Il secondary ticketing è difficile da gestire perché avviene online attraverso l’utilizzo di software tecnologicamente avanzati. La tecnologia blockchain può aiutare a contrastare questo fenomeno. Analizziamo come i protocolli blockchain possano essere un valido aiuto per limitare la causazione del bagarinaggio online, definendo anche il perimetro dell’illecito e tenendo conto delle recenti sanzioni irrogate dell’Agcom e dall’Agcm.
La blockchain per contrastare il secondary ticketing
Il 12 marzo 2018, al fine di dare applicazione alla previsione contenuta nell’art. 1, comma 546 della legge di Bilancio 2017, il Ministero dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della giustizia e con il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, ha approvato un decreto contenente le specificazioni e le regole tecniche attuative al fine di aumentare l’efficienza e la sicurezza informatica delle vendite dei titoli di accesso mediante i sistemi di biglietterie automatizzate, nonché di assicurare la tutela dei consumatori. Il provvedimento stabilisce che i titolari di biglietterie automatizzate online debbano garantire che le proprie piattaforme siano in grado di distinguere se ad acquistare i biglietti siano persone fisiche o bot, inibendo l’acquisto al software. Spetterà all’Agenzia delle Entrate rilasciare alle piattaforme un riconoscimento d’idoneità che attesti la presenza di meccanismi contro i bot.
Tuttavia, il vero problema del bagarinaggio on line è anche indissolubilmente legato alla contraffazione. Distinguere un biglietto falso da uno vero è particolarmente difficile. Come fare, allora, ad assicurare con certezza l’autenticità di un titolo? Recentemente molti informatici hanno messo a punto una serie di protocolli che, sfruttando la tecnologia blockchain, potrebbero essere il grado di arginare fortemente il fenomeno del secondary ticketing e della contraffazione di titoli. In particolare, si permetterebbe agli organizzatori degli eventi di tracciare la proprietà e il prezzo pagato per il titolo di ingresso, legandolo indissolubilmente all’identità dell’acquirente. Il sistema così evoluto, elimina il rischio di contraffazione del titolo e assicura l’integrità dello stesso attraverso processi e strumenti di verifica che garantiscono l’autenticità e la paternità del titolo, permettendo così una precisa e univoca identificazione del titolare.
Il caso del Benfica
Le caratteristiche della blockchain sembrano adattarsi alla perfezione alle esigenze di business delle squadre di calcio: il Benfica, per esempio, ha cominciato ad accettare pagamenti dagli sponsor in token; anche la Juventus ha creato il token del tifoso, che può essere acquistato e poi scambiato dagli utenti. In questo periodo di emergenza, dove la regola più importante è quella di rispettare il distanziamento sociale, per i gestori degli stabilimenti balneari potrebbe essere utile dotarsi di piattaforme tecnologiche per la prenotazione online di “un posto al sole”. Alcune applicazioni utilizzano proprio la blockchain per permettere ai bagnanti di assicurarsi il posto migliore e scambiarsi in sicurezza e senza frodi il posto prenotato con altre persone. Tuttavia, alcune società di comunicazione digitale hanno notato che i protocolli blockchain presentano criticità in relazione alle tempistiche, in quanto non confacenti con la necessaria tempestività richiesta dalle transazioni online.
Un sistema diverso e parimenti efficace potrebbe essere quello di abbinare un sigillo fiscale al biglietto, al momento dell’acquisto in rete, attraverso l’utilizzo del numero di cellulare dell’utente, creando così un codice identificativo univoco. Quello che è certo è che la lotta al bagarinaggio online è aperta e la soluzione per arginare il fenomeno non può che risiedere nell’adozione di tecnologie che traccino l’acquisto, proprio e nella sempre più intensa attività di tutela dei consumatori posta in essere anche dalle autorità competenti.
Differenza tra rivendita occasionale e secondary ticketing
Bisogna chiarire che è del tutto fisiologico che chi acquista un biglietto per partecipare a un evento possa trovarsi nell’impossibilità di partecipare alla manifestazione e per questo voglia alienare il proprio titolo, per esempio, rivendendolo a un terzo. È evidente che in queste circostanze l’unico scopo della rivendita è recuperare quanto originariamente pagato; il fatto, quindi, non assume i connotati dell’illecito, posto che la proprietà del titolo postula anche il diritto di disporre del bene, nel rispetto dei limiti consentiti dall’ordinamento giuridico.
Il secondary ticketing, inizialmente non connotato da alcuna accezione negativa, nasce proprio al fine di favorire il perfezionamento delle transazioni poc’anzi richiamate per il tramite di piattaforme digitali. Tuttavia, oggi, il fenomeno ha assunto un significato del tutto diverso. Il più delle volte accade, infatti, che dopo pochi minuti dall’apertura delle vendite, sui siti ufficiali autorizzati, i biglietti disponibili risultino esauriti. Contemporaneamente, però, sui siti di secondary ticketing è possibile acquistare gli stessi biglietti per gli stessi eventi a prezzi maggiorati, fino a dieci volte il prezzo originario.
