La giornata del 1 gennaio del 2017, non senza qualche polemica, è stata scelta dal legislatore per predisporre, anche tra i privati, la facoltà di emettere fatture elettroniche, ovvero di osservare i principi concernenti la fatturazione elettronica. Una giornata davvero importante nell’era digitale perché dal 2017 aziende e studi professionali potranno iniziare ad emettere e conservare anche Fatture di natura elettronica, facilitando lo scambio tra una impresa e un’altra utilizzando sistemi celeri, digitali e sicuri. La missione, infatti, è quella di introdurre nelle aziende – studi -ecc. solo “processi digitali” per “svecchiare” i metodi di fatturazione e conservazione previsti prima dell’entrata in vigore del D.P.C.M. del 3 dicembre del 2013, recante le regole tecniche di conservazione. I risultati sono in parte sorprendenti, in quanto si taglieranno naturalmente i costi della carta, e , non solo, si ridurrà notevolmente anche il fenomeno di “evasione fiscale” e ultimo ma non meno importante, anzi certamente quello di maggior rilievo, il vantaggio di avere un processo digitale a norma che parte dalla fattura elettronica e arriva alla completa gestione automatica e appunto digitale del ciclo di fatturazione e di tutti i documenti ad essa collegati. Del resto la fatturazione elettronica tra privati è senza alcun dubbio un evidente vantaggio per tutto il sistema paese e le aziende che potranno già dal 1 gennaio 2017, approfittare di questa importante e grande possibilità. Ovvero digitalizzare i proprio processi di business, per aumentare l’efficacia, le performance e l’interoperabilità tra i sistemi informativi, ha fatto sì che si valutassero le soluzioni possibili per aziende di adottare la stessa metodologia di fatturazione di cui si avvale la Pubblicazione Amministrazione, già dal 31 marzo del 2015 e ancora prima dal 6 giugno 2014.
E allora dove sta tutto questo allarmismo per il futuro, se di fatto nulla risulterebbe cambiato se questo obbligo è attualmente già previsto per le FatturePA? Il problema è evidente. Se fino ad oggi un’azienda che intende conservare un documento informatico, può, ai sensi dell’art. 6 del DPCM del 3 dicembre del 2013, rivolgersi ad un conservatore anche esterno mediante un contratto di outsourcing regolarmente stipulato, con il nuovo CAD che entrerà in vigore il 1 luglio 2016, questa facoltà di libera scelta da parte di una azienda non potrà in alcunché essere giustamente vagliata. Questo perché, ai sensi dell’art. ART.37 1-bis attualmente in bozza : “Se il documento informatico è conservato per legge da una pubblica amministrazione, cessa l’obbligo di conservazione a carico dei cittadini e delle imprese che possono in ogni momento richiedere accesso ai sensi delle regole tecniche di cui all’articolo 71″.
Inoltre questo articolo non si estende ai documenti fiscali e contabili, a cui invece si rimanda giustamente al DMEF del 17 Giungo del 2014, come evidenziato in questo articolo.
E’ evidente che siamo di fronte ad una norma foriera di insidie. Invero in un’eventuale controversia giudiziaria, per la quale si necessita di esibire al vaglio del Giudice Fatture in formato elettronico, può la stessa PA che conserva le fatture dei cittadini e delle imprese, fornire la documentazione conservata di tutte le parti ( chiamate in causa) per lo stesso giudizio? Non ci troveremo di fronte ad un difetto giuridicamente rilevante? Non c’è alcun dubbio la norma sancita dal nuovo Codice dell’Amministrazione Digitale violerebbe il disposto degli artt. 24 – 103 – 113 della Costituzione, in quanto con l’avvento del CAD si lederebbero gli interessi legittimi e i diritti soggettivi dei singoli. Nel caso di specie, infatti, trattandosi di tutele specifiche per le parti in causa, si incorrerebbe nella presunzione di attribuzione di diritti da far valere da entrambe le parti, le quali procederebbero affinché il Giudice valutasse accuratamente le prove dirette e contrarie che confermano le loro tesi solo sulla base della documentazione eventualmente esibita dalla Pubblica Amministrazione. Questa è una idea di risultato poco apprezzabile da parte di quei soggetti che, seppur con qualche difficoltà, tentano di approcciarsi al mondo della digitalizzazione. Inoltre appare evidente come questa norma sia contraria ai principi del libero mercato, con un’invasione di campo da parte di una proposta pubblica, che andrebbe a ledere un comparto lavorativo nel settore della digitalizzazione a norma, che impiega ad oggi oltre 100.000 persone ed è in continua crescita. Una proposta pubblica che evidentemente non sarà gratuita, come si vuole far credere, ma necessiterà di un corposo investimento pubblico andando a togliere ulteriori risorse ai contribuenti italiani.
Perciò, non sarebbe meglio procedere per la nomina di un conservatore interno ed eventualmente esterno che sia del tutto “neutrale” alle parti teoricamente citate in giudizio?
Bisogna cercare sempre le migliori risoluzioni; l’evoluzione digitale rappresenta un confronto, una lotta, una sfida dobbiamo essere “vittoriosi non vinti”.