La rete dei centri di competenza tematici e dei nodi territoriali di competenza previsti dal Piano triennale ICT, se realizzata all’interno di una strategia Paese, potrebbe essere la vera occasione per imprimere all’innovazione della PA un cambio di marcia concreto e reale, rispetto a quanto fatto negli ultimi vent’anni. Fra pochi mesi avremo un fortissimo bisogno di innovazione, come sempre dopo periodi di crisi economiche e sociali come quello che stiamo attraversando ora: sarà bene farci trovare pronti con idee e strategie sostenibili.
Il contesto
Non possiamo negare che soprattutto negli ultimi cinque anni con l’avvento del commissario e l’emanazione e l’aggiornamento annuale del Piano triennale ICT della PA si siano fatti passi in avanti. Anpr, Spid, PagoPa solo per citare le principali piattaforme di interesse nazionale, stanno crescendo, quindi potenzialmente sono capaci di favorire una crescita di tutto il sistema, ma per ora gli effetti continuano ad essere inferiori alle attese, come se il cambiamento avvenisse solo in superficie e non si riuscisse ad incidere in profondità sull’organizzazione della PA e sui servizi finali che arrivano al cittadino ed alle imprese.
Manca la ricaduta Paese, manca il progresso di sistema. Erroneamente per anni si è pensato che il problema fosse il modello delle soluzioni e così ci si è divisi fra centralisti, a favore di sistemi fortemente centralizzati e investimenti concentrati in pochissimi soggetti, e federalisti, favorevoli a soluzioni distribuite con grandi piattaforme nazionali di raccordo, ma il problema non è (mai) il modello, semmai lo è la qualità degli interventi, dei progetti e delle soluzioni adottate, il vero problema nel caso della trasformazione digitale della PA è la mancanza di competenze diffuse che sappiano “trasformare” qualunque soluzione con un buon potenziale in un cambiamento organizzativo ed in un servizio “innovativo” per i propri cittadini e le proprie imprese di riferimento.
Il problema delle competenze nella PA
Il piano triennale ICT della Pubblica Amministrazione 2020-2022 pubblicato da AgID nel mese di agosto 2020 si caratterizza per le tante indicazioni relative all’attuazione del medesimo piano da parte delle PA, ci saranno infinite sfide in ogni PA per raggiungere i tanti obiettivi previsti (la transizione al cloud, l’integrazione con le piattaforme nazionali, l’interoperabilità), nei termini previsti (fine febbraio 2021 le prime scadenze), ma l’elemento che sembra poter maggiormente segnare un cambio di passo per l’innovazione della PA è quella relativa alla costituzione e messa in rete dei Centri di competenza tematici e dei Nodi territoriali di competenza perché agisce nella diffusione delle competenze.
Servono pluralità d’azioni per risolvere il problema della diffusione delle competenze nella PA, le prime a largo spettro sono sicuramente quelle previste dal decreto per la strategia ed il piano per le competenze digitali (vedi decreto), anche se lo stesso andrebbe supportato con maggiori finanziamenti e comunque darà risultati concreti nel tempo, ma servono subito anche azioni mirate che portino risultati nel breve periodo ed in questo senso la risposta potrebbe proprio essere la costituzione della rete dei centri di competenza tematici e dei nodi territoriali di competenza.
Le criticità dei Centri di competenza tematici
Per comprendere perché quest’azione possa accelerare il processo di innovazione digitale bisogna capire quali caratteristiche potrebbe o dovrebbe avere la rete fra i centri di competenza tematici ed i nodi territoriali di competenza. In questo senso sono già state espresse opinioni esplicitando la necessità di mettere a fuoco questi aspetti soprattutto per i Nodi territoriali di competenza, fondamentali per il raccordo territoriale con la rete territoriale dei Responsabili della trasformazione digitale e per il potenziamento delle competenze diffuse, tuttavia l’elemento più critico sono i Centri di competenza.
AgID ha istituito per ora il Centro di competenza tematico sul “Riuso e open source” e nel piano cita il Centro di competenza tematico “Semplificazione amministrativa” da realizzare unitamente alla Funzione Pubblica, a questi centri si affida di fatto il compito di individuare le soluzioni tecnologiche e le buone pratiche di semplificazione adottate nella PA che possano essere replicate e riusate nelle altre PA proprio attraverso la rete dei Nodi Territoriali di Competenza e quindi degli RTD nelle singole amministrazioni. L’innovazione della PA però non è quasi mai legata solo ad una soluzione tecnologica, così come quasi sempre il cambiamento organizzativo che sottende una semplificazione si appoggia ad una o più soluzioni tecnologiche, la prima proposta quindi che si avanza è quella di istituire un unico centro di competenza “Innovazione della PA” che abbia il compito di individuare quelle esperienze di innovazione che per caratteristiche del cambiamento organizzativo e delle soluzioni tecnologiche adottate possano essere diffuse sui territori.
