L'approfondimento

Tecnologie forensi, come i database di DNA aiutano le indagini

Vediamo in che modo i database di materiale genetico supportano gli inquirenti in ambito investigativo, fornendo attraverso la tecnologia utili strumenti di comparazione

Pubblicato il 04 Set 2020

Eugenio D’Orio

Bio Forensics Research Center, Direttore

DNA

La conservazione di banche dati di DNA rappresenta una risorsa importante in ambito forense, perché il materiale genetico contenuto permette di condurre comparazioni utili alle indagini. Sono diversi gli studi attivi al momento per spingere ulteriormente la ricerca in questo campo, avvalendosi anche di software bio-informatici. Approfondiamo la situazione, per capire l’importanza di questi database genetici per la giustizia.

L’impiego dei database nell’analisi genetica

Infatti bisogna sottolineare che l’utilizzo di un database di riferimento, in materia di DNA forense, è una nozione basilare; infatti, solo grazie a questo riferimento è possibile conoscere la frequenza di ogni singolo allele che compone il DNA del profilo genetico analizzato[1]. In ambito forense, ciò assume rilievo primario. Infatti, le analisi del DNA sono disposte dall’Autorità Giudiziaria inquirente, o talvolta dalla Corte giudicante, con la finalità di identificare il soggetto che depose le proprie tracce biologiche in un contesto significativo per le indagini.

La “semplice” analisi genetica è, di per sé, insufficiente per gli scopi forensi che si pone la materia. Infatti, non basta conoscere tutti i marcatori (16, 21 o 24, a seconda del kit utilizzato per lo svolgimento dell’analisi tecnica) per avere significative evidenze processuali. L’analisi della traccia genetica non è che il primo step del processo di identificazione tramite l’ausilio della genetica forense. Una volta eseguita la genotipizzazione della traccia, si deve infatti andare a capire – o meglio calcolare – quanto questo profilo ritrovato sia “unico” nella popolazione. Per unico si intende qual è l’attesa che questo stesso profilo possa ritrovarsi su soggetti presenti nella popolazione in modo random (o, a caso). Per produrre tali osservazioni è necessario, appunto, l’utilizzo di un database. Il database ha la peculiarità di inglobare un alto numero di profili genetici al suo interno e, di fornire quanto ciascun allele sia frequente nella popolazione di riferimento. La moltiplicazione di tutte le frequenze darà un valore di stima in merito al grado di unicità di questo profilo genetico rinvenuto ed analizzato per scopi forensi.

La fase di comparazione

Una volta stimata l’unicità del profilo genetico ritrovato, si può passare alla fase di comparazione. Detta comparazione, di norma, avviene con il DNA di soggetti indagati e/o attenzionati nelle indagini per il delitto di specie. Si ha il cosiddetto “match” quando il DNA di un soggetto noto (es. imputato) risulta essere compatibile in toto con il DNA analizzato in fase investigativa. Tuttavia, in molteplici contesti ed indagini, non sempre si è in grado di avere a disposizione il campione di riferimento che faccia match (si pensi a casi in cui non c’è un indagato e/o a casi in cui il DNA di tutti i soggetti indagati e/o attenzionati non faccia match). In tal senso, la banca dati del DNA è un pregevole strumento ausiliario. Infatti, per determinati tipi di reato[2], è possibile inserire il profilo genetico rinvenuto dalle tracce biologiche acquisite dagli inquirenti nella banca dati del DNA (che è sia nazionale che europea, vista la condivisione dei dati e come sono concepite le norme in materia).

Dunque, se non si hanno match con i soggetti attenzionati, si può procedere con un check in banca dati. Se, tuttavia, anche questo step non dà risultati positivi, si ha una situazione di difficile gestione: è presente il DNA di un soggetto ignoto (spesso definito “unknow 1”) e tale soggetto risulta irreperibile, ovvero non si è in grado di identificare le generalità di tale soggetto. Ovviamente, le esigenze investigative, necessitano strettamente dell’identificazione delle generalità del soggetto[3]; senza dette informazioni il PM, ovvero l’Autorità Giudiziaria Inquirente, non potrà, in concreto, esercitare azione penale contro alcun soggetto. La situazione di “unknow 1”, ovvero di presenza di DNA di soggetto non identificabile è statisticamente presente in maniera importante nei procedimenti, sia italiani che internazionali. Per offrire supporto specifico per queste tipologie di condizioni, la comunità scientifica è tutt’oggi al lavoro per la definizione di ulteriori database genetici i quali hanno la finalità di consentire una stima del “geo-profiling” del soggetto “unknow 1”. In altri termini, sono in atto diversi studi e ricerche che hanno la finalità di identificare target di alleli che sono particolarmente rappresentati in diverse popolazioni.

Da alcuni anni, proprio grazie a questi approcci, si è in grado di avere dei riferimenti che agevolino la stima della provenienza etnica del soggetto “unknow 1”. Tuttavia, essendo materia molto complessa e discretamente nuova, il massimo della stima scientificamente sostenibile ad oggi consiste in ipotesi di provenienza formati da ampi bacini. Per esempio, si è in grado di stimare, con discrete possibilità di successo, se il soggetto “unknow 1” provenga da popolazione caucasica, africana, asiatica. Tuttavia, considerando quanto sono, a loro volta, grandi queste popolazioni, non si riesce a fornire ancora aiuti così fortemente validi agli inquirenti – o, più in generale, alla ricerca della verità.

Lo studio in Thailandia

Proprio per migliorare lo stato dell’arte, sono attive diversi studi. Uno studio molto interessante, recentemente pubblicato, analizza il DNA di soggetti provenienti da diverse regioni dello stato della Thailandia. Tramite uno studio su 21 marcatori STR, i ricercatori sono stati in grado di osservarne e carpire alcune significative differenze tra gli alleli che compongono i genotipi dei soggetti esaminati[4]. Questo studio è molto importante perché ha la finalità di restringere, ed in maniera davvero notevole, il bacino di utenza o ricerca. In altri termini, con la messa a punto di studi del genere si sarà in grado, in un futuro prossimo, di valutare la provenienza etnica del soggetto “unknow 1” in modo geograficamente molto preciso.

Per esemplificare la portata rivoluzionaria di questo approccio, si specifica che oggi si è in grado di valutare se il soggetto “unknow 1” è di origine europea o asiatica o africana; nulla più. Con l’avvento dello studio citato, e di una serie di studi che avverranno sulla falsariga di questo, in alcuni anni si potrebbe arrivare a valutare la provenienza del soggetto “unknow 1” regione-specifica o stato-specifica. Tali valutazioni possono essere davvero molto utili all’Autorità Inquirente nel difficile tentativo di identificare un soggetto “unknow 1”. Sul punto, giova osservare quanto sia importante il contributo dei software bio-informatici per lo sviluppo sia della corretta definizione dei target allelici da osservare, sia per la stima corretta delle probabilità di appartenere ad un gruppo, piuttosto che ad un altro – sempre riferendosi all’origine etnica in funzione del DNA.

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Note

  1. Choice of population database for forensic DNA profile analysis, C.D. Steele, D.J.Balding, Science & Justice, Elsevier, 2014
  2. Vedasi legge Nr. 85/2009 e succ. DM applicativo
  3. Vedasi artt. 60 e ss. c.p.p.
  4. Genetic Polymorphism Study on 21 autosomal STR loci of Populations from six geographical regions in the Kingdom of Thailand, N.Boonderm, S. Sangpueng, A. Nettakul, W. Waiyawuth, forensic science international genetics, 2020

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