La libertà in rete sembra sempre più compromessa dalle azioni di molti governi e entità di varia natura: lo rilevano diversi studi secondo i quali, tra l’altro, la situazione è destinata a peggiorare. Il covid-19 purtroppo ha contribuito a questa tendenza.
Ma siamo davvero al punto di non ritorno?
Internet e il digitale alleati dell’autoritarismo?
Di una progressiva tendenza verso regimi autoritari parla ad esempio un recente studio di Social Economics, Civil Liberties in time of crisis, che riflette come i cittadini si mostrano più propensi a rinunciare a libertà civili in tempi di crisi pandemica (succede in Ungheria, Bielorussa, Brasile…).
Internet e il digitale hanno un ruolo in questo. E purtroppo non quello di fattore libertario che (un tempo?) ci si aspetterebbe.
In un generale scenario di progressivo indebolimento della democrazia, che mette a dura prova la tenuta dei sistemi politici esistenti, la configurazione di Internet negli ultimi anni sembra contribuire anzi a una preoccupante erosione dello spazio di libertà aperta e inclusiva, come requisito indispensabile per assicurare il mantenimento stabile dell’ordine politico globale.
Un altro studio recente rileva come l’Asia è avanguardia della sorveglianza digitale di massa, dalla Cina alla Cambogia al Pakistan alla Tailandia, come sistemi di riconoscimento facciale, big data per l’analisi dei comportamenti, droni.
Secondo un’analisi Euroactiv anche l’Europa mostra i primi segnali preoccupanti, con la crescita di sistemi di riconoscimento facciale abilitati dall’AI. Un tema analizzato anche da Agendadigitale.eu con un quadro recente.
Disinformazione e cyberguerra
Ma, in modo meno esplicito, lo spazio di internet è anche sotto attacco da parte di inarrestabili poteri tecnologici destinati a prevalere nel contesto di una vera e propria “cyberguerra” per il controllo dei flussi digitali veicolati online, mediante sofisticati strumenti di sorveglianza che monitorano e manipolano i contenuti disponibili in Rete in contrasto con l’originaria visione di Internet, basata sull’accesso e sulla trasparenza di tale infrastruttura.
La crescente disinformazione veicolata in Rete, ulteriormente aggravata dalla diffusa profilazione – ormai fuori controllo – dei dati personali, sta provocando l’emergere di nuove forme di “autoritarismo digitale” caratterizzate dall’uso pervasivo di sistemi automatizzati di sorveglianza che riducono lo spazio di libertà di Internet, alimentando in misura sempre più crescente, grazie a un ambiente favorevole alla intensificazione di derive populistiche, spinte antidemocratiche con un significativo effetto di destabilizzazione della società minata dai pericoli di una nuova “cyberguerra” su scala globale, come dimostra anche il recente attacco hacker subito dalle generali infrastrutture informatiche nazionali dell’Australia con il sospetto coinvolgimento di “attori statali” mediante la messa a disposizione dei propri servizi di “intelligence” nell’ambito di una vera e propria “cyberinvasione” a danno delle strutture strategiche di uno Stato, per ottenere il primato in materia di monitoraggio del traffico dei dati che consente la completa tracciabilità di informazioni personali.
La pericolosa riduzione della libertà su internet
Secondo i dati riportati dal rapporto “Freedom on the Net 2019”, lo spazio di libertà su Internet si sta riducendo notevolmente a causa di una riscontrata “interferenza elettorale online” (emblematica in tal senso la vicenda relativa alle presunte interferenze documentate nel corso delle elezioni presidenziali statunitensi), con l’ulteriore incremento di una maggiore attività di sorveglianza di massa da parte degli apparati governativi per monitorare i comportamenti degli utenti, “identificare le minacce percepite e mettere a tacere le espressioni indesiderabili”, con una preoccupante repressione dei diritti fondamentali delle persone.
Rispetto ai 65 paesi valutati, solo 16 paesi hanno ottenuto miglioramenti nei punteggi – sebbene in larga parte “marginali” – relativi alla libertà di Internet.
In Cina una censura “senza precedenti”
Oltre ai risultati particolarmente negativi riscontrati in Sudan e Kazakistan, Brasile , Bangladesh e Zimbabwe, lo studio, per il quarto anno consecutivo, individua in Cina le peggiori violazioni della libertà di Internet a causa di livelli di censura “senza precedenti” che il governo è stato in grado di predisporre, mentre in Islanda si registra la migliore protezione della libertà di Internet, anche grazie ad un servizio di connettività “quasi” universale, senza restrizioni limitate sui contenuti a tutela dei diritti degli utenti.
Entrando nel dettaglio, in 47 paesi su 65, “le forze dell’ordine hanno arrestato persone per aver pubblicato online discorsi politici, sociali o religiosi; 40 paesi hanno presentato programmi avanzati di sorveglianza sui social media; e in 38 paesi, i leader politici hanno impiegato persone per plasmare le opinioni online, che era anche un record”.
Alle condizioni attuali, quindi, la libertà di Internet sembra compromessa dall’adozione di interventi politici che mirano alla manipolazione della discussione online per favorire la circolazione di contenuti a “senso unico” di sostegno alle forze governative in carica, reprimendo qualsivoglia critica di dissenso mediante strumenti preventivi di limitazione dell’accesso a fonti di notizie “scomode” e misure deterrenti che sanzionano gli attivisti oppositori esposti al rischio di censure, attacchi e arresti.
Conclusioni
Le prospettive delineate dal report, peraltro, sembrano addirittura ancora più negative, in considerazione del fatto del fatto che “la proliferazione di nuove tecnologie come la biometria avanzata, l’intelligenza artificiale e le reti mobili 5G probabilmente peggiorerà la situazione”.
Per evitare il definito sopravvento di una vera e propria “cybersorveglianza”, è necessario garantire, mediante politiche multi-stakeholder coordinate a livello internazionale, effettive condizioni di libertà digitale in Rete anche per rivitalizzare, come efficace reazione al dilagante “autoritarismo digitale”, la democrazia attuale, senza subire restrizioni, censure e manipolazioni in grado di compromettere il corretto esercizio di diritti fondamentali, nell’ambito di un prioritario intervento politico di promozione dell’alfabetizzazione digitale per incrementare il livello di competenze degli individui e favorire una maggiore consapevolezza circa le minacce e i pericoli configurabili online.