il bilancio

Startup e pmi innovative nel decreto Rilancio: tutte le novità e i nodi aperti

Il bilancio sullo sforzo del Governo è senz’altro più che positivo, ma alcuni aggiustamenti sulle misure introdotte saranno necessari nel passaggio parlamentare di conversione. L’opera per dotare l’Italia di un comparto innovativo degno di un Paese evoluto non è terminata. Tutti i dettagli

Pubblicato il 20 Mag 2020

Gianmarco Carnovale

Serial tech-entrepreneur

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La lunga gestazione della manovra d’emergenza ha portato ad un risultato importante, con misure che attutiscono l’impatto degli effetti economici della pandemia ma che vanno anche oltre questo aspetto contingente: il Decreto Rilancio, per quanto attiene all’Economia dell’Innovazione, pone davvero le basi per un cambio di passo intorno alle nuove imprese innovative ed agli investimenti in capitale di rischio.

Il bilancio sullo sforzo del Governo è senz’altro più che positivo, pur se alcuni aggiustamenti sulle misure introdotte saranno necessari nel passaggio parlamentare, e sebbene sia necessario chiarire fin da subito che l’opera non è terminata. lo stanziamento di risorse è stato importantissimo, ma rimane necessario mettersi a lavorare presto su una revisione di tipo ordinamentale per rimuovere un’infinità di colli di bottiglia nei vari meccanismi sottostanti alla filiera, se vogliamo davvero far decollare tutto e non sederci sugli allori per constatare nuovamente tra qualche anno che qualcosa non ha funzionato.

Che cambia per startup e pmi innovative dopo il decreto Rilancio

Ma vediamo nuovamente, dopo il precedente articolo in cui analizzavo constatavo cosa era rimasto fuori nell’ultima bozza del Decreto andata in approvazione, che cosa è successo.

  1. il nuovo fondo “convertendo” da 200 milioni di euro da attivare sotto Fondo Nazionale Innovazione, che co-investirà velocemente questa dotazione con investitori privati qualificati.
  2. La dotazione aggiuntiva di 100 milioni di euro per il programma Smart&Start di Invitalia.
  3. La dotazione di 10 milioni di euro per voucher a fondo perduto da assegnare alle startup per ricevere servizi dagli operatori intermedi della filiera (incubatori, acceleratori).
  4. La dotazione di 500 milioni di euro per un nuovo ‘fondo’ (ho difficoltà a definirlo tale…) che si occuperà di valorizzazione della ricerca, da affidare ad una fondazione non ancora costituita che verrà creata da ENEA.
  5. La creazione di un piccolo fondo da 4 milioni di euro per prototipi di videogiochi ed applicazioni entertainment.
  6. Una quota riservata di 200 milioni di euro del Fondo Centrale di Garanzia, per accedere a finanziamenti bancari a medio termine (con il 90% di garanzia dello Stato fino ad 800.000 Euro in caso di fatturato zero prima del 31 dicembre 2019, e con l’80% fino a 2.5 milioni).

Rispetto alla bozza precedente, nel decreto è entrata una voce non onerosa per lo Stato, ma ancor più rilevante per le startup:

  1. La proroga dello status di “startup innovativa” tramite l’allungamento della permanenza del registro speciale di 12 mesi, che consentirà a moltissime giovani imprese di non perdere il tempo che la crisi pandemica ha tolto loro per godere delle facilitazioni. Quindi si avrà più tempo per la raccolta di fondi, per le deroghe alle procedure fallimentari, nonché per accedere a bandi di finanziamento riservati.

Entrata anche in ultima battuta la misura di maggior impatto negli effetti di brevissimo termine e sull’early stage, molto onerosa per lo Stato perché non è una spesa una tantum bensì una riduzione di gettito in entrata, ed è rientrata in una forma inaspettata perché si pensava che arrivasse in forma temporanea – ed è invece stabile:

  1. L’incremento dal 30 al 50% della detrazione IRPEF per gli investitori privati che, nel limite di 100.000 euro l’anno, sottoscrivano aumenti di capitale acquisendo partecipazioni in startup e pmi innovative.

