LO SCENARIO

Cloud chiave di volta per il management a prova di entropia

Iperconnessione globale e digital transformation stanno aprendo a traiettorie di sviluppo inedite, tipiche dei sistemi complessi. Servono visioni in grado di gestire l’innovazione scongiurando il caos decisionale e operativo. Gli strumenti a disposizione di nuovi modelli di erogazione dei servizi

Pubblicato il 22 Mag 2020

Claudio Fadda

IBM-Architect, University Relations

Mauro Lombardi

Scienze per l’Economia e l’Impresa, Università di Firenze

cloud

In un mondo diventato uno spazio intelligente la dinamica di imprese e organizzazioni è connessa alla capacità di cogliere l’enorme potenziale di opportunità esistente. Una delle sue componenti fondamentali è il cloud computing, che potrebbe diventare uno strumento strategico per un nuovo modello di erogazione dei servizi da inventare durante il processo di trasformazione digitale della propria attività, qualunque essa sia.

Iperconnessione globale e potenza computazionale

Una serie di sfide globali si ergono di fronte ai sistemi economico-sociali: transizione energetica ed ambientale, cambiamenti climatici, scarsità di risorse fondamentali (cibo, acqua, materie rare), eccessiva finanziarizzazione. Il tutto si esplica in uno scenario di iperconnessione globale, dove flussi di informazioni, prodotti e persone si intersecano, sovrappongono e interagiscono generando esiti spesso non del tutto prevedibili.

Siamo nell’era dominata dalla non linearità delle dinamiche tecnico-scientifiche ed economico-produttive, dalla complessità e dall’incertezza, mentre la dinamica tecno-economica è alimentata senza sosta dall’aumento della potenza computazionale a disposizione degli agenti (individui e imprese). Non è esagerato ritenere che pensiamo ed agiamo in un mondo fisico-cibernetico (Wiener, 1948), dove processi fisici e informativi si influenzano reciprocamente, come è spesso accaduto in passato.

La differenza fondamentale, nel contesto odierno, è costituita dal fatto che la pervasività dei dispositivi che elaborano l’informazione (cosiddetti cyber-physical-systems) generano un potenziale infinito di effetti ambivalenti. Se da un lato la “nuvola informativa” che avvolge e pervade i processi sociali aumenta enormemente le potenzialità a disposizione di chiunque, dall’altro è davanti agli occhi di tutti la tendenza all’auto-organizzazione bottom-up e soprattutto top-down delle forze socio-economiche, in grado – specialmente queste ultime – di orientare determinate traiettorie di trasformazione, come abbiamo messo in evidenza in precedenti contributi su Agenda digitale.

E’ opportuno sottolineare un dato rilevante: aumenta il divario tra incremento esponenziale della potenza computazionale[1], mentre il volume dei dati prodotti a livello globale aumenta ancora più velocemente (Helbing, 2015: 212). Ciò comporta che si formino reti tra gli esseri umani e tra le imprese-organizzazioni, proprio per la “limitata capacità di racchiudere conoscenza e know-how” (Hidalgo, 2015: 212). Siamo di fronte ad una sorta di paradosso: più si sviluppa la capacità di produrre informazioni, meno gli umani sono in grado di controllarne i flussi, mentre si generano comunque – endogenamente allo spazio connettivo globale – reti per il governo dei flussi (i Techno-Giants, già trattati nei contributi prima indicati).

Entropia e surplus informativo

E’ doveroso sottolineare un aspetto rilevante della situazione estremamente dinamica che si è venuta a creare e sembra non avere limiti evolutivi. Questa sorta di surplus informativo (Netto et al., 2017) genera crescenti difficoltà nel trattare le possibilità di azione e cioè la selezione delle strategie da attuare. Siamo in sostanza di fronte a forme mutevoli di entropia sociale, ovvero di contesti in cui i sistemi sociali devono fronteggiare “un ampio numero di possibili configurazioni che possono essere ottenute” (Zingg et al., 2019).

In altri termini, l’entropia, a cui sono connesse la complessità e l’incertezza sostanziale, caratteristica di situazioni in cui non è possibile effettuare calcoli probabilistici, indica la possibilità di adottare una molteplicità di configurazioni tra cui scegliere. Ciò vale per gli individui come per le organizzazioni di qualsiasi natura (imprese, soggetti pubblici), anche perché nelle fasi di transizione come quella odierna sono evidentemente destinate ad aumentare la numerosità e l’ampiezza delle asimmetrie, continuamente generate all’interno di strutture interattive tendenzialmente globali.

Il quadro diventa ancora più complesso se si pensa che è oggi una realtà di fatto la modellazione computazionale delle sequenze economico-produttive dalla nano-scala alla scala ordinaria, attraverso la progettazione dal livello sub-atomico e atomico, fino alla rappresentazione delle interazioni dei mercati di tutto il mondo.

