rapporto clusit

Il Sud Italia è la pacchia dei cyber criminali: il quadro

Scarsa consapevolezza dei rischi cyber e sottovalutazione delle violazioni privacy espongono le aree del Mezzogiorno a una forte vulnerabilità. Servono campagne di sensibilizzazione sui temi della security, in grado di spianare la strada a una reale digitalizzazione del Paese

Pubblicato il 31 Ago 2020

Domenico Raguseo

Head of CyberSecurity Exprivia

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Il Meridione d’Italia è la pancia molle della cyber security italiana. Molto di più di quanto si poteva intuire. E temere. 

Una fotografia precisa dei problemi ci arriva dal rapporto Clusit e dall’Osservatorio Exprivia nel 2020, che ci fornisce un quadro d’insieme sul primo semestre 2020 e dalla quale emerge, fra le altre cose, come nel meridione del nostro Paese, non sembra essersi ancora sviluppata un’adeguata consapevolezza dei rischi legati alla sicurezza informatica e, ovviamente, non c’è difesa senza awareness.

Italia meridionale fra security e privacy

Nel primo scorcio di quest’anno, incredibilmente ricco di eventi di portata globale – dal “black-life-matters” alle campagne “anti-revenge-porn”, il tutto arricchito dai fenomeni indotti dalla pandemia COVID-19 (smartworking, quarantena, lock-down .. ) – non sono certo mancati argomenti su cui discutere e confrontarsi. Il cybercrime non è stato a guardare.

Nel rapporto Clusit 2020 si evince che solo il 34,5% degli intervistati nel Sud Italia ha subito un attacco e, tra chi lo ha subito, solo il 10,6% ritiene di aver subito danni molto alti. Andrebbero però fatte delle considerazioni sul campione utilizzato che è comunque una piccola parte della intera popolazione che ha accesso, per necessità o piacere, al mondo digitale. Con grande probabilità chi ha risposto al sondaggio, preparato dalla Università degli Studi di Bari con il supporto di Exprivia, è la popolazione più interessata alla materia e quindi possiamo dedurre che se il sondaggio avesse coperto una area più vasta, le percentuali rilevate sarebbero state inferiori.

La Cybersecurity sarebbe forse emersa come un falso problema, un qualcosa di cui si parla molto ma che nei fatti non ha un riscontro nella realtà. Difficile spiegare come mai sempre nello stesso report l’89,1% del campione ritiene necessaria maggiore consapevolezza sul tema. Di fronte alla mancanza di evidenze, il Sud Italia sembra non stigmatizzare la questione, ma si interroga sulla possibilità di non sapere e sapere di non sapere, come ci ha insegnato Socrate, è alla base di qualunque processo cognitivo.

Geografia italiana delle cyber-minacce

Dai tempi del sondaggio ad oggi lo scenario è profondamente cambiato, è subentrata la pandemia che ha portato a una profonda rivoluzione digitale del mondo del lavoro (si pensi allo smart working) rendendo imprescindibile e necessario soddisfare quella necessità che già durante il sondaggio era emersa: aumentare la consapevolezza sulle minacce e rischi relativi alla cyber security. Oggi non abbiamo un sondaggio a confermare lo scenario, ma possiamo analizzare una serie di dati offerti dall’Osservatorio Exprivia sul tema della Cybersecurity. Dati che riflettono la realtà di incidenti, attacchi e violazioni privacy riportate da fonti pubbliche in Italia e non quindi semplici percezioni.

La prima domanda che dobbiamo porci è se il punto di vista del Sud Italia potrebbe essere rappresentativo dell’Italia intera. Se ci si aspetta una maggiore incidenza del cybercrime e violazioni privacy nel nord e centro per ragioni legate ad una maggiore digitalizzazione dell’area, questo dato è solo parzialmente confermato dai dati diffusi. Con l’eccezione del mese di aprile in piena emergenza COVID-19, i dati non sembrano avere grosse differenze tra le varie regioni geografiche italiane.

Ma non si tratta di solo cybercrime. La privacy è l’altra faccia della medaglia e le violazioni della privacy non sono un particolare trascurabile in un mondo che vuole essere sempre più digitalizzato.

La seconda domanda che dobbiamo porci è quanto pesano le violazioni della privacy sul computo totale e che differenza c’è tra le varie regioni italiane.

La prima risposta è che il numero di violazioni della privacy è compatibile con il volume di incidenti, come si vede dal grafico di seguito riportato.

Stiamo parlando di violazioni al regolamento sulla privacy: i dati raccolti non sono stati opportunamente trattati, dove per “opportunamente” si intende trattati come la legge lo ritiene necessario. Questo vuol dire che i diritti del cittadino o consumatore sono stati lesi.

Spesso si considera il cybercrime come il fattore che può mettere in discussione la fiducia che il consumatore ha nel mondo digitale, ma la cattiva gestione dei dati può creare un sentimento di sfiducia del cittadino con danni economici addirittura maggiori. Si pensi a cosa potrebbe succedere nei mercati fortemente influenzati da programmi di fidelizzazione (trasporti, telecomunicazioni, distribuzione).

Il buon senso ci suggerisce di cercare nelle aree fortemente digitalizzate una maggiore esposizione di fronte a violazioni privacy. Sostanzialmente ci aspetteremo una predominanza del Nord rispetto al Centro ed ancora di più al Sud.

Scarsa importanza al valore del dato

A guardare i dati oggettivi anche in questo caso però restiamo sorpresi. In tema di violazione della privacy, il Sud guida la classifica. Certo pesano statisticamente le 14 violazioni segnalate verso istituzioni/entità commerciali non geograficamente definite, ma il tutto ha un senso ben specifico. In aree non fortemente digitalizzate non si dà enorme importanza al valore del dato. Se pertanto questo dato viene compromesso o non viene protetto, non lo si considera una mancanza grave. È come se la cintura di sicurezza la si metta perché si ha paura della multa, e non perché si ha paura di restare gravemente ferito in un incidente.

Ultima considerazione sulle tecniche di attacco usate nel Sud Italia.

Sono due le considerazioni che saltano agli occhi. La prima è che nella stragrande maggioranza dei casi segnalati, si conosce la vittima ma non si sa come la vittima ha subito il reato. La seconda considerazione è che gran parte degli attacchi ha successo utilizzando tecniche elementari (phishing, sfruttamento di vulnerabilità conosciute e brute force).

Conclusione, se il sondaggio presente nel rapporto Clusit ha fatto scattare un allarme sulla carenza di consapevolezza delle minacce e rischi sulla Cybersecurity, l’Osservatorio Exprivia sul cybercrime rende tangibile tale allarme confermando lo scenario con dati oggettivi. Il futuro della digitalizzazione nel Sud Italia non può pertanto prescindere da campagne di sensibilizzazione sul tema.

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