerare se sono presenti determinate condizioni. Queste nuove regole fiscali sono state presentate con il decreto legge 124 del 2019.

L’obiettivo delle nuove regole è la lotta a chi:

  • Tramite indebita compensazione non versa (o versa in maniera insufficiente) le necessarie ritenute
  • Tramite la compensazione versa contributi o premi assicurativi che sono obbligatori.

Soglie comunitarie appalti, chi deve seguire le regole

Le regole introdotte dal Decreto Fiscale vanno applicate tutte le volte che “soggetti committenti affidano a un’impresa il compimento di una o più opere o di uno o più servizi di importo complessivo annuo superiore a 200.000 euro, con contratti di appalto, subappalto o di affidamento a consorzi (o rapporti negoziali comunque denominati), caratterizzati da prevalente utilizzo di manodopera presso le sedi di attività del committente con utilizzo di beni strumentali dello stesso committente o ad esso riconducibili in qualunque forma”, spiega l’Agenza delle entrate in una nota di accompagnamento alla circolare 1/E sull’argomento.

L’Agenzia delle entrate precisa quindi il dettaglio che la nuova normativa riguarda i soggetti residenti in Italia che nell’ambito di contratti pubblici prestano manodopera, servendosi di beni strumentali di cui è proprietario il committente (oppure che sono comunque riconducibili a lui).

Cause di esclusione

Sono esclusi da questa disciplina:

  • Non residenti in Italia
  • Soggetti senza una stabile organizzazione sul territorio nazionale
  • Residenti in Italia che non sono imprese, imprese agricole o professionisti. L’Agenzia delle entrate fa l’esempio specifico dei condomini, i quali non sono possessori di beni strumentali.
  • Enti non commerciali nello svolgimento delle loro attività non di commercio.
  • Esclusi appaltatori, affidatari o subappaltatori che diano le seguenti garanzie al committente, tramite apposite certificazioni:
    – Attività intrapresa da almeno tre anni
    – Essere in regola con le dichiarazioni fiscali
    – Di aver “eseguito nel corso dei periodi d’imposta cui si riferiscono le dichiarazioni dei redditi presentate nell’ultimo triennio versamenti complessivi, registrati nel conto fiscale per un importo non inferiore al 10 per cento dell’ammontare dei ricavi o compensi risultanti dalle dichiarazioni stesse”, spiega tecnicamente l’Agenzia delle entrate nella nota di accompagnamento alla circolare.
    – Di non avere in corso accertamenti esecutivi, iscrizioni a ruolo o avvisi di addebiti riguardanti Irap, imposte, contributi di valore superiore a 50.000 euro.

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