L’impatto delle misure

La cosa che più salta all’occhio nell’elencare queste misure è la loro vasta portata: fatta eccezione per il piccolo fondo per i videogames, di dimensione proporzionalmente trascurabile ma la cui costituzione parrebbe voler affermare che tale settore sia più strategico degli innumerevoli altri che incomprensibilmente non vengono aiutati nella medesima fase sperimentale, va notato come l’insieme delle azioni intervenga finalmente su tutti i passaggi della filiera e gli stadi di maturazione senza lasciarne indietro nessuno. Dopo tanti anni di incomprensioni, viene da dire che la politica ha fatto “i compiti a casa” iniziando a comprendere la segmentazione del settore, e questo è un passaggio epocale: averne compreso la struttura significa che d’ora in avanti si potrà contare su interlocutori in grado di comprendere che le richieste e proposte delle associazioni non sono velleitarie ma mirano problemi che vanno risolti per liberare il potenziale del paese.

Le dichiarazioni stesse degli attori di Governo sono un segnale importante: dal Ministero dello Sviluppo Economico si fanno sentire – direi giustamente – nella stessa giornata sia il Ministro Stefano Patuanelli con una lunga videointervista in cui usa espressioni importanti nel segnalare l’attenzione dedicata alle misure per le startup, che il Sottosegretario Gian Paolo Manzella con una dichiarazione che riporto: “Bene il “Pacchetto Startup” nel Decreto Rilancio. È un pacchetto importante, che ci allinea a quanto si sta facendo in altri Paesi e che evidenzia quanto le startup siano oramai nella strategia industriale italiana. Un passaggio importante per il nostro futuro d’impresa: c’è e ci sarà sempre più bisogno delle idee e dell’imprenditorialità che c’è dietro queste imprese innovative. Saranno sempre più essenziali per l’Italia, la sia crescita, il suo lavoro. È anche per questi motivi che ringrazio i ministri Stefano Patuanelli e Roberto Gualtieri per il loro continuo sostegno nel realizzare questo obiettivo”.

 È altresì importante osservare come il Ministro Patuanelli menzioni la collaborazione del Ministro dell’Innovazione Paola Pisano, nelle scelte prese, e come il Sottosegretario Manzella citi l’attenzione del Ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, che le ha tutte avallate fornendo coperture importanti (nb: sono i maggiori stanziamenti in innovazione nella storia del paese). Sono due passaggi che testimoniano in modo chiaro come un settore difficile da “masticare”, che per anni è stato solo usato per eventi e comunicazione, sia entrato nell’agenda di Governo ai massimi livelli e ben radicato nelle priorità di una serie di decisori primari.

Che resta da fare, i punti di attenzione

Adesso sarà importante agire nell’immediatezza sul passaggio di conversione parlamentare per un paio di punti di attenzione, entrambi relativi alla ottava misura del credito di imposta: è fondamentale legare il beneficio alla sottoscrizione di partecipazioni non qualificate, esattamente come è per l’incentivo SEIS del Regno Unito che è legato a minority stake, affinché i troppi furbi del paese non abusino dell’incentivo investendo in aziende di fatto sotto il proprio controllo, e poi perché le diluizioni dei soci fondatori delle startup non vengano eccessivamente diluite nelle fasi iniziali – che è uno dei principali motivi per cui le startup italiane non vengono mai investite da fondi esteri: hanno la captable compromessa dall’avidità dei primi investitori locali.

