In questi giorni di riapertura l’Italia affronta un grande momento di riflessione, buone intenzioni, iniziative, che hanno il potenziale di cambiare il Paese liberando le sue energie creative, imprenditoriali e sociali.
Il Paese si trova davanti una possibilità di investimento inedita negli ultimi lustri.
Ma dove cominciare a investire e che fare, in modo che sia possibile innescare un circolo virtuoso di crescita e sviluppo?
Tra le aree strategiche per il futuro ci sono le infrastrutture digitali, la sanità, l’educazione e la ricerca, ma non solo.
Sarà senz’altro importante usare le risorse per combattere la povertà e investire nello sviluppo. Servono visioni e strategie capaci di combinare i bisogni immediati con quelli che hanno capacità di garantire lo sviluppo futuro del Paese. Sarà altrettanto essenziale la capacità di accedere celermente a tali risorse e di spenderle bene e tutte.
Da molto tempo l’Italia si è abituata a vivere con un pensiero di breve termine, dominato dall’emergenza e dalla mancanza di visione e lungimiranza. Adesso si richiede una leadership distribuita, capace di esprimere un pensiero complesso, sistemico, strategico, e soprattutto capace di mettere in campo risposte creative, concrete, effettive e rapide alla apparente contraddizione tra i bisogni immediati creati dall’emergenza ed i bisogni di sviluppo sostenibile per il futuro del Paese.
Da dove cominciare?
Senza dubbio la prima necessità è lo stimolo e la messa in atto della solidarietà collettiva di modo che nessuno si senta abbandonato economicamente e socialmente.
Uno dei più grandi benefici che il Paese può ricavare dalla pandemia e dal sacrificio di tante persone è l’inizio di uno snellimento permanente della sua intricata struttura legale e giudiziaria, che non comprende solo la legislazione scritta, ma anche l’insieme farraginoso di pratiche e attitudini burocratiche che prolungano decisioni e interventi. Il test decisivo dell’inizio di questo cambiamento urgente è già qui: l’effettività e rapidità dello stimolo all’implementazione di una solidarietà collettiva che faccia sentire tutti parte di un Paese degno e unito.
Un secondo aspetto strategico emerso nell’emergenza che richiede una strategia di sviluppo a lungo termine riguarda il sistema sanitario nazionale. L’opportunità sanitaria è imperdibile ed è anche economica, perché senza la buona salute della popolazione non c’è crescita. Si deve dapprima investire nel rafforzare la capacità del sistema sanitario nazionale, e poi considerare che il settore della salute e delle scienze della vita offrono una opportunità di sviluppo unica dovuta alla profonda e rapida trasformazione scientifica e tecnologica in corso.
Oggi, nei paesi più dinamici del mondo, le scienze della vita sono aree di sviluppo e applicazione delle tecnologie digitali più avanzate, come intelligenza artificiale, big data, robotica, nanotecnologia, realtà virtuale, blockchain, tele-health, neurotecnologia, biotecnologia, genetica, che stanno aprendo sentieri altamente innovativi per la medicina e per il benessere economico di quei paesi che sapranno coglierne le opportunità. L’Italia è chiamata a definire in tempi relativamente brevi un’azione strategica per mobilitare l’ecosistema delle scienze della vita e delle nuove tecnologie rilevanti con l’obiettivo di rafforzare l’eccellenza esistente nelle imprese, nelle università, nei centri di ricerca, e di identificare dove si devono creare nuovi meccanismi che moltiplichino la capacità economica dell’ecosistema a livello mondiale.
Investimenti nel digitale sono pertanto imprescindibili. Nelle scienze della vita ma anche come opportunità di innovare e rendere più produttivi l’industria, i servizi, la pubblica amministrazione.
Un’altra area di investimento strategico sono le infrastrutture abilitanti che favoriscono lo sviluppo trasversale del Paese. Dall’infrastruttura digitale del 5G, cloud, big data, edge computing, ai trasporti, che necessitano nuove opere stradali, ferroviarie, e ponti. È arrivato il momento di dare una spinta decisiva a tutti i cantieri fermi, in ritardo, o incompiuti. Nel 2018, l’ANCE (Associazione Nazionale di Costruttore Edili) ha segnalato che 270 opere, grandi e piccole, si trovavano in condizione di paralizzazione per un valore complessivo di 21 miliardi di euro. Si calcola che lo sblocco di queste opere pubbliche abbia una ricaduta di 330 mila posti lavoro e 75 miliardi di euro sull’economia nazionale. Di nuovo un test importante sarebbe liberare subito tutte queste risorse.
Le attività ad alto impatto economico
Un’altra area di investimento strategico sono le infrastrutture abilitanti che favoriscono lo sviluppo trasversale del Paese. Dall’infrastruttura digitale del 5G, cloud, big data, Internet of Things (IoT), ai trasporti, che necessitano nuove opere stradali, ferroviarie, e ponti. È arrivato il momento di dare una spinta decisiva a tutti i cantieri fermi, in ritardo, o incompiuti. Nel 2018, l’ANCE (Associazione Nazionale di Costruttore Edili) ha segnalato che 270 opere, grandi e piccole, si trovavano in condizione di paralizzazione per un valore complessivo di 21 miliardi di euro. Si calcola che lo sblocco di queste opere pubbliche abbia una ricaduta di 330 mila posti lavoro e 75 miliardi di euro sull’economia nazionale. Di nuovo un test importante sarebbe liberare subito tutte queste risorse.
