L’app Immuni non si integra con il sistema Regionale di contact tracing e può diventare un appesantimento tecnico/amministrativo per le strutture sanitarie, senza peraltro raggiungere appieno il suo obiettivo di contribuire alla netta riduzione della pandemia in atto.
Il giudizio delle Regioni sull’app Immuni
E’ questo in sintesi il giudizio sull’app anti-covid scelta dal Governo, rilasciato dalla Conferenza delle Regioni e delle province autonome, ovvero l’organismo di coordinamento politico e confronto fra i presidenti delle giunte regionali e delle province autonome, dopo un incontro avuto con la Ministra dell’Innovazione Paola Pisano ed il Ministro della Salute Roberto Speranza.
Il giudizio è contenuto in un parere inviato il 21 maggio alla Commissione Giustizia del Senato.
Il documento costituisce il contributo dell’organo di coordinamento regionale all’esame parlamentare all’articolo 6 (“app Immuni”) del decreto-legge n. 28/2020, che istituisce la cornice normativa per l’app di tracciamento.
La Conferenza delle Regioni ha quindi espresso al Parlamento un parere articolato, spiegando che il contact tracing è da decenni utilizzato per il controllo delle malattie trasmissibili nella salute pubblica, con l’obiettivo di fermare la diffusione di una malattia facilitando, trovando e isolando i casi d’infezione.
I motivi alla base dei dubbi delle Regioni
L’emergenza in atto ha comunque evidenziato la necessità di dover potenziare i dipartimenti di prevenzione e di migliorare gli strumenti tecnologici a supporto di tutte le attività di verifica e sorveglianza sanitaria.
L’organo delle Regioni evidenzia come non sia stato chiarito se l’app Immuni debba essere destinata a diventare uno strumento di supporto al Dipartimento di prevenzione e finalizzata all’attività di “intervista e reperimento dei contatti dì prossimità”.
La conferenza delle Regioni rileva come non ci siano interazioni di tali procedure con i sistemi regionali e con le diverse strutture e presidi del Servizio Sanitario Regionale.
Stante queste premesse -continuano le Regioni- occorre cercare di intervenire affinché un’applicazione digitale di contact tracing, qualora non opportunamente integrata con i servizi sanitari territoriali, possa diventare un appesantimento tecnico/amministrativo per le strutture sanitarie, senza peraltro raggiungere appieno il suo obiettivo di contribuire alla netta riduzione della pandemia in atto.
Si deve quini leggere probabilmente in questa luce la resistenza alla “sperimentazione” dell’app opposta dalla regione Friuli Venezia Giulia e in parte dalla Regione Liguria, che non hanno ravvisato evidentemente l’utilità dell’app in relazione al loro sistema di contact tracing.
In effetti non si comprende bene dal punto di vista sanitario quale sia l’oggetto della sperimentazione nelle Regioni se il sistema di allerta Covid non è integrato con il sistema di prevenzione sanitario regionale, l’unico titolato ad intervenire in caso di positività di un soggetto risultato positivo.
L’organismo regionale conclude che “considerata l’importanza strategica che questo strumento può avere sulle attività sanitarie gestite dalle Regioni, la Conferenza ha richiesto ai Ministri della Salute e dell’Innovazione Digitale di condividere quanto prima tutte le informazioni esistenti e di formalizzare in un documento di “visione strategica” gli obiettivi a breve e a medio/lungo periodo che si intendono perseguire, nonché il funzionamento dell’applicazione.”