Inoltre, così come espressa, la misura mostra un limite grave: è fruibile solo per partecipazioni dirette oppure attraverso “organismi di investimento collettivi del risparmio” che investano in startup: questa definizione restringe il campo a soggetti regolamentati come i fondi di Venture Capital in forma di SIS, SICAF ed SGR, ma con un disallineamento: importi come quelli incentivati (cioè fino a 100.000 euro l’anno) sono al di sotto della soglia minima di sottoscrizione di un fondo di Venture Capital, quindi non c’è matching tra l’incentivo e la possibilità di fruirne. Invece, si lasciano fuori dalla fruibilità del beneficio gli investimenti effettuati per tramite di semplici società di capitali, che sono la forma preferita dai numerosi investitori abituali quali i Business Angel, i Family Office, le holding di partecipazioni, le syndication che si strutturano spesso per le raccolte in equity crowdfunding. Vengono svantaggiati gli investimenti effettuati attraverso le forme più professionali, e questa dimenticanza va colmata urgentemente.

Allo stesso modo sarà importante, nei Decreti Ministeriali che si occuperanno dell’attuazione delle altre misure, porre attenzione ad altri aspetti non secondari: la maggior dotazione di Smart&Start si accompagna all’intenzione di abilitare la forma del ‘convertendo’ anche ai finanziamenti agevolati erogati da questo strumento. Bene, ma occorre porre attenzione a che lo si faccia non solo da qui in poi ma si includa l’opzione anche per i contratti di finanziamento già in essere. Già che si metterà mano al regolamento di Smart&Start, approfitto di questo scritto per mettere sul tavolo un’idea già trasmessa ad alcuni dirigenti: in Italia ci sono molte startup che hanno partecipato al difficilissimo bando “SME Instrument” della Commissione Europea, alcune ottenendo i fondi ma molte ottenendo solo un certificato detto “Seal of Excellence” che sostanzialmente attesta che il progetto è eccellente e finanziabile ma i fondi stanziati non erano sufficienti. Sono quindi dei progetti di impresa pre-valutati e qualificati come ottimi attraverso un processo di valutazione internazionale, e a mio modesto avviso sarebbe utile creare per questi un fast track di qualificazione per essere valutati da Invitalia, magari rendendo valida tutta la documentazione in inglese già prodotta e depositata.

Molta attenzione andrà posta poi nel modo in cui verrà concordato funzionare il fondo ‘convertendo’ che nascerà sotto Fondo Nazionale Innovazione: va definita in modo attento la ratio della leva sull’investitore privato (che potrebbe variare a seconda dello stage di maturazione, ma anche se si tratti di un nuovo investimento o se di un investimento in società già partecipate dal privato), e soprattutto bisogna delimitare il limite dell’intervento perché una dotazione di 200 milioni non è elevata quanto può sembrare e può terminare con pochissime operazioni, mentre è importante che le startup da aiutare siano nell’ordine delle centinaia.

Infine, credo che il Governo prima di fare ulteriori passi formali nella costruzione di questa ENEA Tech che dovrebbe ricevere ben 500 milioni di dotazione, fin qui solo stanziati e messi nella dotazione del Ministero dello Sviluppo Economico, potrebbe aprire un confronto costruttivo con gli stakeholder per spiegare chiaramente quale sia la visione ed eventualmente raccogliere degli spunti costruttivi. La dotazione apportata è molto forte, l’impatto può essere notevole, ma è fondamentale che i dettagli dell’implementazione – fin qui ignoti agli operatori di mercato – portino in direzione di un impatto positivo anziché il contrario.

In conclusione

Concludo ricordando un aspetto fondamentale: salvato il bambino è necessario eliminare l’acqua sporca, dargli una culla solida e un sistema scolastico che lo accompagni efficacemente dall’asilo all’università. Ci sono molte norme di natura ordinamentale intorno a startup, attrazione di talenti,  investimento di ricchezza privata in capitale di rischio, messa in rete dell’ecosistema italiano con il sistema internazionale, che vanno urgentemente ridisegnate sposando in tutto e per tutto le cosiddette best practices, cioè quelle metodologie già provate sul campo in paesi con una storia maggiore della nostra e che garantiscono l’efficacia dell’economia dell’innovazione nel creare valore e ricchezza distribuiti. Il problema della scarsa crescita del settore in Italia è ancora legata ad una cornice legislativa ostile su cui intervenire con una riforma, plausibilmente non onerosa per il bilancio dello Stato, ma che è sempre più urgente.

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