Oggi la telemedicina – televisita, il teleconsulto, la telecooperazione sanitaria – e la ricetta completamente elettronica, senza la parte cartacea di “promemoria” stanno entrando con forza nel sistema sanitario nazionale. Ma ancora non ci siamo per molti aspetti, come risulta dalla mia esperienza sul campo.
Telemedicina, gli sviluppi positivi
Eppure le possibilità di fare bene sono molte.
- Molte Regioni hanno preso atto di quell’accordo della conferenza stato regioni del 2014 sulle linee di indirizzo nazionali sulla telemedicina e del successivo recepimento, fatto per obblighi LEA nell’anno successivo, nella normativa regionale. Anche la rimborsabilità, che sembrava un ostacolo si è dimostrata un falso problema: codici regionali specifici, analogia, persino esenzione del ticket per la regione Toscana.
- Le linee guida del ministero della Salute per la ripresa delle attività ambulatoriali raccomandano l’uso della televisita e del teleconsulto ed un recentissimo documento “Erogazione delle prestazioni di specialistica ambulatoriale a distanza” approvato dalla Commissione Salute della conferenza Stato Regioni nei giorni scorsi esprime concetti chiarissimi di scenario e di dettaglio operativo.
Medicina digitale, che cosa non funziona ancora
Ci siamo? Quasi, e come ogni buon manager sa quasi non è mai la risposta giusta. Nicolò Carosio, ”padre” di tutti i radio/telecronisti del calcio, nel 1954, anno dell’inizio ufficiale delle trasmissioni RAI, divenne famoso per il suo «quasi goal!», esclamazione che sottolineava un’azione conclusa di poco fuori dalla porta. Ovviamente non vogliamo un “quasi goal” ma vediamo assieme cosa accade nella vita reale, quella di tutti i giorni, attraverso alcune storie esemplificative di “quasi goal”.
Ricetta Elettronica
Le regioni hanno fatto il loro dovere, addirittura in era pre COVID alcune ricette elettroniche andavano stampate sulla ricetta “rossa”, quella vecchia, in particolare per i farmaci più costosi. Questa regola è stata abolita ovunque ed oggi tutte le ricette possono esse stampate su carta bianca. Il Ministro dell’innovazione ha chiarito che anche con il solo Numero Ricetta Elettronica (NRE) il farmacista può fornire il farmaco. Purtroppo, nonostante i numerosi chiarimenti inviati molte farmacie, pur accettando il codice NRE, non forniscono il farmaco se non dopo aver stampata la ricetta direttamente in farmacia, con il risultato di aver allungato a dismisura le “code” fuori dalle farmacie.
Alcune, e questo è ancora peggiore ed è successo recentemente anche a mia moglie, non accettano il codice NRE e si rifiutano di fornire il farmaco, ma al peggio non c’è mai fine e la cosa più vergognosa è accaduta ad una mia paziente. Il farmacista ha esaminato i codici ed ha deciso, arbitrariamente, che un farmaco solo, quello per cui avrebbe dovuto fare la richiesta non avendo il farmaco a disposizione, del costo di circa 150€ a confezione, lo poteva accettare. Ha stampato la ricetta e l’ha “annullata”, in modo che la paziente fosse costretta a tornare da lui per ritirare il farmaco venduto e poi le ha detto “torni domani con le ricette degli altri, questi non posso darglieli”. E così la signora, invece di andare presso un’altra farmacia dove avrebbe trovato qualcuno più disponibile, è stata costretta a rifare venti minuti di fila il giorno dopo, per ritirare il farmaco “prenotato” insieme a tutti gli altri. Ho scritto all’ordine dei farmacisti, vi terrò al corrente della risposta.
Televisita
Riconosciuta, rimborsata, raccomandata… ma praticamente la televisita non è facile farla. I medici di medicina generale nella maggior parte delle regioni italiane fanno telefonomedicina, non certo telemedicina, mancano piattaforme diffuse ed utilizzabili dai MMG, la maggior parte dei centri di alta specializzazione è all’interno delle aziende ospedaliere, nella maggior parte dei casi lentissime ad avviare il percorso di televista specialistica; ricevo continuamente segnalazioni in questo senso ma forse le cose si stanno muovendo peccato che… la televisita non si improvvisa! Da me, al CIRM, centro Internazionale Radio Medico, di cui sono il direttore medico, il medico, pur se un professionista esperto, deve fare un training specifico prima di essere messo in turno e inizia facendo solo turni brevi e “semplici“, solo quando è presente un tecnico che lo possa aiutare nei problemi tecnici dell’uso della piattaforma, non fa le notti, perché possa chiedere per telefono a colleghi più esperti o direttamente a me, chiarimenti su casi complessi.
