Gli strumenti utilizzati dallo smart worker (ad esempio pc portatili e smartphone) per prestare la propria attività lavorativa permettono una reperibilità ed una connessione, non solo potenziale ma di fatto, costante e continua. E ciò rischierebbe di compromettere il bilanciamento tra vita professionale e vita privata che è tra i presupposti dell’istituto del lavoro agile.
In questo quadro si inserisce il diritto alla disconnessione, in virtù del quale il prestatore di lavoro deve essere protetto da una potenziale perenne connessione.
Facciamo il punto sugli accordi che tutelano questo diritto.
Diritto alla disconnessione e smart working
La Legge 81/2017 ha introdotto nell’ordinamento italiano il lavoro agile (comunemente definito come smart working), una specifica modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato. Si tratta di un nuovo approccio all’organizzazione aziendale, in cui le esigenze individuali del lavoratore si contemperano, in maniera (potremmo dire) complementare, con quelle dell’impresa.
Datore di lavoro e prestatore di lavoro (lo smart worker) possono stabilire che la prestazione lavorativa – anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi nonché senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro – venga eseguita “(…) in parte all’interno di locali aziendali e in parte all’esterno senza una postazione fissa”.
Il tutto, purché entro i limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva. Come sappiamo, l’obbligo di accordo scritto con il lavoratore è temporaneamente sospeso per il periodo emergenziale da Covid-19.
Nel contesto del diritto alla disconnessione dunque, il prestatore di lavoro deve, in sostanza, essere libero di disattivare le strumentazioni tecnologiche e le piattaforme informatiche di lavoro.
A tal proposito il comma 1 dell’articolo 19 della Legge 81/2017, seppur senza fornire una definizione giuridica, dispone che “(…) l’accordo individui tempi di riposo del lavoratore nonché le misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro”.
Nell’accordo individuale, sottoscritto dal datore di lavoro e dal lavoratore, devono, quindi, essere previsti i tempi di riposo e le misure tecniche ed organizzative cosicché il lavoratore possa interrompere i collegamenti informatici e disattivare i dispositivi elettronici sulla base delle prescrizioni ivi inserite.
Infatti, la tematica della disconnessione nasce principalmente in relazione allo sviluppo tecnologico e all’innovazione digitale.
Diritto alla disconnessione e garante privacy italiano
In audizione al Parlamento il 13 maggio 2020, il Garante privacy italiano ha detto che è necessario assicurare in “modo più netto” il diritto alla discussione per tutelare la distanza tra spazi di vita privata e attività lavorativa (“una delle più antiche conquiste” in fatto di diritti sul lavoro. “Il ricorso alle tecnologie – ha aggiunto Soro – non può rappresentare l’occasione per il monitoraggio sistematico del lavoratore. Deve avvenire nel rispetto delle garanzie sancite dallo Statuto a tutela dell’autodeterminazione del lavoratore che presuppone, anzitutto formazione e informazione del lavoratore sul trattamento a cui i suoi dati saranno soggetti”. “Non sarebbe legittimo fornire per lo smart working un computer dotato di funzionalità che consentono al datore di lavoro di esercitare un monitoraggio sistematico e pervasivo dell’attività compiuta dal dipendente tramite questo dispositivo”.
Il diritto alla disconnessione in Francia
Il primo Stato europeo ad aver cercato di disciplinare il diritto alla disconnessione è stata la Francia con la Loi n. 2016-1088 dell’8 agosto 2016 (la cosiddetta Loi Travail o El-Khomr) che ha modificato l’art. 2242-8 del Code du Travail.
Al comma 7 del predetto articolo è stato, in particolare, sancito l’obbligo per le aziende aventi oltre 50 dipendenti di prevedere il diritto alla disconnessione nel contratto collettivo aziendale. Detta norma ha, altresì, disposto che, in mancanza di accordo, il diritto de quo deve essere previsto in un regolamento previa consultazione del comité d’entreprise (“comitato aziendale”), o, in mancanza, con i rappresentanti dei lavoratori. Regolamento questo che deve, peraltro, definire le modalità di esercizio del diritto alla disconnessione e prevedere, per il personale addetto alla sorveglianza dei lavoratori, corsi di formazione e di sensibilizzazione su un uso ragionevole degli strumenti digitali di controllo dell’attività lavorativa. Questo intervento normativo trova la sua ragion d’essere in contratti collettivi che avevano già disciplinato in Francia, in via sperimentale, il diritto alla disconnessione.