La pronuncia del Consiglio di Stato
Ecco perché oggi, come è stato sostenuto dal Consiglio di Stato con una recente pronuncia (Cons. Stato Sez. VI, Sent., 14 aprile 2020, n. 2414), con il termine secondary ticketing “si suole indicare la diffusione di mercati “paralleli” a quelli ufficialmente autorizzati, in cui si offrono in vendita i titoli di accesso ad eventi spettacolistici di varia natura, ad un prezzo maggiorato rispetto a quello determinato dall’organizzatore. La domanda dei mercati secondari è alimentata dal fatto che, nelle manifestazioni con artisti di grande richiamo, la richiesta di biglietti supera ampiamente l’offerta, determinando un rapido esaurimento degli stessi sul mercato primario”.
Per i Giudici di Palazzo Spada, il fenomeno non è sempre illecito. Infatti, non desta preoccupazione quando è semplicemente volto a favorire lo scambio tra chi ha acquistato un biglietto per un evento al quale non può più partecipare e chi non è riuscito a trovarlo sul mercato primario. Di contro, quando si concreta in un acquisto massivo e automatizzato, anche attraverso l’utilizzo di software appositamente creati (di seguito “bot”), finalizzato proprio alla vendita a prezzi maggiorati, assume i connotati di un’operazione non più occasionale, avente piuttosto i caratteri di attività d’impresa con finalità propriamente commerciali, idonea a destare particolare allarme sociale e a sconfinare nell’area dell’illecito.
Così declinato “il secondary ticketing calpesta i diritti dei consumatori, riduce i margini di guadagno degli organizzatori che non avallano tale pratica, mentre pone in posizione dominante quelli che ne usufruiscono. Comprime i compensi degli autori e degli artisti che “sono l’evento”. Limita fortemente la diffusione della cultura, inibisce la creazione di maggiori posti di lavoro nel settore, consente di introitare importi esentasse” (documento depositato durante l’audizione di SIAE del 2 febbraio 2017 presso la VII Commissione Cultura di Camera e Senato avente ad oggetto l’indagine conoscitiva sulla bigliettazione dello spettacolo dal vivo).
Il quadro normativo
La particolare forma del bagarinaggio online attuata per il tramite del secondary ticketing solo recentemente ha ricevuto una specifica disciplina, attraverso i commi 545 e 546 dell’art. 1, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (di seguito Legge Bilancio 2017). Più specificamente, salvo che il fatto non costituisca reato e fuori dai casi in cui sia effettuata da una persona fisica in modo occasionale e per finalità non commerciali, la condotta di chi vende o colloca sul mercato titoli di accesso ad attività di spettacolo effettuata da soggetto diverso dal titolare è punita con l’inibizione della condotta, con sanzioni amministrative pecuniarie, con la rimozione dei contenuti, o, nei casi più gravi, con l’oscuramento del sito internet attraverso il quale la violazione è stata posta in essere. L’AGCOM e l’AGCM, ciascuna secondo i propri poteri, effettuano i necessari accertamenti e interventi, agendo d’ufficio ovvero su segnalazione degli interessati e comminando, se del caso, le sanzioni previste.
Tuttavia, le previsioni non sembravano sufficientemente deterrenti e per tali ragioni sono intervenute delle modifiche. Il secondary ticketing, infatti, è un fenomeno difficile da gestire perché avviene online. I bot, per esempio, sono software informatici che si inseriscono sul sito ufficiale di rivendita primaria e permettono di acquistare centinaia di biglietti in pochi secondi, per poi rivenderli a prezzi maggiorati su mercati paralleli. Il fenomeno è noto non solo a livello nazionale. Il Parlamento europeo, infatti, il 17 aprile 2019, ha approvato la Direttiva consumatori 2019 con la quale ha inteso ammodernare, attraverso parziali modifiche, gli strumenti giuridici esistenti all’interno dell’Unione a tutela dei consumatori, in considerazione degli sviluppi dell’economia digitale. Il Considerando 50 della richiamata Direttiva prevede proprio che “ai professionisti dovrebbe essere altresì fatto divieto di rivendere ai consumatori biglietti d’ingresso a eventi culturali e sportivi acquistati utilizzando software di tipo bot che consentano loro di acquistare biglietti in quantità superiore al limite tecnico fissato dal venditore primario dei biglietti, o di aggirare qualsiasi altro dispositivo tecnico adottato dal venditore primario per garantire l’accessibilità dei biglietti a tutte le persone fisiche. Tale divieto non pregiudica eventuali misure aggiuntive che gli Stati membri possono adottare a livello nazionale per tutelare i legittimi interessi dei consumatori e garantire la realizzazione della politica culturale e un ampio accesso di tutti i cittadini a eventi culturali e sportivi, per esempio regolamentando il prezzo di rivendita dei biglietti”.
