didattica digitale

La scuola a distanza non è democratica: i problemi e le possibili soluzioni

L’emergenza sanitaria e le misure di lock down hanno avvalorato l’assioma che il digitale non è solo una faccenda tecnologica, ma è un fondamentale servizio alle persone. La scuola sta facendo il possibile per proseguire le attività didattiche, ma la parte più debole e svantaggiata del nostro Paese è rimasta esclusa

Pubblicato il 06 Mag 2020

Antonio Guadagno

Ingegnere, consulente informatico, docente, formatore

Machine learning e giornalismo

La scuola a distanza non è, almeno per ora, completamente democratica, essendo venute alla luce grandi disomogeneità dovute all’annoso problema del digital divide sia per la disponibilità dei dispositivi, che per la velocità (se non l’assenza) di una connessione stabile.

E, di conseguenza, alla luce di questa disomogeneità di condizioni attivare lo smart working e la didattica a distanza diventa un problema a volte insormontabile.

Soffermiamoci sulla scuola: esaminiamo le principali criticità, le soluzioni approntate dal Governo per cercare di risolverle e i nodi da risolvere prima dell’avvio del prossimo anno scolastico.

Didattica a distanza, la reazione della Scuola

L’emergenza sanitaria e le necessarie misure di lock down hanno avvalorato l’assioma che il digitale, inteso nel senso più ampio del termine, non è esclusivamente una mera faccenda tecnologica, ma è fondamentale come servizio alle persone.

Nel contesto scolastico, come ormai noto, i dirigenti hanno dovuto attivare una serie di modalità di didattica a distanza (DAD), con particolare attenzione alle specifiche esigenze degli studenti con disabilità.
Il Ministero dell’Istruzione, inoltre, ha creato una pagina web apposita, intesa come un ambiente di lavoro in progress per supportare le scuole attraverso strumenti di cooperazione, scambio di buone pratiche e gemellaggi fra scuole, webinar di formazione, contenuti multimediali per lo studio, piattaforme certificate.

Inoltre, in partnership con l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza è stata messa a punto una mini guida per offrire agli insegnanti uno strumento metodologico-pratico per proseguire l’azione educativa nel rispetto dei diritti delle persone di minore età, così come sanciti dalla Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza.

Anche la Rai ha modificato i suoi palinsesti e con la didattica a distanza ha messo a disposizione del sistema scolastico, delle famiglie e degli studenti di ogni età, sui portali Rai Cultura e RaiPlay una gamma di contenuti di qualità, sempre disponibili e fruibili su ogni dispositivo.

Secondo l’Osservatorio “Scuola a distanza” di Skuola.net le scuole, e con loro tutto il personale, dopo una comprensibile fase di assestamento hanno risposto in maniera apprezzabile: negli istituti di secondo grado, ben il 70% degli studenti è in contatto con i propri professori attraverso piattaforme quali G Suite o Microsoft Teams. Per quanto riguarda gli istituti di primo grado, pur essendosi organizzati in leggero ritardo, la percentuale di alunni che utilizza sistemi di ultima generazione arriva al 64%. La situazione, pur essendo simile nei diversi gradi di istruzione superiore, non lo è affatto territorialmente, passando dalla virtuosa Emilia Romagna fino alla Sardegna (fonte RaiNews).

Didattica online e didattica on site

La didattica online, però, non potrà mai sostituire la didattica “on site”, in quanto la presenza giornaliera “obbligatoria” in classe impone una sorta di livellamento infrastrutturale e contenutistico poiché mette tutti gli studenti nelle medesime condizioni.

Il primo problema riguarda la disponibilità di apparati: ci sono famiglie, in condizioni socio-economiche svantaggiate, che non hanno la possibilità di garantire un dispositivo per ogni componente, sia per i genitori (smart working) che per i figli (didattica a distanza): se si hanno due o più figli, come spartire la dotazione in caso di contemporaneità?

Il Ministero dell’Istruzione, dopo un’analisi ad ampio spettro sulle criticità evidenziate dalle singole scuole, ha messo in campo una serie di iniziative per venire incontro proprio a queste situazioni di difficoltà.

Con il Decreto legislativo 18/2020 ha previsto lo stanziamento di 85 milioni di euro per garantire il diritto allo studio mediante l’utilizzo della didattica a distanza. La fetta più grande, settanta milioni, renderà disponibili agli studenti meno abbienti, in comodato d’uso, dispositivi digitali individuali per la fruizione delle piattaforme di apprendimento e per garantire la connettività nei territori in cui essa non è adeguata.

Inoltre, grazie ai fondi FESR dell’Asse 2, è stato pubblicato un avviso per interventi destinati all’acquisizione di dispositivi digitali, da concedere in comodato d’uso alle studentesse e agli studenti di primo grado che ne siano privi, ai fini della fruizione di attività formative a distanza. A ciascuna Istituzione scolastica è concesso un importo complessivo di euro 13.000,00 I.V.A. inclusa.

Il nodo del digital divide

Ma se il problema dei dispositivi sembra, anche se in tempi non brevissimi, in via di soluzione, resta in piedi il fulcro del digital divide: la imparziale qualità di accesso alla rete che “colpisce” molte parti del Paese e che estromette automaticamente dalla fruizione di contenuti che hanno bisogno di alta velocità e grande quantità di “Giga”.

Mentre alcuni centri in Italia sono in gran parte cablati con la fibra ottica, in provincia e nelle periferie esistono ancora luoghi dove non è possibile avere un’interazione in tempo reale e quindi una fruizione sincrona; allora ci si affida alle connessioni dati. E comincia la guerra dei giga: perché un giovane dovrebbe “sprecare” la sua dotazione per la scuola o l’università, quando era abituato a streaming e videochat per uso personale?
Non si dimentichi poi che la crisi economica che attanaglia molte famiglie impone dei sacrifici tra i quali la disponibilità di una connessione a pagamento per i ragazzi.

Quindi lo slogan “Non lasciamo indietro nessuno”, pregevole nelle intenzioni, non è al momento attuabile; pur non avendone tutte le colpe, la scuola, in questo periodo, non riesce a rispettare in pieno l’articolo 34 della nostra Costituzione, poiché la didattica a distanza non riesce a inglobare la parte più debole e svantaggiata del nostro Paese, ovvero coloro che già prima del coronavirus non ce la facevano.

Le possibili soluzioni

E allora perché non fare come in Brasile dove la quantità di dati non viene conteggiata quando si accede a risorse per la didattica a distanza?

Inoltre, perché non si pensa alla creazione di una piattaforma standard per la DAD, magari utilizzando le risorse umane e professionali dell’Agenzia per l’Italia digitale (AGID), punto di riferimento per il software della Pubblica Amministrazione?

Mancano ormai cinque mesi all’inizio del prossimo anno scolastico (l’attuale, con la garanzia della promozione è ormai andato): sembrano tanti ma bisogna assolutamente evitare che il 20% rischi di rimanere ancora escluso; da settembre l’insegnamento potrebbe essere “blended”, un po’ in presenza e un po’ a distanza e le scuole, sicuramente non da sole, dovranno evitare di penalizzare di nuovo gli studenti più fragili, quelli privi di stimoli culturali familiari e sociali, con il rischio di incrementare la dispersione scolastica e le disuguaglianze nell’apprendimento.

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