Non si può poi non puntare sull’industria manifatturiera, considerato che l’Italia è la seconda potenza manifatturiera in Europa con importanti aree di eccellenza come la robotica e l’automazione. Il programma strategico Industria 4.0 e la sua applicazione sistemica delle tecnologie digitali deve essere rafforzato in modo che possa diffondere l’innovazione nel mondo delle grandi, medie e piccole imprese. Solo così il Paese potrà mantenere la sua posizione competitiva nel mondo industriale globalizzato del 21esimo secolo.
Altre attività nelle quali l’Italia ha un vantaggio competitivo storico e naturale sono il turismo e la cultura, che sono strettamente correlati all’artigianato, al design e, in generale, alle industrie creative che possono far leva su tecnologie come il CAD, la realtà virtuale, la stampa 3D, la fabbricazione digitale, e l’Internet economy. Non c’è bisogno di ricordare il tesoro immenso del patrimonio storico e culturale che solo l’Italia possiede e la sua grande bellezza geografica da nord a sud. Ugualmente, la fama del design e di tutte le attività che coinvolgono il talento creativo del Paese, a partire dalle variegate espressioni dell’artigianato che deve essere supportato come parte integrante del patrimonio culturale ed economico del Paese.
In queste aree di riconosciuto vantaggio competitivo italiano, credo che ci sia anche un’opportunità straordinaria per definire e implementare una visione, una strategia e un programma di azione per lo sviluppo del Mezzogiorno. Se l’Italia meridionale riuscisse a innescare un circolo virtuoso di crescita, questo sarebbe uno dei contributi più importanti allo sviluppo di tutto il Paese. Certo, la sfida è enorme ma per la stessa ragione solo una crisi come la pandemia (che tutto sommato non ha colpito ferocemente le regioni del sud) e le opportunità d’investimento sostanziale da essa generata, può aprire un percorso di portata storica.
L’ultima area di investimento strategico assolutamente essenziale è l’educazione e la ricerca, perché qui si gioca il futuro dei giovani e del Paese. Il sistema educativo e della ricerca in tutto il mondo sta affrontando un lungo percorso di innovazione. Il rapido sviluppo della scienza e della tecnologia, sommato alle grandi sfide globali, hanno generato un mondo dove predomina la complessità, che si manifesta in incertezza, non linearità, emergenza. La pandemia di Covid-19 ne è un esempio eclatante, come lo è la disuguaglianza, il cambiamento climatico e lo sviluppo sostenibile.
Tutte le società si devono attrezzare per viaggiare nella complessità del 21esimo secolo, per i cambiamenti costanti nel lavoro, nelle organizzazioni, nell’apprendimento. Questo è il compito strategico inevitabile del sistema educativo di un Paese: preparare i giovani ad affrontare la complessità, ad usufruire delle opportunità generate dalle tecnologie digitali, a gestire il cambiamento e i problemi sempre nuovi. I numeri dell’Italia non sono promettenti in diversi ambiti: nel numero di laureati, nell’abbandono scolastico, nella predominanza dei Neet, nell’inadeguatezza degli edifici e delle attrezzature digitali della scuola, ad esempio. Adesso è il momento di dare un salto di innovazione e qualità al sistema educativo, perché solo questo potrà assicurare il futuro del lavoro, la competitività dell’industria, la crescita economica, la cultura, ed infine la prosperità e il benessere della società italiana.
Certamente le idee proposte implicano una grande sfida, che mi piace porre come una sfida di idealismo pragmatico, ovvero sognare il sogno più grande essendo pratici al momento di fare i primi passi. Questa riflessione ha proposto un grande sogno, ma un sogno che mi sembra obbligatorio perseguire per risvegliare le energie, la creatività, e andare risolutamente verso uno sviluppo sostenibile del Paese evitando l’impoverimento, il declino e i potenziali conflitti sociali.
Conclusioni
A questo punto la domanda è: come si traduce l’idea di “essere pragmatici al momento di fare i primi passi?” Tutti i processi d’innovazione richiedono dei “first wins”, dei successi relativamente rapidi e visibili che creano fiducia. Da dove iniziare allora?
È una domanda aperta che data la complessità delle sfide identificate non ha una risposta semplice e lineare. La risposta deve essere un processo o una diversità di processi convergenti, è parte di un viaggio dove c’è una condizione essenziale per tutti: l’unità e la generosità di propositi lungimiranti per il bene del Paese, dei suoi giovani e delle generazioni a venire.
Credo che i primi passi di questo processo implichino sforzi strutturati di sviluppo collettivo, di definizione collettiva di una strategia attraverso la partecipazione di una leadership distribuita e di servizio basata sul merito nelle rispettive aree settoriali.
La mobilizzazione di questo processo di consultazione strategica potrebbe essere delegata ad una sorta di piccola cabina di supporto scelta dal governo con persone altamente capaci di iniziare, comunicare, motivare, applicare strumenti di ricerca e raccolta di idee, e sintetizzare tutti i risultati generati dai partecipanti. Questo processo va disegnato ed implementato con grande dedizione e con l’applicazione di scadenze chiare per evitare percorsi che si possono protrarre a lungo. La strategia collettiva così costruita dovrebbe essere aggiornata nel tempo e avrebbe lo scopo di informare il governo di oggi e quelli di domani sulle priorità di cambiamenti ecosistemici emersi nel Paese.
Può essere che questa mia proposta con intenzioni pratiche sia essa stessa un sogno difficile da realizzare, ma il crocevia storico nel quale si trova oggi il bel Paese è tale, che sento che tutti siamo chiamati alla responsabilità di fare le nostre proposte, utili per un futuro migliore per tutti, e per i giovani in particolare.