Le ontologie sono librerie di concetti che esprimono in linguaggio pseudo naturale le relazioni tra oggetti definiti in un contesto. Formalmente come da grammatica italiana: soggetto, predicato verbale, complemento oggetto. Nel contesto della pubblica amministrazione ecco un esempio: cittadino paga tributi. Le ontologie descrivono i processi del contesto mettendo in relazione (verbo “paga”) i dati (le entità “cittadino” e “tributi”).
La nostra idea è di partire da un nucleo di concetti esistenti per la PAC (pubblica amministrazione centrale), e riutilizzarli come esche per una pesca semantica nei metadati di qualsiasi PAL (pubblica amministrazione locale a partire dalle regioni fino ai singoli comuni). La nostra metodologia è autoapprenditiva: nuovi concetti rilevati nella pesca possono arricchire le ontologie esistenti che man mano quindi evolvono. Il vantaggio di tutto ciò è: massima standardizzazione e riuso, tradotto: enormi risparmi nelle PA per le implementazioni informatiche. Risparmio che parte non dal semplice riuso di applicazioni informatiche esistenti, ma da un livello decisamente più elevato, che è il livello semantico. Per parlare di ontologie, si potrebbe partire da molto lontano.
Come cita wikipedia, l’ontologia “è una delle branche fondamentali della filosofia, è lo studio dell’essere in quanto tale”. Sempre wikipedia ci dice cos’è un ontologia in informatica: “un’ontologia è una rappresentazione formale, condivisa ed esplicita di una concettualizzazione di un dominio di interesse. Più nel dettaglio, si tratta di una teoria assiomatica del primo ordine esprimibile in una logica descrittiva”. Difficile vero?
E allora andiamo oltre, verso l’ontologia fondazionale che, forse, è più facile da comprendere: “è in qualche misura assimilabile ad un glossario di base, anche se al contrario di questo, usualmente la prima è gerarchizzata in due o più livelli, nei cui termini tutto il resto deve essere descritto”. Possiamo dire che si tratta della carta d’identità dei dati? Ce la passate?
Nella Pubblica Amministrazione esercitarsi in questi ambiti è un lavoro considerato immane, infinito, una sorta di opera incompiuta, e che rischia di esserlo ancor di più se si vuol realizzarla partendo da un foglio bianco e volendola costruire subito perfetta in ogni dettaglio.
Ma sarebbe di una grandissima utilità, perché finalmente si potrebbero combinare dati provenienti da diversi domini, servizi, sistemi e applicazioni per renderli comprensibili alla casalinga di Voghera e, soprattutto, utili. I dati senza descrizione sono inutili. Ma vi possono essere metodologie di tipo K.I.S.S. (Keep It Simple and Stupid) che permettono di ridurre di un ordine di grandezza la complessità del problema. La proposta serve ad inferire la conoscenza “per somiglianza”, partendo da semplici concetti già esistenti ed evidenziandoli, marcandoli, ove trovati.
Molto spesso la conoscenza è nascosta e ci si trova a doverla recuperare con tecniche di reverse engineering.
Le attività che possono svolgere i nostri metodi e strumenti sono semiautomatiche: con la conoscenza a disposizione si evidenzia ove questa è presente, e si popola un foglio bianco: quest’ultimo viene reso disponibile ad un esperto di materia (nella fattispecie Pubblica Amministrazione) che lo perfeziona aggiungendo o togliendo ulteriore conoscenza. Funziona per la Pubblica Amministrazione poiché i concetti di partenza sono relativi al contesto della Pubblica Amministrazione. Però, si possono applicare gli stessi metodi e strumenti ad altri contesti, purché si abbia una libreria di concetti iniziale a disposizione. Se ho una libreria di concetti relativa ad esempio ad aziende automotive, posso usarla per andare a pesca di concetti nell’automotive.
Allora è opportuno aggiungere che la metodologia dà molta importanza al corretto uso delle gerarchie di generalizzazione delle entità, proprio perché sia disambiguata sin dall’origine la definizione ad esempio di pomodoro come frutto, ortaggio, e tutta la più esauriente serie di sottoclassi ad esclusione dell’entità “altro”.