Smartphone: da “demoni” produttori di endorfine social a potenti strumenti didattici per una scuola digitale. È il cambio di paradigma che può realizzare la realtà virtuale: lo dimostra il lavoro attuato da un team di creativi. Vediamo come avviarne il passaggio.
Smartphone, piattaforma multidisciplinare
Gli attuali smartphone sono dotati di potenti strumenti tecnologici. Fotocamere, sensori di movimento, biometrici, microfoni, giroscopi, bussole che consentono di produrre filmati di buona qualità con possibilità di “esperienze” immersive. L’utente viene proiettato in un mondo virtuale, ma reale.
Possiamo utilizzare le nuove tecnologie per aumentare le nostre capacità cognitive, come veri cyborg? È azzardato affermare che tutti noi, in qualche modo, siamo diversamente abili in qualcosa e che, grazie ai nuovi dispositivi interattivi, possiamo essere accompagnati a superare alcune nostre difficoltà quotidiane? Siamo all’alba di una nuova era?
Un gruppo di giovani creativi, riunito in una associazione culturale, ha incominciato a sperimentare questo nuovo approccio: un ingegnere, un artista ed un archeologo, hanno ragionato sull’utilizzo innovativo della tecnologia e dare risposta a queste domande. Si è cercato di sperimentare direttamente sul campo come si può cambiare punto di vista (shift paradigm) utilizzando le nuove tecnologie, che ormai ci circondano, realizzando laboratori sperimentali e gruppi di studio. L’associazione ha realizzato esperienze prototipali di sviluppo, mediante laboratori nei quali diversi “team” con competenze eterogenee e trasversali, hanno cominciato a sviluppare, a fini didattici, microprogetti di video immersivi a 360° e ad alta risoluzione stereoscopici.
Applicazioni di immagini stereoscopiche
Com’è noto, le immagini stereoscopiche sono state utilizzate sin dai tempi dell’era analogica per finalità di rilievo e militari; oggi, invece, tale tecnologia viene ampliamente utilizzata nell’industria ludica (videogames in primis) e, da poco tempo, in ambito civile e professionale (da ingegneri ed architetti, ma non solo). Le industrie dell’intrattenimento (cinema), quella dell’alta moda, del design, del lusso, dell’arte hanno intuito quali fossero le potenzialità di fruire di un esperienza completamente immersiva nelle immagini e nei suoni fino al punto di poter far toccare con mano gli specifici prodotti della loro filiera: è emblematico quello che la Camera della Moda di Milano ha organizzato a seguito dell’emergenza da COVID‑19 per le sfilate Autunno/Inverno 2021 e per non farsi sfuggire i clienti cinesi.
In tema di emergenza epidemiologica, inoltre, queste nuove tecnologie possono essere una potente arma per istruire chiunque, in qualsiasi settore e tramite esperienze virtuali che tengano conto della necessaria distanza sociale ai fini del contagio.
L’esperienza del gruppo di lavoro
Perché allora non utilizzare questa enorme potenzialità a fini didattici? Ognuno di noi ha qualcosa da insegnare, da raccontare, è un mentore in uno specifico settore o saper fare (how to?), ha un esperienza da condividere. Perché allora non utilizzare i potenti mezzi che tutti noi oggi abbiamo a disposizione per insegnare ciò che sappiamo e sappiamo fare? Fantascienza? No, realtà alla portata di tasca, nel vero senso della parola.
Il gruppo ha realizzato piccole esperienze di laboratorio, “pillole didattiche”, nelle quali, in base alla platea dei discenti, sono state individuate almeno due team/squadre. In una prima fase i discenti hanno ricevuto semplici nozioni di base sulle nuove tecnologie come l’utilizzo dei propri smartphone come strumenti didattici innovativi. I discenti, all’inizio, hanno provato, infatti, esperienze in realtà virtuale immersiva a 360° su visori del costo irrisorio seguendo istruzioni alla portata di tutti.
Sono, poi, state sufficienti semplici cuffiette o auricolari per immergersi, in base alla platea di età e competenze dei discenti, in filmati stereoscopici già presenti in rete o nelle più diffuse piattaforme multimediali come Youtube. I nostri discenti si sono divertiti nelle esperienze più disparate: partendo da quella sott’acqua nel Mar dei Caraibi, nuotando con tartarughe e pesci tra i coralli (creati a fini turistici, ma adatti ad aiutare chi presenta fobie legate all’acqua o, semplicemente, non ha un brevetto da sub o, ancora, non è fisicamente abile) per arrivare al lancio con paracadute dall’aereo. I ragazzi più curiosi hanno vissuto l’esperienza dell’astronauta, il viaggio all’interno di un corpo umano, la dinamica di una molecola complessa, i brividi all’interno di una turbina di un aereo.
La VR che sviluppa nuove abilità
Vere e proprie esperienze che non sostituiscono quelle reali, ma ne costituiscono un complemento, grazie al tutor/docente esperto della materia, che è in grado di guidare il discente nella fruizione del contenuto. Un potente strumento, quindi, nelle mani sapienti di chi lo sa utilizzare, al fine di trasmettere, con un nuovo linguaggio e nuovi occhi, ciò che fino a poco tempo fa era impensabile.