In un articolo del 2018[1] pubblicato su “Pediatric research”, una delle riviste piu’ prestigiose nel mondo sul tema, parte del gruppo Nature, dal titolo “Physicians’ experiences, attitudes and challenges in a Pediatric Telemedicine Service” sono state esplorate le esperienze, gli atteggiamenti e le sfide dei medici in un servizio di telemedicina pediatrica in Israele. Sono stati intervistati quindici medici che hanno lavorato negli ultimi 5 anni nel servizio “Pediatra online di Clalit”.
Le principali difficoltà evidenziate sono state la difficoltà della diagnosi a distanza, il trattamento di pazienti non ben noti, il lavoro senza assistenti, le urgenze ed il carico a volte eccessivo di chiamate, oltre alle difficoltà legate alla tecnologia ed un “conflitto morale” tra il desiderio di soddisfare le aspettative dei genitori e il mantenimento degli standard di cura.
I medici fanno affermato che a volte anche questi fattori non medici hanno influito sulle loro decisioni. Le conclusioni dell’articolo: “Nell’ambito della telemedicina, i medici affrontano varie difficoltà e sfide, che richiedono competenze, qualità e abilità. Sono necessarie misure speciali per ottenere diagnosi e decisioni adeguate”.
Bisogna anche premettere che nel Clalit la televisita può essere fatta solo da chi ha almeno cinque anni di esperienza nella branca. Ho sentito da noi di medici “buttati” nelle televisite senza alcuna formazione specifica e persino di specializzandi inseriti nelle televisite. Per imparare a nuotare non basta la piscina, ci vogliono istruttori competenti, strumenti idonei, tempo ed impegno. Lo stesso per le televisite, il teleconsulto e la telecooperazione sanitaria
Le raccomandazioni della Commissione Salute della conferenza Stato Regioni su televisita e teleconsulto
Ho voluto dare alcuni flash di “vita dal fronte”. Speriamo che i direttori generali (stavolta la palla la hanno in mano loro) recepiscano quanto raccomandato dalla Commissione Salute della conferenza Stato Regioni.
- Tema della formazione di medici e pazienti: il documento ribadisce l’importanza di formare medici e pazienti per utilizzare questa tecnologia;
- introduce la figura di direttore responsabile per garantire l’organizzazione tecnico-sanitaria e la sussistenza dei dovuti standard prestazionali per le attività cliniche erogate in telemedicina.
- E identifica un soggetto professionale, di comprovata e specifica competenza, responsabile della gestione e manutenzione delle tecnologie e dell’infrastruttura informatica atta a garantire l’erogazione di servizi di telemedicina: le competenze digitali entrano a pieno titolo tra le skill richieste per lavorare in ambito sanitario.
Le linee di indirizzo sulla telemedicina, definiscono l’obbligo per tutti i servizi di quanto indicato al paragrafo 5.5 documento di definizione degli standard di servizio, che documenta i livelli di competenza della struttura sanitaria fornendo garanzie di accesso al servizio, garanzie tecnologiche, professionali, organizzative cliniche, la garanzia per i medici, gli infermieri, i pazienti e per tutto il SSN.
Ambulatori specialistici al tempo del covid
Nonostante i proclami si sta cercando di recuperare con grandissima fatica da parte di tutti i professionisti quanto perso negli ultimi mesi ma in un sistema con liste di attesa, ad esempio nel mio campo la Angiologia, di alcuni mesi, che lavorava già al massimo del possibile con i medici e le apparecchiature disponibili, aumentare le prestazioni non è facile, anzi è impossibile e finisce a discapito di prestazioni negate a poveretti che non è sempre possibile filtrare. Le associazioni di pazienti oncologici, di pazienti con malattie reumatiche e rare, cittadinazaattiva si stanno facendo interpreti del “grido di dolore” di coloro che non hanno voce, i più fragili, che stanno pagandolo sulla loro pelle, letteralmente. Una mia paziente ha aspettato tre mesi per poter fare un innesto cutaneo su una lesione (ulcera) sul tendine di Achille e quando è stato possibile farlo, dopo tre mesi di dolori combattuti anche con gli oppioidi, la lesione era triplicata per dimensioni.
La realtà purtroppo dice che la capienza di una sala di attesa, se si può usare una sedia ogni tre posti, passa da trenta persone a sole 10 persone, visitare o fare un eco-color doppler ad un anziano senza accompagnatore (gli accompagnatori non possono aspettare in sala di attesa e non possono entrare nella stanza di visita, a meno di una “non autosufficienza” del paziente) raddoppia i tempi di esecuzione dell’esame. “Dotto’, sa tutto mia figlia, dotto’ gia sento poco, poi con la mascherina non vedo neppure la sua bocca, dotto’ me faccia un piacere, lo spieghi a mia moglie…”.
Poi bisogna sanificare la sedia, la sonda del doppler, il lettino, misurare la temperatura, riempire il triage COVID… non è colpa nostra ma se già prima le liste erano lunghe, così si allungano ancora, e con tutta la buona volontà, non se ne esce facilmente se non con nuovi modelli organizzativi.
[1] Pediatric Research (2018) 84: 650–656; https://doi.org/10.1038/s41390-018-0117-6