Si pensi, ad esempio, al caso del grafene, inventato nel 2004 dal Premio Nobel 2010 per la Fisica Kostantin Novolosev e oggi impiegato in un’ampia serie di applicazioni (biomedicali, elettronica, tessile – per tessuti con cui si fanno jeans – e così via). L’orizzonte tecnico-produttivo diventa così multi-livello e intersettoriale, dai confini disciplinari permeabili e variabili, per cui i processi produttivi sono il risultato di attività diffuse di sperimentazioni diffuse, basate sulla combinazione e ri-combinazione di molteplici spazi di conoscenze.

Come gestire l’imprevedibile

Mutano profondamente, di conseguenza, i modelli di business e con essi la cultura tecnico-manageriale. Soffermiamoci innanzitutto su un aspetto di fondo: emerge la necessità di un drastico cambiamento potenziale di risorse strategiche, competenze e modelli di management.

Il punto di partenza è giocoforza l’assunzione di un nuovo frame tecnico-scientifico e produttivo, di nuove modalità di concettualizzazione e rappresentazione dei processi e delle attività: le decisioni degli agenti economici e sociali non devono più misurarsi con una gamma di opzioni definite, tra cui scegliere quella ritenuta ottimale, sotto i vincoli delle risorse a disposizione, ma con una realtà contraddistinta da quella che abbiamo definito “entropia sociale”, quindi con un potenziale di traiettorie di sviluppo e di configurazioni note solo in parte, perché soggette a molteplici dinamiche evolutive, tipiche di un sistema complesso com’è attualmente il mondo contraddistinto dall’iperconnessione globale.

Tutto questo non implica la paralisi cognitiva e decisionale, bensì l’opposto: la consapevolezza del contesto deve indurre ad un salto qualitativo nel prendere le decisioni, facendo ricorso ad una serie di principi, orientamenti metodologici e criteri operativi, che sottoponiamo alla riflessione di tutti.

Come sviluppare nuovi modelli di management

Partiamo dai principi. Occorre in primo luogo sviluppare capacità di elaborazione strategica ad ogni livello, il che significa adottare un atteggiamento mentale orientato al medio-lungo termine e alla conoscenza del proprio posizionamento tecnico-competitivo in un quadro evolutivo e apparentemente senza punti stabili.

Lo strategic thinking deve essere in stretta connessione con il system thinking, perché occorre mettere al centro dell’attenzione le interdipendenze e le interrelazioni tra fenomeni, processi e attività, attuali e potenziali, in cui si è inseriti. E’ logico che questo avvenga, dal momento che processi e output non sono più realtà univocamente definite nella loro materialità e nelle funzioni tradizionali. In pratica, grazie ai sistemi di software incorporati e attivi dalla fase di progettazione all’intero ciclo di vita, essi diventano insiemi di funzionalità variabili.

Ad esempio, un orologio non è più solo un dispositivo di misurazione dello scorrere del tempo, ma può anche assumere funzioni di monitoraggio dei parametri corporei e di somministrazione di medicinali a seconda degli stress sanitari a cui siamo sottoposti. Tendenze analoghe sono rilevabili presso qualsiasi oggetto e sequenza di fenomeni di tipo materiale o immateriale. Le attività economico-produttive tendono ad assumere le proprietà tipiche di insiemi/sistemi aperti e quindi richiedono una visione sistemica, che accomuni più competenze e discipline per la progettazione e il controllo durante tutto il ciclo di vita dei prodotti.

Di qui discendono logicamente principi orientativi di fondo: multidisciplinarità e interdisciplinarità dovrebbero permeare la vita dinamica di imprese e organizzazioni. Più ambiti di conoscenza, infatti, devono cooperare, sviluppare schemi mentali convergenti, condividere strumenti concettuali e operativi. Balza allora in evidenza la centralità di dinamiche di apprendimento collettivo, per sviluppare le quali coinvolgendo simultaneamente più domini di conoscenze occorre adottare precisi orientamenti metodologici.

Centralità del computational thinking

Le prestazioni lavorative evolveranno in ogni ambito verso il computational thinking, che non significa “ragiona come il computer”. Al contrario, esso vuol dire “pensare per progetti” in termini di problemi da risolvere (problem finding) e la cui soluzione richiede capacità individuali e collettive di astrazione, scomposizione dei problemi in sotto-problemi, attraverso la ricerca di nuovi itinerari e ambiti di conoscenze da esplorare direttamente e all’interno di reti progettuali, potenziando così capacità di calcolo e gamma delle conoscenze attingibili.

