Project Management

La metodologia “Agile” per la gestione Covid nelle Aziende Sanitarie: l’esperienza di Catania

Per fronteggiare l’emergenza da Covid-19, l’Azienda Sanitaria ARNAS Garibaldi di Catania ha messo in campo la metodologia “Agile”. Ecco quali sono i benefici che il Project Management può portare all’interno della pubblica amministrazione e perché dovrebbe diventare metodo e regola

Pubblicato il 02 Lug 2020

Fabrizio De Nicola

Direttore generale ARNAS "Garibaldi"

Valentina Russo

ARNAS "Garibaldi"

Photo by Ashkan Forouzani on Unsplash

L’applicazione della metodologia “Agile” in Sanità fornisce utili spunti sull’impatto migliorativo che il Project Management può portare all’interno della pubblica amministrazione per incrementarne il valore in un’ottica di realizzazione di progetti che nel breve periodo, vedono mutare rapidamente le proprie condizioni di partenza. Multidisciplinarietà e trasversalità sono le due parole da tenere bene a mente, quando l’impostazione gerarchico-funzionale, volta all’esasperata ricerca dell’adempimento normativo, da sola non basta per il raggiungimento del risultato.

L’Azienda Sanitaria ARNAS Garibaldi di Catania ha messo in campo la metodologia “Agile” per fronteggiare l’emergenza da Covid-19. Vediamo con quali risultati.

Stato di emergenza: complessità, incertezza, occasioni

Esaminando fattori ambientali e asset organizzativi, il più determinante si chiama “stakeholder”. Nelle condizioni normali il processo produttivo aziendale è volto alla creazione di salute, mettendo insieme risorse, organizzazione e infrastrutture, nel più cogente rispetto normativo e all’insegna della assoluta sicurezza del paziente e di tutti gli operatori direttamente ed indirettamente coinvolti nel processo salute.

Lo scenario dell’emergenza è caratterizzato da complessità e incertezza; quest’ultima genera però la capacità di riuscire tempestivamente a prendere decisioni, partendo dalle poche informazioni iniziali a disposizione, traducendole in azioni di risposta al problema da affrontare, nella certezza che quel cambiamento potrà dare origine a nuove opportunità.

Lo stato d’emergenza crea occasioni, mutando ove necessario logiche organizzative legate ad assetti ormai superati ma che il legislatore italiano non ha ancora scardinato, come invece è già successo in alcuni ambiti privati perché obbligati da una ricerca di competitività mutevole e sempre più dinamica.

In condizioni d’emergenza da Covid-19, l’ambito d’applicazione ridimensionato si concentra: sugli obiettivi legati al dover assicurare percorsi di cura ai malati di coronavirus, alla salvaguardia della vita di tutti gli operatori direttamente interessati a contrastare l’emergenza, e al mantenimento dei percorsi clinici in sicurezza di quei pazienti le cui cure per ovvie ragioni non possono essere interrotte.

Davanti a scenari simili, la dimensione tempo assume l’aspetto prioritario, il modello organizzativo tradizionale rende complicata l’operatività perché impegna parte importante dello stesso, in lungaggini burocratiche, a netto svantaggio del raggiungimento di risultato che verrebbe messo in discussione, arrivando a perdere in qualche occasione la sua totale utilità.

L’importanza della collaborazione

Da qui la necessità di costituire un covid team interfunzionale multidisciplinare che attraverso l’alta capacità di delega da parte di una direzione strategica dalla leadership orientata all’innovazione, può valorizzare talenti, indipendentemente da gerarchie e ruoli predefiniti, per mettere in campo la migliore squadra e raggiungere risultati più efficaci.

La collaborazione diventa la risposta più completa al problema da risolvere, gli individualismi vanno limitati all’esecutività dei work package finali, e non rappresentano mai il punto di partenza di un lavoro che solo una squadra ben composta ed in sintonia può realizzare.

Lo scenario dell’incertezza nella gestione dell’emergenza può richiedere continui adattamenti dell’ambito che da predittivo diventa adattivo, e mantenere un elevato livello di controllo, significa riuscire a massimizzare gli impatti positivi, cercando di minimizzare e non ripetere quelli più negativi.

Per ogni iterazione ed esperienza le lessons learned diventano un bagaglio importantissimo di best practice da prendere come riferimento e punto di partenza per la gestione di future emergenze simili. Direzione Strategica, direzioni sanitarie di presidio, Medici, Ingegneri, Risk management, Servizio di Prevenzione e Protezione, Settori di supporto amministrativi, (tecnico,provveditorato e risorse umane), tutti seduti intorno ad un tavolo per fornire il miglior contributo al fine di realizzare percorsi clinici, essenzialmente sicuri. Questa è la chiave di successo di un’azienda che ai percorsi interdisciplinari sta affidando gran parte dello sviluppo e della configurazione dell’ospedale di domani, opportunità per innovare, apertura al cambiamento, e più soddisfazione di tutti gli stakeholder.

fig. 1 – esempio di percorso studiato dal team multidisciplinare

La configurazione ideale di un’azienda sanitaria vede dunque impegnate da una parte la macchina operativa dell’organizzazione più tradizionale e dall’altra quella progettuale che contribuisce a velocizzare i processi e contestualmente ad innovare l’azienda.

Le competenze più che i ruoli, i rischi e ciò che non conosciamo, come opportunità di imparare ed apprendere qualcosa di nuovo.

Per affrontare le iniziative di innovazione, in primo luogo bisogna aprire i confini aziendali riducendo la distanza dal cliente finale (il paziente), raccogliendo feedback ed esigenze per migliorarne l’offerta di salute, incrementare i partenariati pubblico privati che possono definitivamente risolvere il problema della mancanza di risorse economiche fornendo più qualità infrastrutturale e tecnologica agli ospedali, l’individuazione di progetti ricorrenti al fine di standardizzarne la gestione e ritrovare quella cassetta degli attrezzi che ogni buon progetto portato a termine lascia all’organizzazione, e infine digitalizzare il più possibile, per demandare agli algoritmi l’eliminazione di spreco di tempo e risorse, permettendo al personale di concentrare i propri workload a ciò che realmente può contribuire a creare valore e sviluppo.

fig. 2 – Processi di Project Management fig. 3 – Triplo vincolo, qualità tempo e costi

Conclusioni

L’utilizzo di norme volontarie quali le UNI 21500 e UNI 11648, o più in generale la diffusione della cultura del Process/Project Management, con attività di tailoring al contesto in cui si opera, rende un contributo valido al sistema, in virtù di un triplo vincolo tempi, costi e qualità, le cui variabili sono oggetto di continuo disequilibrio, fornendo agli utenti finali una percezione di spreco che si fatica a tollerare. Bisognerebbe dunque ripensare alla misurazione delle performance della PA soprattutto nell’ottica sin qui espressa.

Tra le altre cose, ad oggi l’applicazione della metodologia Agile all’interno di una organizzazione pubblica non è di facile mantenimento, non regolamentata per legge, diventa solo l’applicazione volontaria di una direzione strategica all’avanguardia, che ci si augura fortemente possa proseguire anche alla fine del proprio mandato, diventando metodo e regola di un’Azienda Sanitaria sempre più illuminata.

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