voto e microtargeting

Elezioni Usa 2020: tutti i danni della propaganda nell’era delle fake news

Gli elettori Usa si avvicinano alle votazioni presidenziali di novembre con più consapevolezza del rischio fake news. Questo è un bene, ma è vero anche che si sta verificando un’eccessiva paranoia per le botnet, i troll e le nuove, potenziali ingerenze straniere. Un caso, in particolare è emblematico. Vediamo perché

Pubblicato il 05 Mar 2020

Luigi Gubello

esperto in sicurezza informatica

voto

Fa più danni la propaganda o la paura della propaganda? La domanda sorge spontanea nell’era delle fake news e del microtargeting: il sospetto che dietro alcuni account possano esserci team digitali che vogliono veicolare o alterare un messaggio oppure altri attori che vogliono comunque influenzare le elezioni per qualche fine sta creando una sorta di isteria che genera casi limite, come quello che ruota intorno all’account Twitter @easychinedu, di cui parleremo di seguito.

I timori di ingerenze estere nelle elezioni Usa

In vista delle elezioni presidenziali di novembre negli Stati Uniti, sono attualmente in corso le primarie del Partito Democratico, che della tornata elettorale sono l’anticamera.

Dal momento che le ultime elezioni presidenziali del 2016 sono spesso ricordate per le forti ingerenze russe, principalmente contro il Partito Democratico, il timore che la Russia o altri attori esterni – come ad esempio l’Iran – possano interferire anche in queste elezioni è alto sia tra le varie agenzie di intelligence statunitensi sia tra i supporter dei vari potenziali candidati alla Casa Bianca.

È proprio di questi giorni la notizia, trapelata da fonti dell’intelligence USA, di interferenze già in corso da parte della Russia per sostenere Trump, usando sia schemi già applicati in passato che nuove strategie.

A febbraio Facebook ha annunciato di aver rimosso profili Facebook e Instagram coordinati, collegati ai servizi di intelligence russi che stavano interferendo in Ucraina e paesi confinanti, dimostrando come la Russia voglia ancora estendere la propria influenza tramite l’abuso dei social network.

La controffensiva dei candidati alla Casa Bianca

In questo contesto si inserisce la propaganda aggressiva, e a volte dalla dubbia etica, svolta sui social network dai team di social media manager e spin doctor di molti candidati alle presidenziali: ad esempio il candidato alle primarie del Partito Democratico Michael Bloomberg ha già investito quattrocento milioni di dollari in pubblicità – non solo sui social network ovviamente – stando a quanto riporta il Washington Post.

La principale differenza rispetto alle precedenti elezioni è che gli elettori, o almeno una parte di essi, sono consci dell’esistenza delle pubblicità mirate e della disinformazione coordinata sui social network. Se questo può apparire come un fatto positivo – e indubbiamente lo è, perché una maggior consapevolezza di come i partiti politici o gli attori malevoli possano veicolare un messaggio dovrebbe rendere gli elettori più attenti alle fonti che utilizzano e alla veridicità delle notizie che leggono – dall’altro lato si sta verificando un’eccessiva paranoia per le botnet, i troll e i potenziali gruppi di account coordinati da un’unica regia, portando così le persone a non distinguere più una persona reale, semplicemente supporter di un altro leader politico, da un troll o da un bot.

In un bellissimo articolo intitolato “The Billion-Dollar Disinformation Campaign to Reelect the President“, uscito su “The Atlantic” a fine gennaio a firma di McKay Coppins, c’è la miglior sintesi che io abbia letto riguardo la paura e la paranoia verso le compagne coordinante di manipolazione dell’informazione:

“Eventually, the fear of covert propaganda inflicts as much damage as the propaganda itself.”

Il “caso” @easychinedu

Questa frase descrive bene la vicenda, di pochi giorni fa, che ruota intorno all’account Twitter @easychinedu [ndr, nel momento in cui sto scrivendo questo account non è raggiungibile perché disattivato dal proprietario].

L’utente @easychinedu è un cittadino nigeriano che dalla Nigeria dava forte supporto al candidato Pete Buttigieg, ma che è stato scambiato – leggasi “accusato” – di essere un account falso direttamente collegato a Lis Smith, un’esperta in campagne digitali che in questo momento si sta occupando della campagna di Buttigieg. La teoria che dietro l’account @easychinedu ci fosse il team di comunicazione di Buttigieg è stata ripresa anche dal giornalista David Klion, che ne ha aumentato così la viralità e la credibilità, nonostante non avesse reali evidenze del fatto.

Il giornalista si è infine “scusato” pubblicamente, tramite un tweet, per l’errore commesso. Sia il giornale Buzzfeed che Slate hanno ricostruito la vicenda che nasce da un tweet indubbiamente particolare scritto da @easychinedu, tweet che non è passato inosservato e sui cui è stata costruita tutta la teoria che l’account non fosse altro che un burattino nelle mani di Lis Smith. Slate è anche riuscita a intervistare il proprietario dell’account che ha potuto descrivere la vicenda vissuta in prima persona, portandolo alla fine anche ad eliminare l’account.

Purtroppo, questo sembra essere uno degli effetti generati dalle precedenti elezioni. Né in questo clima di crescente sospetto aiutano le scelte dei vari spin doctor che decidono di cavalcare a proprio favore ogni evento, proprio come è accaduto nel caso di questa cospirazione: Lis Smith ha approfittato dell’errata cospirazione per pubblicare un tweet per potersi, in qualche modo, avvantaggiare della situazione oltre che difendersi.

In queste elezioni, che sono solamente all’inizio, sarà molto complicato per i ricercatori distinguere tra account falsi e reali sostenitori dei candidati in corsa per la Casa Bianca e, ancor più complicato, sarà capire chi c’è dietro i vari account falsi e per quale ragione. Quattro anni fa la Russia ha mostrato una via che, presumibilmente, in molti ora vorranno percorrere.

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