Per questa via problemi che sembrano a prima vista “intrattabili” dal punto di vista computazionale possono essere affrontati e auspicabilmente risolti, ad esempio mediante collaborazioni in cloud. Sarebbe così possibile anche definire strutture logiche di risoluzione non fisse, ma adattative rispetto al variare delle conoscenze e quindi elaborare regole (algoritmi) mutevoli, aperte verso l’arrivo di nuovi segnali e informazioni.

Un ulteriore aspetto positivo è in questi casi la possibilità sia di generalizzare le conoscenze acquisite mediante sistemi avanzati di information processing (Machine Learning, Reti Neurali Convolutive, Deep Learning, Capsule Networks di Jeoff Hinton, Treelets di Gary Marcus), sia di acquisire la capacità di elaborare modelli predittivi e, in casi fortunati, anticipatori delle tendenze positive e negative. Torna appropriato a questo riguardo la celebre frase di Pasteur: “la fortuna aiuta le menti preparate”.

Abbiamo finora argomentato che la rilevanza della capacità di elaborazione strategica si basa necessariamente sulla propulsione dei vari agenti individuali e collettivi all’interno di partnership progettuali. Di qui deriva una importante conseguenza: lo sviluppo e la realizzazione di progetti richiede elevate funzioni di coordinamento strategico, per cui sono essenziali competenze tecno-economiche e modelli tecnico-manageriali molto differenti da quelli prevalenti nel passato.

Come cambiano le competenze

Ovviamente non si tratta di ipotizzare che l’esercizio delle funzioni direttive di coordinamento sia affidato a personalità con culture enciclopediche alla Leonardo da Vinci, che oggi sarebbe impensabile date le caratteristiche evidenziate: complessità, multidisciplinarità, incertezza, entropia sociale. Nel nuovo scenario le attività manageriali devono essere svolte con la consapevolezza che la progettazione si svolge in un orizzonte di “experimental organised economy (Henrekson e Johansson, 2008; Johansson, 2010). Il coordinamento di molteplici competenze in continua evoluzione richiede mentalità aperta, leadership attenta e orientata ai problemi, arricchita da una inesauribile curiosità intellettuale.

In poche parole, è necessario saper guidare team di competenze multiple sulla base di una visione ampia e sensibile nel cogliere potenzialità da trasformare in occasioni di business. Interoperabilità informativa, virtualizzazione, decentralizzazione cognitiva e decisionale all’interno e all’esterno di un’impresa o di un’organizzazione, in modo da poter consentire una reattività immediata rispetto all’accelerazione dei flussi di informazione ubiquitari.

Tutto ciò acquista ancor più valore oggi, allorché nuovi e sempre più potenti strumenti di Intelligenza Artificiale intervengono quasi in ogni momento dei processi socio-economici. Le funzioni di controllo e coordinamento non possono essere demandate ad agenti artificiali, quindi il management dei processi richiede con maggior forza lo sviluppo di nuovi livelli di managerialità, arricchiti da competenze trasversali e peculiari proprietà di leadership, senza le quali la frequenza dell’innovazione nei modelli di business si trasforma in caos decisionale e operativo.

In un mondo ormai diventato uno spazio intelligente, dove i processi fisico-digitali si sviluppano attraverso reti di agenti multi-scala, la dinamica di imprese e organizzazioni in genere è indissolubilmente connessa alla capacità di individuare e cogliere l’enorme potenziale di opportunità esistente. Una delle sue componenti fondamentali è il cloud computing, che potrebbe diventare uno strumento importante verso un nuovo modello di erogazione dei servizi da inventare durante il processo di trasformazione digitale della propria attività, qualunque essa sia.

Bibliografia

Helbing D., 2015, The Automation of Society in Next:  Next: How to Survive the Digital Revolution, Createspace Edition

Henrekson M., Johansson D., 2008, Competencies and Institutions Fostering High-growth Firms, Foundations and Trends in Entrepreneurship, Vol. 5: No. 1, 1-80

Hidalgo C.H., 2016, L’evoluzione dell’ordine. La crescita dell’informazione dagli atomi alle economie, Bollati Boringhieri

Johansson D., 2010, The theory of the experimentally organized economy and competence blocs: an introduction, Journal of Evolutionary Economics, 20: 185-201.

Netto V.M., Meirelles J. Ribeiro F.L., 2017, Social entropy and the city, OSF, Researchgate.

The Economist, 2015, The end of Moore’s Law, April.

Wiener N., 1948, Cybernetics: Or Control and Communication in the Animal and in the Machine, MIT Press

Zingg C., Casiraghi G., Vaccario G., Schweitzer, 2019, What Is the Entropy of a Social Organization?, Entropy 21, 901.

Note

  1. Ci riferiamo alla legge di Moore, cioè il raddoppio ogni due anni della densità dei chip, il cui superamento è stato più volte annunciato (The Economist, 2015)

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