Il diritto alla disconnessione nella contrattazione collettiva in Italia
Anche in Italia vi sono stati accordi aziendali che, anticipando la Legge 81/2017, hanno, anche indirettamente, disciplinato il diritto in esame.
Si pensi all’accordo Barilla del 2015, il quale prevedeva che durante l’espletamento del lavoro agile, nell’ambito del normale orario di lavoro, la persona doveva rendersi disponibile e contattabile tramite gli strumenti aziendali messi a disposizione. Il che implica a contrariis che la disconnessione sarebbe stata garantita al di fuori di quell’orario.
O ancora l’accordo della General Motor, sempre del 2015, in cui veniva disposto che gli smart workers dovevano essere raggiungibili nelle ore centrali della giornata telefonicamente o mediante il servizio di messagistica istantanea aziendale.
Successivamente all’entrata in vigore della Legge 81/207, il diritto alla disconnessione è stato, invece, espressamente disciplinato, nel pubblico, dal CCNL relativo al personale del comparto Istruzione e Ricerca 2016/2018, firmato il 18 aprile 2018. Infatti, l’art. 22, comma 4, lett. C8), del CCNL in questione rinvia alla contrattazione integrativa la definizione di “criteri generali per l’utilizzo di strumentazioni tecnologiche di lavoro in orario diverso da quello di servizio al fine di una maggiore conciliazione tra vita lavorativa e familiare (diritto alla disconnessione)”.
E poi il diritto alla disconnessione è stato regolamentato dal CCNL per i Quadri direttivi e per il personale delle aree professionali dipendenti dalle imprese creditizie, finanziarie e strumentali, rinnovato con accordo siglato a dicembre 2019. Nello specifico il CCNL ha disposto che l’utilizzo degli strumenti di lavoro deve avvenire nel rispetto della prestazione lavorativa, garantendo il diritto del lavoratore ai tempi di riposo giornaliero e settimanale, ai periodi di ferie e agli altri legittimi casi di assenza. Non solo. Per garantire l’effettivo diritto alla disconnessione è stato statuito che il lavoratore possa disattivare i propri dispositivi di connessione per evitare la ricezione di comunicazioni aziendali oltre l’orario di lavoro o nei periodi di assenza legittimati.
Il rischio da tecnostress e la tutela dell’integrità psicofisica dello smart worker
Questo interessamento delle parti sociali per il diritto alla disconnessione è dovuto anche al fatto che il lavoratore a cui non sia consentito esercitarlo sarebbe esposto al rischio di tecnostress, ovverosia la sindrome che colpisce l’individuo che deve gestire forme di conoscenze complesse e il flusso informativi offerto dalle nuove tecnologie. Il tecnostress è stato riconosciuto nel 2007 come malattia professionale a seguito di una sentenza emessa dalla Procura del Tribunale del Torino. Esso è tra i rischi emergenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro in conseguenza della digital trasformation, quale tipologia specifica di stress lavoro-correlato.
Proprio a questo proposito non può non segnalarsi che per i lavoratori in modalità agile non viene meno l’obbligo di protezione della salute psico-fisica del dipendente da parte del datore di lavoro, in conformità all’articolo 2087 cod. civ. Infatti, questa disposizione normativa prevede che “l’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale del prestatore di lavoro”.
E la disconnessione costituisce a pieno titolo una misura preventiva per tutelare appunto la personalità fisica e morale dello smart worker.
Quanto sopra trova anche conferma nello stesso articolo 22 della Legge 81/2017 secondo cui il datore di lavoro “garantisce la salute e la sicurezza del lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile”.