C’è anche l’innovazione della PA nell’atteso decreto legge “Rilancio”, un provvedimento da 55 miliardi con il quale il Governo ha voluto tracciare le prospettive di ripresa economica e sociale del Paese. Lo spettro degli interventi è ad ampio raggio, con misure che spaziano dalla salute alla sanità digitale, dal sostegno al lavoro e all’economia; da misure per la scuola e la didattica a distanza, a misure di sostegno per politiche sociali e culturali, dell’intrattenimento e dell’editoria online.
Vediamo più in dettaglio le misure che impattano di più sulla vita delle PA. Innovazione e digitale sembrano essere le leve principali su cui il Governo intende puntare, il filo conduttore che deve caratterizzare le PA in questa ripartenza.
Nasce il Fondo per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione
Molte volte le PA hanno lanciato iniziative di digitalizzazione, che alla prova dei fatti si sono arenate per problemi tecnici, il più delle volte legati all’obsolescenza degli strumenti, per una interoperabilità dei sistemi mai realmente conseguita, per la scarsa competenza di coloro che dovevano implementare soluzioni innovative, ma molto spesso per la mancanza di risorse economiche. L’innovazione infatti ha un prezzo e non si realizza mai a costo zero. Sono numerosi gli strumenti destinati alla modernizzazione e semplificazione del Paese che necessitano di un adeguato supporto finanziario tutt’ora assente. Si pensi a PagoPA, di cui ora è in ballo l’ennesimo rinvio dell’obbligo.
Per colmare questa lacuna il Governo è intervenuto istituendo il nuovo Fondo per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione (articolo 230), destinato a coprire le spese di parte corrente per attività, acquisti, interventi e misure di sostegno a favore di una strategia di condivisione e utilizzo del patrimonio informativo pubblico a fini istituzionali, della implementazione diffusa e messa a sistema dei supporti per la digitalizzazione, dell’accesso in rete tramite le piattaforme abilitanti introdotte dal decreto legislativo n. 82 del 2005 (codice dell’amministrazione digitale), nonché finalizzato a colmare il digital divide, attraverso interventi a favore della diffusione dell’identità digitale, del domicilio digitale e delle firme elettroniche. Le risorse sono destinate anche a coprire le spese per le attività e i servizi di assistenza e supporto tecnico-amministrativo necessari a realizzare gli interventi.
“Il ruolo della digitalizzazione dei servizi – ha dichiarato il Ministro Pisano – è oggi più che mai strategico non solo per semplificare la burocrazia, velocizzare i tempi di erogazione dei servizi e diminuire i costi delle strutture, ma soprattutto per migliorare il rapporto tra PA e cittadino. Massima attenzione è rivolta ai tempi di attuazione della trasformazione tecnologica e alle nuove tecnologie, che verranno utilizzate per creare servizi semplici e tuttavia avanzati tecnologicamente. Ciò consentirà di aumentare il livello di sicurezza dei servizi e le competenze tecniche della PA accompagnando gli enti verso nuove tipologie e modalità di lavoro”.
Le risorse
Il Fondo ha una dotazione di 50 milioni di euro, stanziati già nel 2020 e utilizzabili anche negli anni a venire, che vengono trasferiti al bilancio autonomo della Presidenza del consiglio dei ministri e rimangono stabilmente nella disponibilità del Ministro delegato per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione, a cui sono assegnate. Il Ministro Pisano, perciò, provvederà nei prossimi mesi alla gestione del fondo e agli interventi previsti, utilizzando via via anche le risorse eventualmente non impiegate alla fine di ciascun esercizio e sempre tenendo conto degli aspetti correlati alla sicurezza cibernetica. “Aumentare la domanda di tecnologie innovative da parte della PA – ha concluso la Pisano – è motore di crescita. Può incentivare aziende, startup e produttori di software a creare sistemi sempre più avanzati, sicuri, e progettati per la PA riconoscendola come committente del quale vanno soddisfatte le esigenze e non come cliente passivo che assorbe prodotti ritagliati su altre esigenze”. Abbiamo sempre creduto che istituzionalizzare obiettivi di digitalizzazione, insieme a un nuovo paradigma valutativo, con la proposta di un Digital Prosperity Index, lanciata qualche mese fa, avrebbe permesso alla macchina pubblica di dare risposte soddisfacenti in termini di benessere, contribuendo a rendere la vita dei cittadini sempre più comoda, la crescita delle imprese più agevole, i territori più attrattivi. Con la costituzione del fondo, tutto questo ora è ancora più vicino.
L’accelerazione dei concorsi attraverso la digitalizzazione
Il Decreto affida al Dipartimento della Funzione Pubblica compiti per semplificare lo svolgimento di concorsi in modalità decentrata e telematica. Secondo modalità da adottare in via sperimentale, seguendo un principio di economicità delle procedure, saranno individuate le sedi di svolgimento delle prove sulla base delle provenienza geografica dei candidati; le prove orali potranno essere svolte in videoconferenza, attraverso l’utilizzo di strumenti informatici e telematici, adottando soluzioni tecniche in grado di garantire l’identificazione dei partecipanti, la sicurezza e la tracciabilità delle comunicazioni. Anche la domanda di partecipazione ai futuri concorsi sarà esclusivamente in via telematica. Ciò comporta che il candidato dovrà dotarsi di un indirizzo di posta elettronica certificata a lui intestato e dovrà registrarsi, tramite SPID, alla piattaforma che la stessa Funzione Pubblica dovrà appositamente mettere a disposizione. Su tale piattaforma il Decreto (articolo 237) specifica che “potrà essere già operativa o predisposta anche avvalendosi di aziende pubbliche, private, o di professionisti specializzati in selezione del personale, anche tramite il riuso di soluzioni o applicativi esistenti”. Per l’applicazione del software dedicato allo svolgimento delle prove e le connesse procedure concorsuali, la Funzione Pubblica potrà avvalersi di FormezPA e del consorzio CINECA.
La dirigenza chiamata a gestire il lavoro pubblico in modalità agile e flessibile
Tutti quanti abbiamo assistito all’accelerazione impressa dalle PA nell’adottare modalità di lavoro agile e flessibile. Se non ci fosse stato questo periodo di crisi, la Circolare n. 1/2020 emanata dal Ministro della Funzione Pubblica, Fabiana Dadone, con le ulteriori direttive che ne sono seguite di cui sono già disponibili approfondimenti esaustivi, quasi sicuramente non avrebbero visto la luce. In vista del graduale riavvio delle attività produttive e commerciali, anche le PA devono ora adeguarsi alle direttive ministeriali e adottare specifiche misure in materiale di flessibilità e di lavoro agile (articolo 241).
Ai dirigenti, perciò, è ora chiesto di saper organizzare il lavoro dei propri dipendenti e l’erogazione dei servizi “attraverso la flessibilità dell’orario di lavoro, rivedendone l’articolazione giornaliera e settimanale, introducendo modalità di interlocuzione programmata, anche attraverso soluzioni digitali e non in presenza con l’utenza”. Insomma la dirigenza pubblica dovrà mostrare più maturità e capacità manageriali, superando quel maniacale “potere di controllo” sul lavoratore e abbandonando l’idea che il dipendente possa essere produttivo solo presente in sede e messo davanti al pc per otto ore. A tal fine nel Decreto è previsto che le amministrazioni assicurino adeguate forme di aggiornamento professionale alla dirigenza, anche perché l’adozione delle nuove misure organizzative sarà valutata ai fini della performance e dell’erogazione delle indennità premiali. Il connubio digitalizzazione-performance torna più attuale che mai.
Piani performance, competenze: così la PA fa la trasformazione digitale