Le cinque caratteristiche che dovrebbero avere le esperienze innovative
Il compito affidato a questo centro di competenza sarebbe molto difficile, ma se svolto bene, potrebbe essere il vero acceleratore della trasformazione digitale della PA, l’importante è definire bene le caratteristiche che devono soddisfare le vere esperienze replicabili o estendibili di innovazione. Al fine di contribuire ad un confronto nel merito sull’argomento si avanza la seconda proposta riportando di seguito le 5 caratteristiche principali che si dovrebbero ricercare nelle esperienze innovative che si prendono in esame:
- Il modello tecnologico-organizzativo, già implementato con successo, sotteso dall’esperienza dovrebbe essere replicabile ed innovativo e non condizionato quindi da particolarismi locali o specifici della singola PA e dovrebbe essere cittadino centrico come previsto da tutte le ultime norme sulla semplificazione e sulla digitalizzazione della PA;
- La soluzione tecnologica utilizzata dovrebbe essere rilasciata con codice aperto, dovrebbe essere ben documentata e dovrebbe adottare le soluzioni auspicate dal piano (paradigma cloud, possibilmente a micro servizi, modulare ed implementabile in diversi ambienti, interoperabile soprattutto con le piattaforme nazionali);
- La governance dell’esperienza dovrebbe essere pubblica, anche se la soluzione dovrebbe fare leva su partnership pubblico-private per garantire a chi ne necessita anche servizi di trasferibilità offerti dal mondo privato che quindi giocherebbe a favore dell’innovazione della PA;
- L’esperienza dovrebbe essere innovativa e sostenibile nel tempo e quindi possibilmente sviluppata in logica di community pubblico-privata (senza dipendere quindi da una sola pubblica amministrazione) e dovrebbe coinvolgere almeno una struttura di ricerca o di innovazione (università, centro ricerche, centro innovazione, ecc.) garantendo un processo fluido di costante innovazione nel tempo;
- L’esperienza dovrebbe essere incardinata in un centro di competenza a guida prevalente pubblica (autonomo o incardinato in una struttura pubblica, una agenzia, un centro ricerche, un centro innovazione, una fondazione, una in house, ecc.) che possa rappresentare il perno sul quale poggiare l’azione del Centro di competenza tematico nazionale come una naturale estensione specifica per l’esperienza del centro stesso, agendo come enzima per il trasferimento alle altre PA attraverso la rete dei nodi territoriali di competenza ed i responsabili per la trasformazione digitale.
Verifica delle capacità di trasferimento delle esperienze: serve un nuovo modello
Ma tutto questo deve poi anche trovare attuazione rapida, si avanza pertanto la terza proposta un nuovo modello di rapida e veloce verifica delle reali capacità di trasferimento delle esperienze. Tutte le esperienze che soddisfano i requisiti potrebbero partecipare ad un rapido bando orientato alla soddisfazione delle priorità di innovazione (dematerializzazione, pagamenti elettronici, interoperabilità, sanità, sistemi geografici, ambiente) che preveda un iniziale finanziamento molto limitato (ad esempio quaranta-cinquantamila euro, utile per avviare le attività dedicate) che potrà portare ad un finanziamento più strutturato per il consolidamento dell’esperienza solo se entro 9 mesi dal primo finanziamento sarà stato avviato concretamente il trasferimento dell’esperienza ad almeno altre due pubbliche amministrazioni o ambiti territoriali.
In questo modo si consoliderebbero solo le esperienze che sono state effettivamente trasferite e che per requisiti della fase di selezione possono prospettarsi come motori di innovazione della PA attraverso piani strutturati all’interno della programmazione 2021-2027. Esperienze con le caratteristiche indicate esistono a tutti i livelli della PA (amministrazioni centrali, regionali, comunali, metropolitane e di aziende sanitarie), solo per citarne alcune fra le tante ad esempio: NoiPA a livello centrale, E015 per l’interoperabilità della Regione Lombardia, Parer per la conservazione documentale della Regione Emilia-Romagna, Spac (Mypay) per lo sviluppo condiviso con particolare attenzione per i pagamenti della Regione Veneto, iTER sui sistemi cartografici della Regione Campania, GIT per i dati territoriali della Regione Umbria, TreC la cartella clinica del cittadino della Provincia autonoma di Trento, e moltissime delle iniziative finanziate dal PON Gov dell’agenzia della coesione sviluppati da comuni, città metropolitane e l’elenco potrebbe proseguire ancora a lungo, tante isole di innovazione, tanti piccoli o grandi ecosistemi digitali che vanno messi in rete e valorizzati per essere integrati in una visione ed una strategia innovativa nazionale che unitamente alle grandi piattaforme nazionali come Spid, PagoPA, IO Italia o Anpr porti al cambiamento di sistema per il cittadino.