È una mia convinzione profonda, che chi ha avuto modo di ascoltarmi o leggermi in altre occasioni, conosce: per spingere questo Paese concretamente verso un utilizzo del digitale da economia 4.0 (anche se basterebbe 2.0…), in grado di confrontarsi per competitività e produttività con le economie mondiali più avanzate, occorre innanzitutto un forte cambiamento culturale a tutti i livelli – imprenditori, manager, dirigenti pubblici, professori, giornalisti, ecc.
In questo cambiamento culturale, la classe politica – a livello centrale e locale – ha un ruolo chiave, potendo agire come un vero e proprio catalizzatore. Innanzitutto, accendendo e, soprattutto, mantenendo sempre acceso un faro specifico sui temi dell’innovazione digitale. Banale ma importantissimo: in un paese in cui tutti i media seguono ogni respiro del vertice politico, significa generare un flusso di informazioni continuo su tutti i canali che – alla lunga – crea cultura digitale. Torno brevissimamente su altre due leve in mano alla politica – stranote – ma più che mai attuali oggi: la defiscalizzazione degli investimenti delle imprese nell’innovazione digitale e la concreta digitalizzazione della pubblica amministrazione italiana, che vale da solo il 50 per cento del nostro pil.