Senza pretese di esaustività e ricordando che la richiamata normativa è intervenuta su quattro fonti diverse (la 93/13; la 98/6; la 2011/83; la 2005/29), proprio con riferimento alla Direttiva relativa alle pratiche commerciali scorrette è stato previsto che è considerato certamente scorretto “il rivendere ai consumatori biglietti per eventi, se il professionista ha acquistato tali biglietti utilizzando strumenti automatizzati per eludere qualsiasi limite imposto riguardo al numero di biglietti che una persona può acquistare o qualsiasi altra norma applicabile all’acquisto di biglietti” (si veda allegato I della Direttiva 2005/29). A livello nazionale, la legge Battelli, 30 dicembre 2018, n. 145, ha parzialmente modificato la menzionata normativa nazionale aggiungendo i commi da 545-bis a 545-quinquies, anche nell’ottica di dare attuazione al D. lgs. 10 agosto 2018, n. 101, recante “Disposizioni per l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del Regolamento Europeo 2016/679” (di seguito “GDPR”), che ha modificato il D. lgs. 30 giugno 2003 n. 196, in materia di trattamento dei dati personali (di seguito Codice Privacy). Schematicamente e rinviando alla disposizione per ogni opportuno approfondimento, è stato previsto che:
- i titoli di accesso ad attività di spettacolo in impianti con capienza superiore a 5.000 spettatori sono nominativi, previa efficace verifica dell’identità, e riportano la chiara indicazione del nome e del cognome del soggetto che fruisce del titolo di accesso;
- i siti internet di rivendita primari, i box office autorizzati o i siti internet ufficiali dell’evento assicurano la possibilità di rimettere in vendita i titoli di ingresso nominativi e garantiscono adeguata visibilità e pubblicità alla rivendita, al prezzo nominale e senza rincari, ferma restando la possibilità di addebitare congrui costi relativi unicamente alla gestione della pratica di intermediazione e di modifica dell’intestazione nominale.
È appena il caso di ricordare che il Garante per la protezione dei dati personali, con il provvedimento del 20 giugno 2019, n. 135, ha avuto modo di esprimere parere favorevole sulle modifiche legislative intervenute, ritenendo che il trattamento dei dati personali dei titolari del biglietto risulta proporzionato rispetto alle finalità perseguite di contrasto alla elusione e all’evasione fiscale, di tutela dei consumatori e di garanzia dell’ordine pubblico e che siano rispettati i principi di liceità, correttezza, trasparenza e minimizzazione dei dati previsti dall’art. 5 del GDPR.
I provvedimenti di AGCOM e AGCM
L’AGCOM ha recentemente sanzionato i tre principali siti di rivendita di biglietti di eventi e concerti – Viagogo, Stubhub e Mywayticket – per un totale di 5.580.000 euro, contemporaneamente diffidandoli dal porre in essere ulteriori comportamenti in violazione delle disposizioni di legge (Delibera n. 102/20/CONS, Delibera n. 103/20/CONS e Delibera n. 104/20/CONS). Pare che le società, attraverso i canali in parola, non si limitassero a connettere i potenziali venditori e acquirenti al fine di facilitare le transazioni economiche, ma avessero come obiettivo la promozione di eventi, con la finalità di massimizzare il numero e il prezzo dei biglietti venduti, ponendosi così anche in concorrenza con i venditori nel mercato primario e con gli organizzatori di eventi.
Anche l’AGCM ha emesso cinque provvedimenti sanzionatori per la vendita di biglietti per i principali concerti tenutisi in Italia negli ultimi anni. In particolare, le prime quattro istruttorie hanno riguardato le modalità informative – carenti e intempestive – con cui Seatwave, Viagogo Ticketbis, e Mywayticket operavano sul mercato attraverso i propri canali online. L’Autorità, pertanto, ha ritenuto i suddetti professionisti responsabili di pratiche commerciali scorrette ai sensi degli artt. 20, 21 e 22 del Codice del Consumo e ha irrogato agli stessi sanzioni pari complessivamente ad oltre settecentomila euro.
L’ultimo procedimento, invece, ha avuto ad oggetto le omissioni perpetrate da TicketOne che non avrebbe adottato efficaci misure dirette a contrastare l’acquisto di biglietti attraverso procedure automatizzate, né previsto regole, procedure e vincoli diretti a limitare gli acquisti plurimi di biglietti, non effettuando controlli ex post diretti ad annullare tali acquisti plurimi. Anche in questa circostanza, l’Autorità ha ritenuto il professionista responsabile di una pratica commerciale scorretta ai sensi dell’art. 20, comma 2 del Codice del Consumo, irrogando una sanzione di un milione di euro. In realtà, il Consiglio di Stato, con la richiamata sentenza dello scorso 14 aprile, ha rigettato l’appello dell’AGCM contro la precedente decisione del Tar del Lazio (sentenza 2330 del 2 marzo 2018) che annullava la sanzione pecuniaria nei confronti di TicketOne. In particolare, è stato riconosciuto che i sistemi software Waf adottati dal professionista sono in grado di contrastare i bot, impedendo automaticamente accessi multipli da un unico indirizzo IP.