Ognuno di noi è “disabile” in funzione del contesto. Come sarebbe possibile un’esperienza nello spazio senza tuta spaziale? Oppure dentro un turbina di un aereo in movimento? Dentro un quadro di un artista? Dentro il corpo umano? In un cantiere edile, stando comodamente nel letto? Ecco cosa significa, oggi, poter essere diversamente abili ma sapersi rialzare grazie alle nuove tecnologie. La sperimentazione ha dimostrato come sia possibile, quindi, in maniera semplice e poco costosa, creare contenuti fruibili per tutti, in una piattaforma di esperienze che ha potenzialità didattiche davvero stupefacenti.
Nei laboratori si è cercato di sfruttare le competenze interdisciplinari di artisti, biologi, ingegneri, dopo che si sono sperimentate in prima persona le esperienze già presenti nella Rete e dopo aver spiegato le potenzialità dello strumento a scopo didattico. Ogni tutor ha cominciato ad immaginare cosa poter insegnare e trasmettere utilizzando questo nuovo strumento; infatti, ognuno di noi ha vissuto esperienze uniche, in specifici settori di conoscenza e di vita, da poter trasferire ad altri, e questo nuovo strumento ne è la chiave di volta, forse l’anello mancante.
La costruzione del visore
Il passaggio successivo è stato quello di trasferire queste “pillole di esperienza” su una piattaforma compatibile con la VRI (Virtual Reality Immersive), in modo che chiunque potesse essere discente, immergendosi con il proprio smartphone e un headset auto‑costruito o commerciale, in un ambiente virtuale ma, praticamente, non distinguibile con la realtà. Per poter pervenire a questo alcuni discenti, nei nostri laboratori, hanno provato in prima persona la costruzione fattiva del visore, utilizzando i template di Google cardboard ed utilizzando semplici materiali come il cartone, il velcro e delle lenti di plastica.
Tramite questo strumento è possibile, infatti, stampare e incollare su un cartoncino, anche riciclato, il template del visore, completo di istruzioni dettagliate del “come si fa – how to?”. Un gioco divertente per grandi e piccini che fa intuire quanto sia veramente facile immergersi nella “nuova realtà”. I “nuovi occhi” così realizzati potranno essere personalizzati a piacimento o brandizzati, con adesivi o con l’aiuto di qualche artista (@valeriaferrariart).
La costruzione del visore personalizzato può essere realizzata anche con l’ausilio delle moderne stampanti 3D per la realizzazione di cover o dettagli specifici.
Il team di esperti, anche ispirati dai piccoli creativi, quasi sempre i più giovani, ha quindi realizzato da “pillole” didattiche sperimentali (brevi filmati di 5 minuti circa) fino ad interi tour di musei d’arte, vere e proprie esperienze immersive, fino a ieri inimmaginabili (mostra d’arte VR 360° “Genius Loci” – Bari, 2019).
Dopo aver scelto un tema (cosa si vuole spiegare, divulgare, trasmettere, “esperienzare”) si è passati alla scrittura di un breve storytelling per VR 360° stereoscopico. Dalla realizzazione alla condivisione il passo è stato breve: proiezioni in platea (sempre muniti del visore e del proprio smartphone) attraverso l’utilizzo degli immancabili QR code che rimandano alla pubblicazione sulle migliori piattaforme social.
Realtà virtuale: quali competenze in gioco
La realtà virtuale immersiva richiede uno storytelling concepito trasversalmente, ovvero mettendo insieme diverse competenze interdisciplinari: psicologi, artisti, insegnanti, ingegneri. Questo nuovo strumento, utilizzato nella didattica innovativa, fa leva, infatti, su vari livelli di consapevolezza: dal livello emotivo (psicologi ed artisti), attraverso il livello tecnico (designer, ingegneri, videomaker) fino a quello didattico (insegnanti e pedagogisti).
Nella creazione delle esperienze immersive il team dovrà orientarsi ad un cambio di abitudini rispetto al video-editing tradizionale. Si pensi, ad esempio, alle differenze con un filmato tradizionale in due dimensioni con contenuti generici: non bisogna essere registi per intuire che le transizioni tra una scena all’altra, le inquadrature, i tempi non possono essere analoghi a quelli di un filmato ad altissima risoluzione, a 360° e stereoscopico. L’applicazione delle transizioni “classiche” tra una scena e l’altra in un filmato in VRI rischia infatti di generare l’effetto di una forte nausea per chi sta sperimentando l’esperienza “virtuale”: è certamente fastidioso passare dalla terra ferma ad un lancio in paracadute nell’arco di un millisecondo.
Per questo motivo è fondamentale soffermarsi, nella creazione dei contenuti e durante la stesura dello storytelling, nella scelta dei tempi, delle scene, delle inquadrature, dei movimenti ed il video-editing finale serve proprio ad ottimizzare tutto questo. Il team ha creato e, quindi, suggerisce la creazione di filmati didattici, senza transizioni, cercando di sfruttare al meglio le potenzialità dei filmati sferici a 360°. Il punto di vista, tramite la camera di presa, diventa quindi molto più centrale rispetto al passato ed attorno ad essa si svolge l’azione, l’esperienza, che poi potrà essere rivissuta, ovunque ed in qualsiasi momento.
Possiamo, quindi, affermare che oggi si hanno nuovi strumenti per poter aprire la strada ad una moderna visione della didattica, del lavoro e del vivere e che, potenzialmente, ci potranno aiutare a superare le nostre piccole e grandi disabilità.
Riferimenti bibliografici
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